Solo tre regolamenti europei e due decreti a livello nazionale, mentre ne servirebbero decine

End of waste, in attesa dei decreti nazionali perché non consentire alla Regioni di rinnovare le autorizzazioni?

Fluttero: «Il mondo delle imprese dell’economia circolare chiede alla politica che davvero crede nella transizione di non far chiudere le tante aziende che in questi anni hanno garantito il raggiungimento di molteplici risultati positivi in tema di riciclo»

[11 Febbraio 2019]

Con la sentenza 28 febbraio 2018 n. 1229, il Consiglio di Stato ha stabilito che spetta allo Stato, e non alle Regioni, individuare i casi e le condizioni in cui un rifiuto può essere considerato “end of waste”, al termine di un processo di recupero: da allora è passato quasi un anno, ma la normativa nazionale in materia – nonostante le ripetute promesse delle forze politiche in campo – non riesce a vedere la luce, bloccando di fatto progressi sul fronte dell’economia circolare e lasciando presagire, nei casi peggiori, conseguenze anche in termini d’igiene urbana. «Se i decreti nazionali sono difficili nel frattempo non chiudiamo  gli impianti che lavorano – ha sintetizzato dunque nei giorni scorsi il presidente di Unicircular, Andrea Fluttero –, è necessario dare flessibilità al sistema».

A stretto giro di posta però la presidente della commissione Ambiente del Senato, la senatrice Vilma Moronese (M5S), ha ribadito la propria contrarietà a soluzioni anche provvisorie con cui si demandi alla Regione la possibilità di autorizzare gli impianti caso per caso a trasformare rifiuti in Eow, in attesa dei decreti nazionali: «Faccio presente – osserva la senatrice – che non solo ciò andrebbe contro quanto previsto dalle direttive europee, ma creerebbe una disparità regionale dando vita a un vero far west sui rifiuti. Demandando a regioni e province, potremmo ritrovarci che un rifiuto diventi un nuovo prodotto in una regione e resti invece rifiuto in un’altra, creando scompensi per la competitività delle aziende. Inoltre, come potrebbero regioni e province, che spesso sono in difficoltà nel dotarsi di un proprio piano regionale dei rifiuti, a far fronte a un onere tanto gravoso come quello del l’emanazione di regolamenti tanto complessi?».

Pronta la risposta degli imprenditori dell’economia circolare: «Anche il mondo delle imprese del riciclo – conviene Fluttero – vorrebbe regole End of waste non solo nazionali, ma meglio ancora europee per evidenti motivi di concorrenza e di mercato. Purtroppo però, la realtà dei fatti ci dice che ad oggi a livello europeo sono stati emanati solo tre regolamenti Eow, solamente due decreti a livello nazionale, mentre ne servirebbero decine e comunque resterebbe scoperta tutta l’area dell’ecoinnovazione. Dalla sentenza del Consiglio di Stato è passato un anno e  siamo praticamente allo stesso punto, a dimostrazione della complessità della materia. Nel pacchetto di Direttive europee sull’economia circolare per l’End of waste sono previste tutte e tre le opzioni, ossia criteri nazionali, criteri europei (ove necessari) e il sistema “caso per caso”, ossia l’Eow deciso nell’ambito delle autorizzazioni ai singoli impianti, rilasciate dagli organi competenti in base all’ordinamento dello Stato. Questi ultimi, nell’ordinamento nazionale, sono appunto le Regioni».

«Nell’attesa, quindi – conclude il presidente Unicircular – di possibili linee guida statali e degli auspicati  decreti End of waste nazionali, il mondo delle imprese dell’economia circolare chiede alla politica che davvero crede nella transizione verso questo modello economico di non far chiudere le tante imprese che in questi anni hanno garantito il raggiungimento di molteplici risultati positivi in tema di riciclo, semplicemente continuando a consentire alla Regioni di rinnovare le autorizzazioni a produrre Eow, che mano a mano vanno in scadenza, e di autorizzare impianti innovativi, che diversamente emigrerebbero all’estero, con perdite per la nostra nazione sotto ogni profilo».