Il governo conosce gli impatti ambientali delle piattaforme offshore petrolifere e metaniere?

Interrogazione parlamentare di Rossella Muroni dopo l’incidente alla piattaforma Barbara F

[8 Aprile 2019]

La deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni ha presentato un’interrogazione parlamentare, rivolta al ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa e a quello dello sviluppo economico il vicepremier Luigi Di Maio, che parte dalla convinzione che «L’incidente avvenuto il 5 marzo 2019 sulla piattaforma metanifera Barbara F., posizionata a circa 60 chilometri da Ravenna, che ha portato alla morte di una persona e al ferimento di altre due, ha posto nuovamente l’attenzione sulla sicurezza sul lavoro e sulla sicurezza ambientale di queste strutture».

La Muroni ricorda a Costa e Di Maio che «Quanto avvenuto avrebbe potuto anche portare a un rilevante incidente ambientale con conseguente danno all’ecosistema marino; si pone quindi, il problema di un maggiore controllo delle piattaforme petrolifere sotto tutti i punti di vista».

La deputata di Leu, fa riferimento al dossier “Trivelle fuorilegge” pubblicato da Greenpeace nel marzo 2016 e sottolinea che «aveva già posto all’attenzione dell’opinione pubblica l’impatto che queste strutture hanno sull’ambiente circostante, certificando il fatto che le trivelle sono impianti impattanti; per diverse di queste strutture infatti, erano state riscontrate forti criticità nei sedimenti intorno alle piattaforme per diversi metalli pesanti (mercurio, cadmio, piombo, arsenico, cromo, nichel, zinco, bario) oltre agli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) e agli oli minerali totali. Le stesse criticità erano state trovate anche nei mitili (Mytilus galloprovincialis) adesi ai piloni delle piattaforme».

La Muroni evidenzia che «Nel documento di Greenpeace si riporta che i monitoraggi sono realizzati da Ispra con la committenza di Eni, sulla base di una apposita convenzione Eni-Ispra. I monitoraggi prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili che crescono nei pressi delle piattaforme; inoltre, si pone l’attenzione anche su un altro aspetto poco conosciuto che riguarda sempre l’estrazione del gas e del petrolio in Adriatico. Le piattaforme metanifere/petrolifere che richiedono l’autorizzazione per lo scarico in mare e/o la reiniezione delle acque di strato e che quindi sono oggetto di monitoraggio ambientale sono circa una quarantina. Ma, come si legge nell’interpellanza parlamentare, «Le piattaforme offshore attive, però, sono molte di più, circa 130/140; di queste piattaforme circa 90 sono quelle che non scaricano e non reiniettano e per loro non è previsto, a norma di legge vigente, alcun monitoraggio. E’ del tutto evidente che per queste piattaforme dal punto di vista ambientale non si ha a disposizione alcun dato»:

Per questo Rossella Muroni chiede ai ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico «Se il Governo non ritenga opportuno che l’Eni stipuli una convenzione direttamente con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che poi dia l’incarico all’Ispra di effettuare i monitoraggi; se non si intendano rendere pubblici i risultati e le valutazioni dei monitoraggi ambientali che annualmente le società petrolifere inviano al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e se queste valutazioni abbiano confermato le criticità evidenziate nel dossier di Greenpeace; se, a fronte di questo, si sia proceduto a sospendere o a negare il rinnovo dell’autorizzazione allo scarico in mare e/o alla reiniezione delle acque di strato così come previsto dalla normativa vigente; se, sulla questione delle piattaforme metanifere/petrolifere presenti nell’Adriatico descritta in premessa, il Governo abbia intenzione di porre rimedio al vuoto normativo e se, nel frattempo, abbia comunque intenzione di promuovere un controllo ambientale preliminare per conoscere gli impatti di queste strutture non monitorate».