Subito una risposta di emergenza per salvare le vite dei Rohingya in mare

Andrews, relatore speciale Onu pei diritti umani in Myanmar: grazie all’Indonesia, ma da sola non può farcela. Il problema è la giunta militare del Myanmar

[24 Novembre 2023]

Tom Andrews, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, ha chiesto una risposta di emergenza regionale al numero crescente di rifugiati Rohingya disperati che continuano ad arrivare in Indonesia a bordo di imbarcazioni sovraffollate, mentre le condizioni nei campi profughi in Bangladesh, dove le razioni alimentari sono scarse e sono state notevolmente tagliate a causa della mancanza di finanziamenti, continuano a deteriorarsi.

Andrews ha avvertito che «La crisi potrà solo peggiorare senza affrontare la sua causa principale: la giunta militare illegale del Myanmar». Infatti, i militari golpisti, alleati delle squadracce della destra buddista tollerate dall’allora governo di transizione democratico, hanno costretto i  Rohingya musulmani a fuggire dal Myanmar con veri e propri progrom, omicidi, villaggi distrutti, sfratti, persecuzioni e torture. Quasi tutti i Rohingya si sono rifugiati nel vicino Bangladesh, dove l’Onu ha realizzato una vera e propria megalopoli per rifugiati, il Cox’s Bazar, dove vivono 920.000 profughi, molti dei quali stanno cercando di fuggire di nuovo a causa del deteriorarsi della situazione nel più grande campo profughi del mondo. La scorsa settimana Oltre 1.000 rifugiati Rohingya sono arrivati ​​via mare ad Aceh, la più settentrionale delle province indonesiane

Andrews ha elogiato il governo indonesiano per «Aver offerto sicurezza, riparo e sostegno ai rifugiati Rohingya, la maggior parte dei quali sono donne e bambini che necessitano urgentemente di nutrizione e assistenza medica»  e invitato i Paesi della regione a seguire l’esempio dell’Indonesia, facendo sbarcare in sicurezza i rifugiati Rohingya che potrebbero arrivare sulle loro coste.

Il relatore speciale dell’Onu ha sottolineato che «Dovremmo congratularci con il governo indonesiano per aver difeso nuovamente i diritti dei Rohingya e averne facilitato lo sbarco, in linea con la legislazione nazionale. Ma non possono farcela da soli. Questa è un’emergenza ed è necessaria una risposta di emergenza, inclusa un’operazione coordinata di ricerca e salvataggio per salvare le vite di coloro che potrebbero essere bloccati su navi sovraffollate e inadatte alla navigazione».

Andrews ha lanciato un accorato appello: «La crisi continuerà a peggiorare a meno che non venga finalmente affrontata la sua causa principale. Una risoluzione della crisi dei rifugiati Rohingya non sarà possibile finché la giunta impedirà la formazione di un governo impegnato a garantire i diritti umani e la cittadinanza dei Rohingya. La comunità internazionale deve affrontare le cause profonde della crisi privando la giunta delle armi, del denaro e della legittimità che utilizza per perpetuare l’oppressione del popolo del Myanmar. Fino a quando i Rohingya non saranno in grado di tornare in Myanmar volontariamente, con sicurezza, dignità e diritti garantiti, gli Stati membri dovranno finanziare un’adeguata assistenza umanitaria e prendere in considerazione soluzioni durature per i rifugiati Rohingya, compreso il reinsediamento».

All’inizio di quest’anno, Andrews ha visitato i rifugiati Rohingya ad Aceh, compreso un campo profughi a Pidie, dove gli era già stato detto che rifugiati Rohingya in Bangladesh, ormai alla disperazione, si stavano preparando a intraprendere il pericoloso viaggio di centinaia di miglia nel Mare delle Andamane per raggiungere l’Indonesia.  Ora il relatore speciale dell’Onu sui diritti umani in Myanmar, dichiara: «Incoraggio le autorità indonesiane a continuare a collaborare con le agenzie umanitarie per soddisfare i bisogni dei rifugiati Rohingya, anche creando nuovi rifugi per i recenti arrivi. I servizi dovrebbero essere forniti ai più vulnerabili, compresi donne e bambini, che potrebbero essere a rischio di sfruttamento e tratta di esseri umani».

Andrews ha espresso grave preoccupazione per il fatto che gli arrivi segnalino l’inizio di un numero significativo di Rohingya in fuga dalle condizioni disperate in Bangladesh e conclude: «Francamente, chi può biasimarli? I genitori sono arrivati ​​al punto di rottura poiché i loro figli soffrono la fame e la malnutrizione e affrontano la minaccia di una crescente violenza nei campi. Queste famiglie non si imbarcano su barche sovraffollate perché lo desiderano, lo fanno perché sono disperate e non vedono altra scelta. Nessuno Stato dovrebbe – come alcuni hanno fatto in passato – rifiutare lo sbarco dei rifugiati Rohingya o respingere le barche in mare».

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