L’inquinamento minerario colpisce almeno 23 milioni di persone nel mondo

L’inquinamento minerario interessa circa 479.200 km di corsi fluviali 164.000 km2 di pianure alluvionali

[25 Settembre 2023]

Secondo l’innovativo studio “Impacts of metal mining on river systems: a global assessment”,  pubblicato su Science, da un team internazionale di ricercatori guidato da  Mark Macklin e Chris Thomas, direttori del Lincoln Center for Water and Planetary Health dell’Università di Lincoln, Regno Unito – in collaborazione con il dottor Amogh Mudbhatkal del Dipartimento di geografia dell’università di Lincoln –,  ha fornito nuove informazioni sull’ampio impatto della contaminazione delle miniere di metalli sui fiumi e sulle pianure alluvionali di tutto il mondo e ritiene che «circa 23 milioni di persone siano colpite da concentrazioni potenzialmente pericolose di rifiuti tossici».

Il nuovo studio fornisce  una comprensione completa dell’ambiente e delle sfide legate alla salute riguardanti le attività di estrazione dei metalli. I ricercatori spiegano che «utilizzando un nuovo database globale georeferenziato di 185.000 miniere di metalli compilato dal team e impiegando una combinazione di modellizzazione basata sui processi e test empirici, la ricerca ha valutato la scala globale della contaminazione delle miniere di metalli nei sistemi fluviali e le sue ripercussioni sulle popolazioni umane e sul bestiame. Lo studio ha modellato la contaminazione da tutti i siti noti di estrazione di metalli attivi e inattivi, compresi gli impianti di stoccaggio degli sterili – utilizzati per immagazzinare i rifiuti minerari – e ha esaminato contaminanti potenzialmente dannosi come piombo, zinco, rame e arsenico, che vengono trasportati a valle delle operazioni minerarie, e spesso si depositano lungo i canali fluviali e le pianure alluvionali per periodi prolungati».

Macklin, che lavora anche per Innovative River Solutions della Massey University neozelandese e per la Trobe University australiana, sottolinea che «il nostro nuovo metodo per prevedere la dispersione dei rifiuti minerari nei sistemi fluviali di tutto il mondo fornisce ai governi, ai regolatori ambientali, all’industria mineraria e alle comunità locali uno strumento che, per la prima volta, consentirà loro di valutare gli impatti fuori sito e a valle dell’attività mineraria sull’ambiente ecosistema e salute umana. Ci aspettiamo che questo renderà più semplice mitigare gli effetti ambientali dell’attività mineraria storica e attuale e, soprattutto, aiuterà a ridurre al minimo gli impatti del futuro sviluppo minerario sulle comunità, proteggendo al tempo stesso la sicurezza alimentare e idrica».

I risultati del nuovo studio, pubblicati proprio mentre la domanda di metalli e minerali cresce rapidamente per soddisfare le richieste della transizione energetica verde, evidenziano «la portata diffusa della contaminazione, che su scala globale colpisce circa 479.200 chilometri di corsi fluviali e comprende 164.000 chilometri quadrati di pianure alluvionali» e «circa 23,48 milioni di persone risiedono in queste pianure alluvionali colpite, che sostengono 5,72 milioni di capi di bestiame e comprendono oltre 65.000 chilometri quadrati di terreno irrigato». Ma il team fa notare che, a causa della mancanza di dati disponibili per diversi Paesi, queste cifre sono una stima prudenziale.

Esistono diverse strade attraverso le quali gli esseri umani possono essere esposti a questi metalli contaminanti, comprese l’esposizione diretta attraverso il contatto con la pelle, l’ingestione accidentale, l’inalazione di polvere contaminata e attraverso il consumo di acqua contaminata e cibo coltivato su terreni contaminati e lo studio evidenzia che «questo rappresenta un ulteriore rischio per la salute delle comunità urbane e rurali nei paesi a basso reddito e per le comunità dipendenti da questi fiumi e pianure alluvionali, soprattutto nelle regioni già gravate da malattie legate all’acqua. Nelle nazioni industrializzate dell’Europa occidentale, tra cui il Regno Unito e gli Stati Uniti, questa contaminazione costituisce un ostacolo importante e crescente alla sicurezza idrica e alimentare, compromette servizi ecosistemici vitali e contribuisce alla resistenza antimicrobica nell’ambiente».

Thomas ricorda che «la rapida crescita dell’estrazione globale dei metalli è fondamentale se si vuole che il mondo effettui la transizione verso l’energia verde. Gran parte della contaminazione globale stimata che abbiamo mappato è un’eredità dell’industria: giustamente, l’attività mineraria moderna viene incoraggiata a dare priorità alla sostenibilità ambientale. I nostri metodi, che funzionano anche su scala locale, aggiungono un nuovo importante approccio a questo processo per il quale abbiamo creato un’unità applicata del nostro centro di ricerca “Water and planetary health analytics” per lavorare con l’industria».

Una delle autrici dello studio, Deanna Kemp del Sustainable minerals institute dell’università del Queensland, ha detto che si tratta di «risultati che fanno riflettere. A livello base, questi risultati ci ricordano che l’attività mineraria può causare ingenti danni a valle per lunghi periodi di tempo. Molte persone traggono beneficio dall’estrazione mineraria e dai metalli, ma dobbiamo fare di più per comprendere e prevenire gli effetti negativi sulle persone che vivono e lavorano nelle aree colpite».

Per il coautore Paul Brewer dell’università di Aberystwyth, «questi risultati molto significativi dimostrano la portata della minaccia posta alle persone, agli ecosistemi e all’ambiente in generale dall’attività di estrazione dei metalli in tutto il mondo. Per la prima volta, siamo stati in grado di stabilire che il numero di persone esposte a metalli contaminanti derivanti dallo scarico a lungo termine di rifiuti minerari nei fiumi è quasi 50 volte maggiore del numero direttamente colpito dai cedimenti acuti delle dighe. Il nuovo approccio di modellizzazione utilizzato in questo studio fornisce all’industria e alle agenzie di regolamentazione uno strumento per valutare i potenziali impatti a valle dell’attività di estrazione dei metalli sulle popolazioni umane e sull’ambiente. Questo andrà a beneficio delle generazioni future poiché saremo in grado di sviluppare strategie migliori e basate sui dati per identificare e gestire i terreni contaminati dall’estrazione dei metalli».

Un’altra autrice dello studio, Karen Hudson-Edwards dell’Environment & sustainability institute and Camborne school of mines dell’università Exeter, conclude: «Mentre l’industria mineraria si sposta verso la sostenibilità, la protezione dell’ambiente e delle persone è più importante che mai. Il nostro studio fornisce dati e modelli per informare le strategie di gestione del rischio per i sistemi fluviali che potrebbero essere colpiti dalla contaminazione legata all’attività mineraria».