Dai voli aziendali il 30% delle emissioni da trasporto aereo Ue. Italia maglia nera

Nessuna delle 15 più grandi imprese italiane ha target di riduzione delle emissioni per la mobilità aerea

[12 Marzo 2024]

Secondo il terzo rapporto  Travel Smart Ranking 2024 di Transport & Environment (T&E) «I viaggi aerei sono la forma di mobilità a maggiore intensità climatica. I voli effettuati dalle aziende ogni anno rappresentano, su scala globale, circa il 15-20% delle emissioni complessive dell’aviazione»; Per “The Travel Industry Turned Upside Down Report”, pubblicato nel settembre 2020  da McKinsey & Company, questa percentuale in Europa rappresenta addirittura il 25 – 30%, ma T&E fa notare che « Nonostante questo, le più grandi aziende italiane non hanno un piano per ridurre l’impatto ambientale dei loro voli aziendali».

Dal Travel Smart Ranking, la classifica, che prende in considerazione le 328 aziende di tutto il mondo che compiono il maggior numero di viaggi aerei aziendali  emerge che ben 15  – Assicurazioni Generali; Danieli & C. Officine Meccaniche; Maire Tecnimont; UniCredit; IMA; Intesa Sanpaolo; Mediobanca; ENI; Ferrari; Leonardo; Mundys; Prada; Prysmian; Iveco; Enel  –  sono italiane il 5%, e  T&E denuncia che «Nessuna di loro ha impostato chiari obiettivi volti a ridurre le emissioni della mobilità aerea. Ciò segnala che le aziende italiane non stanno intervenendo abbastanza rapidamente né stanno dimostrando un impegno proattivo rispetto alla riduzione delle proprie emissioni».

Il rapporto evidenzia che «In generale, tutte le aziende italiane analizzate nel rapporto – cioè le più grandi multinazionali del Paese – mancano di target per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali: 13 di queste hanno ottenuto un punteggio pari a C, mentre le altre due – Iveco ed Enel – hanno ottenuto una D, il punteggio più basso, dettato principalmente dal fatto che non hanno reso note (o solo parzialmente) le proprie emissioni di viaggio, rendendo di fatto impossibile misurare il loro score climatico in materia di mobilità. Risulta dunque evidente il ritardo delle aziende italiane in confronto alle multinazionali di altri Paesi come Spagna, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito e Germania, dove almeno un’azienda ha ottenuto punteggi come A o B».

Dall’analisi emerge emerge anche una discrepanza tra aziende dello stesso settore: “lungimiranti”, che fissano chiari obiettivi climatici, e “procrastinatrici” che, anno dopo anno, mancano di farlo. T&E  fa notare che «Tutte le aziende italiane appartengono alla seconda categoria, avendo ottenuto score C o D e non avendo fissato target di riduzione delle emissioni per la loro mobilità interna (o non riportando in maniera completa e trasparente le emissioni dei viaggi aziendali)».

Fra le imprese italiane del settore bancario, «I colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno un punteggio C e non hanno intrapreso un percorso verso la riduzione delle emissioni dei loro viaggi di lavoro, mentre imprese bancarie di altri Paesi, come la Lloyds Banking e Fidelity International conquistano una A, dimostrando che il percorso verso la riduzione delle emissioni passa dalla volontà di agire concretamente».

Anche nel settore manifatturiero le imprese italiane sono agli ultimi posti. I tre principali “viaggiatori aziendali” di questo settore – Danieli & C. Officine Meccaniche, Maire Tecnimont e IMA – registrano tutti una votazione pari a C, perché, spiega T&E, «Nessuno di loro ha ridotto l’impatto della propria mobilità corporate. In altri Paesi, invece, i grandi protagonisti del settore manifatturiero, come Michelin o Steelcase, hanno strutturato ambiziosi programmi per far fronte a questo problema, sostituendo i viaggi aerei con modalità di trasporto alternative, oppure investendo su modalità di collaborazione virtuali. Danieli & C Officine Meccaniche e Maire Tecnimont registrano – dopo la controllata di Stato Leonardo – i valori emissivi dai viaggi aerei più elevati in Italia, in termini assoluti».

Per Carlo Tritto di Transport & Environment Italia, «Le aziende italiane devono urgentemente fissare degli obiettivi per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali. Non ci sono scuse per cui non si debba intervenire: lo dimostrano le controparti di altri Paesi che hanno fissato obiettivi chiari. Cosa sta impedendo ai “procrastinatori” italiani di fare lo stesso? La nostra ricerca evidenzia la netta differenza tra aziende impegnate nella sostenibilità e quelle aziende che non si assumono pienamente la loro responsabilità climatica».
Guardando a tutte le aziende analizzate nel ranking, si nota che alcune hanno un impatto sproporzionato, e quindi un maggiore potenziale di riduzione delle emissioni: il 7% delle 328 aziende è responsabile del 36% delle emissioni per voli di lavoro.

Il rapporto sottolinea che «I top 25 frequent flyers, cioè le 25 multinazionali che hanno volato di più per lavoro – tra cui figurano Volkswagen, Accenture, KPMG e Johnson & Johnson – non solo hanno causato emissioni in modo sproporzionato, ma stanno mancando anche di adottare piani per ridurre il numero di voli  inquinanti [4]. La campagna Travel Smart chiede alle aziende di fissare obiettivi di riduzione della mobilità corporate aerea del 50% almeno, entro il 2025 o prima. Un impegno simile è necessario per rendere le emissioni dell’aviazione compatibili con i target climatici della COP di Parigi. Se solo queste 25 aziende si impegnassero a ridurre i loro viaggi di lavoro di circa la metà, si conseguirebbe un risparmio di 5.9 mt di CO2, pari alle emissioni prodotte da 3 milioni di auto in un anno».

Nella classifica dei principali flyer privi di un programma di intervento solido nella riduzione delle loro emissioni ci sono anche multinazionali che ci tengono a dare di loro un’immagine climate friendly, come Siemens, Microsoft e Google. T&E fa l’esempio delle emissioni di Siemens che «Nel 2019 erano pari a 0,31 Mt di CO2, l’equivalente  di quasi due voli giornalieri,  per un intero anno, da Londra a New York».

Per T&E, «Senza adeguati obiettivi di riduzione delle emissioni, il livello delle emissioni dai voli aziendali rischia di tornare ai livelli pre-covid, come rilevato dal sistema di tracciamento elaborato da T&E».

Tritto conclude: «Serve un programma chiaro di riduzione dei voli. i frequent flyer aziendali hanno una responsabilità enorme nella riduzione dei loro voli. Nonostante il trasporto aereo sia il più intenso dal punto di vista delle emissioni di carbonio, e dopo anni in cui il mondo del lavoro ha imparato ad usare il tele-lavoro e collaborare da remoto diminuendo gli spostamenti, molte aziende devono ancora muovere un dito per agire sull’impatto climatico dei loro viaggi. Sono necessarie più azioni e impegni vincolanti per ridurre l’impatto dei voli aerei delle aziende».