Pubblicato sul Nejm nuovo studio clinico di fase 2

Dalla terapia con psichedelici nuova speranza contro la depressione resistente al trattamento

Goodwin: «Abbiamo riscontrato risultati positivi in un gruppo di pazienti particolarmente difficile da trattare»

[7 Novembre 2022]

Oltre cento milioni di persone al mondo soffrono di depressione resistente al trattamento, per le quali la psicoterapia assistita da psichedelici sta portando speranza e nuove vie di guarigione: l’ultima conferma arriva dallo studio Single-ose psilocybin for a treatment-resistant episode of major depression, appena pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine (Nejm).

Si tratta di una sperimentazione clinica di fase 2, la penultima prima di poter chiedere l’autorizzazione a commercializzare un farmaco, in questo caso la psilocibina – la stessa sostanza psichedelica presente nei cosiddetti “funghi magici” – prodotta dalla società Compass pathways, la stessa che ha anche promosso la ricerca in questione.

«Abbiamo riscontrato risultati positivi in ​​un gruppo di pazienti particolarmente difficile da trattare, e la dose più alta di psilocibina Comp360 ha avuto il maggiore impatto sulla depressione delle persone – spiega  Guy Goodwin, chief medical officer di Compass pathways– Questo suggerisce che la psilocibina Comp360 abbia un vero effetto farmacologico: una scoperta fondamentale perché possa essere riconosciuta come una nuova opzione di trattamento in futuro. Non vediamo l’ora di iniziare il nostro programma di fase 3, entro la fine dell’anno».

Lo studio è stato realizzato in modo controllato, randomizzato e in doppio cieco, coinvolgendo 233 adulti depressi cui è stata somministrata una singola dose di psilocibina da 1 mg (che svolgeva le veci di placebo per il gruppo di controllo), 10 mg o 25 mg, con assistenza psicologica durante le 6 ore della seduta e per due successive sessioni di integrazione dell’esperienza psichedelica.

Si tratta dunque di uno scenario molto diverso rispetto a quello che caratterizza antidepressivi classici come gli Ssri, che prevedono un’assunzione giornaliera del farmaco per periodi di tempo molto estesi.

I partecipanti allo studio sono stati poi monitorati per 12 settimane, misurando i progressi a 3 e a 12 settimane in base ai risultati ottenuti sulla scala Madrs, usata per misurare la severità della depressione.

Il gruppo di persone cui sono stati somministrati 10 mg di psilocibina non ha mostrato benefici significativi rispetto al gruppo di controllo, ma nel caso dei 25 mg – la quantità di psilocibina che, spannometricamente, potrebbe trovarsi in 2-3 gr di funghi Psilocybe cubensis – i risultati appaiono molto promettenti: il 29% dei pazienti, che prima soffriva di depressione resistente al trattamento, era remissione dopo 3 settimane (contro l’8% del gruppo di controllo), e il 20% ha mantenuto una risposta significativa a 12 settimane dall’assunzione di una singola dose di psilocibina.

E gli effetti avversi? La psilocibina è stata generalmente ben tollerata, con mal di testa, nausea e vertigini come problematiche più comuni emerse il giorno della somministrazione; ideazione suicidaria e autolesionismo sono stati osservati in tutti e tre i gruppi di pazienti (com’è purtroppo comune negli studi sulla depressione resistente al trattamento), nella maggior parte dei casi a più di una settimana dall’assunzione della psilocibina, mentre 3 soggetti che non hanno riposto al trattamento nel gruppo da 25 mg ha mostrato comportamenti suicidari a oltre un mese dall’assunzione.

«Questo studio è importante per diversi motivi – commenta il capo del Center for Neuropsychopharmacology all’Imperial College di Londra, David Nutt, che non ha partecipato alla ricercaInnanzitutto replica il nostro precedente studio sulla depressione resistente al trattamento con 25 mg di psilocibina, consolidando così la fiducia nel principio generale. In secondo luogo, mostra una relazione dose-risposta, con le dosi sub-psichedeliche da 10 e 1 mg che mostrano un’efficacia inferiore rispetto a quella da 25 mg, il che supporta ulteriormente la teoria secondo cui il viaggio psichedelico stesso giochi un ruolo significativo nell’esito terapeutico. In terzo luogo, lo studio mostra la robustezza dell’effetto della psilocibina».