Un nuovo metodo di elettrocatalisi economico per rimuovere i Pfas dall’acqua

Utilizza nanomateriali prodotti con laser e creati da metalli non preziosi potrebbe gettare le basi per tecniche di bonifica scalabili a livello globale

[6 Marzo 2024]

Lo studio “Complete electrocatalytic defluorination of perfluorooctane sulfonate in aqueous solution with nonprecious materials”, pubblicato sul Journal of Catalysis da Ziyi Meng, Madeleine Wilsey, Connor  Cox e Astrid Müller dell’università di Rochester, ha sviluppato nuovi approcci elettrochimici per ripulire l’inquinamento dalle “sostanze chimiche eterne” presenti negli indumenti, negli imballaggi alimentari, nelle schiume antincendio e in una vasta gamma di altri prodotti e descrive i nanocatalizzatori sviluppati per eliminare le sostanze per- e polifluoroalchiliche, i PFAS.

I ricercatori si sono concentrati sul perfluorottano sulfonato (PFOS), che in passato è stato ampiamente utilizzato per prodotti antimacchia ma ora è vietato in gran parte del mondo per i danni che provoca alla salute umana e animale. Però, nonostante sia stato gradualmente eliminato dai produttori statunitensi all’inizio degli anni 2000, il PFOS è però ancora diffuso e persistente nell’ambiente e viene trovato spesso nelle riserve idriche.

La Müller e il suo team di dottorandi in scienze dei materiali hanno creato i nanocatalizzatori utilizzando una  combinazione unica di esperienza nei laser ultraveloci, scienza dei materiali, chimica e ‘ingegneria chimica.

La Müller spiega che «Utilizzando il laser pulsato nella sintesi liquida, possiamo controllare la chimica superficiale di questi catalizzatori in modi che non è possibile ottenere con i tradizionali metodi di chimica umida- E’ possibile controllare la dimensione delle nanoparticelle risultanti attraverso l’interazione luce-materia, praticamente facendole esplodere».

Gli scienziati fanno aderire le nanoparticelle alla carta carbone che è idrofila o attratta dalle molecole d’acqua e spiegano che «Questo fornisce un substrato economico con un’elevata area superficiale. Utilizzando idrossido di litio ad alte concentrazioni, abbiamo defluorurato completamente le sostanze chimiche PFOS».

La Müller fa notare che «Affinché il processo funzioni su larga scala, sarà necessario trattare almeno un metro cubo alla volta. Fondamentalmente, il loro nuovo approccio utilizza tutti i metalli non preziosi, a differenza dei metodi esistenti che richiedono diamanti drogati con boro. Secondo i nostri calcoli, trattare un metro cubo di acqua inquinata utilizzando diamante drogato con boro costerebbe 8,5 milioni di dollari; il nuovo metodo è quasi 100 volte più economico».

In futuro, con nuovi studi, la Müller spera di capire perché l’idrossido di litio funziona così bene e se è possibile utilizzare anche materiali meno costosi e più abbondanti per ridurre ulteriormente i costi. Vuole anche applicare il metodo a una serie di PFAS che sono ancora utilizzate ma che sono legate a problemi di salute che vanno dagli effetti sullo sviluppo dei bambini al cancro ai reni.

La Müller è convinta che «Nonostante i problemi, vietare completamente tutte le sostanze chimiche e le sostanze PFAS non è pratico. a causa della loro utilità non solo nei prodotti di consumo, ma anche nelle tecnologie verdi. Direi che, alla fine, molti sforzi di decarbonizzazione – dalle pompe di calore geotermiche alla refrigerazione efficiente fino alle celle solari – dipendono dalla disponibilità di PFAS. Credo che sia possibile utilizzare i PFAS in modo circolare e sostenibile se riusciamo a sfruttare soluzioni elettrocatalitiche per rompere i legami dei fluorocarburi e recuperare il fluoro in modo sicuro senza disperderlo nell’ambiente».

Anche se la commercializzazione di questa nuova tecnologia è ancora molto lontana, la Müller ha depositato un brevetto con il supporto di URVentures e prevede che verrà utilizzata negli impianti di trattamento delle acque reflue e per ripulire i siti contaminati dove si producevano PFAS.

La  scienziata conclude: «E’ una questione di giustizia sociale. Spesso nelle aree a basso reddito di tutto il mondo c’è più inquinamento. Il vantaggio di un approccio elettrocatalitico è che è possibile utilizzarlo in modo distribuito con un ingombro ridotto utilizzando l’elettricità proveniente dai pannelli solari».