Gli hotspot della fame: le emergenze che rischiano di essere dimenticate

22 Paesi o Territori hanno bisogno di attenzione a causa del deficit di finanziamenti ostacola l’assistenza umanitaria

[23 Novembre 2023]

Il rapporto “Hunger Hotspots: FAO-WFP early warnings on acute food insecurity” pubblicato dal World Food Programme (WFP) e dalla Fao evidenzia le emergenze umanitarie critiche che rischiano di passare inosservate mentre l’attenzione del mondo è focalizzata sul conflitto in Israele e Palestina e spiega che «Oltre alla Palestina – che si aggiunge all’elenco dei Paesi che destano maggiore preoccupazione – Burkina Faso, Mali, Sud Sudan e Sudan sono particolarmente esposti a un grave deterioramento della sicurezza alimentare.

Secondo il rapporto Fao-WFP, «In totale, un’azione umanitaria urgente è essenziale in 18 punti hotspot della fame, che comprendono 22 paesi o territori e Kyung-nan Park, direttore delle emergenze del WFP, sottolinea che «I rischi identificati in questi Paesi preoccupanti sono allarmanti e rivelano la triste verità su ciò che accadrà se non agiamo rapidamente per salvare più vite umane. Ora più che mai, la risposta e la preparazione alle emergenze sono essenziali per prevenire questo deterioramento della sicurezza alimentare».

Infatti, il rapporto avverte che «E’ molto probabile che la grave insicurezza alimentare peggiori in Palestina tra novembre 2023 e aprile 2024, a causa della forte escalation del conflitto» e tra  le sue principali raccomandazioni c’è l’appoggio all’appello del segretario generale dell’Onu per un cessate il fuoco e l’accesso per facilitare la consegna di aiuti alla Striscia di Gaza.

Secondo Fao e Wfp, «Il conflitto in Palestina conferma l’avvertimento – evidenziato anche nel precedente rapporto pubblicato a maggio – secondo cui si prevede che l’aumento degli attacchi contro i civili in diversi conflitti e il numero crescente di attori che utilizzano tali tattiche continueranno fino alla fine del 2023. Il conflitto è uno dei principali fattori della fame nel mondo».

E npn c’è solo la Palestina occupata: l’instabilità e la violenza continuano a crescere nel Sahel, dai colpi di stato in Burkina Faso, Mali e Niger al conflitto in corso in Sudan che sta colpendo i Paesi vicini come il Ciad. Tra luglio e settembre 2023, la regione ha rappresentato il 22% di tutte le morti globali causate dalle guerre.  

La portata e il ritmo degli sfollamenti in Sudan continuano in modo allarmante, interrompendo la produzione e l’accesso al cibo, e a metà settembre avevano già colpito quasi 5,6 milioni di persone, compresi 1,2 milioni di persone che hanno attraversato il confine con i Paesi vicini: un aumento di 6  volte in 4 mesi. Le raccomandazioni di Fao e WFP includono l’aumento dell’offerta di cibo e nutrizione salvavita, nonché il proseguimento degli sforzi per migliorare l’accesso delle persone in Sudan che necessitano urgentemente di assistenza umanitaria.

In Sud Sudan, si prevede che l’insufficiente produzione agricola, i prezzi elevati dei prodotti alimentari di base e la mancanza di risorse per sostenere il crescente numero di rimpatriati dal Sudan contribuiranno alla persistenza di una grave insicurezza alimentare.

8 Paesi sono considerati “molto preoccupanti”: Afghanistan, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Haiti, Pakistan, Siria,Somalia, e Yemen. E il rapporto fa notare che «In tutti questi Paesi, un numero elevato di persone si trova ad affrontare o potrebbe affrontare livelli critici di insicurezza alimentare acuta. Si prevede che diversi fattori in diversi Paesi – tra cui conflitti, disastri legati al clima e recessioni economiche – intensificheranno le condizioni di pericolo di vita nei prossimi mesi».

L’insicurezza alimentare è aggravata dalle riduzioni forzate, a causa della mancanza di finanziamenti per gli aiuti umanitari, delle razioni in diversi hotspot della fame già preoccupanti. Per esempio, in Afghanistan 10 milioni di persone sono state private degli aiuti salvavita a causa di un enorme deficit di finanziamenti. Gli altri Paesi più colpiti dalla carenza di fondi sono  Haiti, Palestina, Somalia, Siria e Yemen.

Di fronte a questo quadro umanitario desolante, Kyung-nan non è per niente ottimista: «L’attuale storica crisi dei finanziamenti umanitari avrà inevitabilmente un impatto su queste crisi incombenti. Se il WFP e gli attori umanitari non ricevono i finanziamenti necessari per affrontare questa situazione, milioni di persone potrebbero cadere ulteriormente nella fame, sull’orlo della morte per fame. Il costo dell’inazione è catastrofico, in particolare per i più vulnerabili. E’ più essenziale che mai che  le parti interessate investano in programmi di preparazione e resilienza in modo che le comunità siano meglio preparate agli shock climatici ed economici e ai conflitti».

Anche se i finanziamenti sono in ritardo, i bisogni umanitari rimangono elevati, in particolare a causa di fattori come l’impatto continuo della pandemia di Covid-19 e le conseguenze della guerra in Ucraina sulle catene di approvvigionamento globali e sui prezzi dei prodotti alimentari. Si prevede anche che diversi Paesi centroamericani saranno duramente colpiti da El Niño, con siccità prevista lungo il corridoio secco in El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua – ma anche in Africa, in particolare nel  Malawi – che rimangono tutti hotspot della fame».
 Kyung-nan sottlinea che « Non possiamo dimenticare i Paesi che sono ad alto rischio di impatti legati al clima poiché gli eventi meteorologici estremi e i disastri diventano più diffusi e gravi. Questo include gli impatti previsti di El Niño e le previsioni di uragani, inondazioni e siccità in tutte le regioni. Sebbene il loro impatto sia spesso inaspettato e imprevedibile, gli avvertimenti contenuti nel rapporto potrebbero essere utilizzati non solo per le risposte alle emergenze, ma anche per prepararsi meglio attraverso azioni anticipate che alla fine potrebbero risparmiare vite umane e costi».

Oltre alle misure di risposta alle emergenze, il rapporto sottolinea l’importanza dell’azione preventiva, misure protettive a breve termine prima che si materializzino nuove esigenze umanitarie. Nel corridoio secco dell’America Centrale, questo  significa lanciare allarmi tempestivi su un uragano imminente e posizionare strategicamente le forniture umanitarie per consentire una loro rapida consegna. In Malawi, questo comporta la distribuzione di semi resistenti alla siccità prima della stagione della semina, nonché di sacchi ermetici per la conservazione dei cereali. In Sud Sudan, bisogna fornire somme di denaro basate sulle previsioni che aiutino le famiglie a mitigare gli impatti delle inondazioni imminenti, ad esempio se devono abbandonare le loro case.

Oltre alla Palestina, Ciad, Gibuti, Niger e Zimbabwe earano  stati aggiunti all’elenco dei Paesi e territori a rischio di fame dall’edizione di maggio del rapporto. I fattori variabili includono ancora una volta i conflitti, i prezzi elevati dei prodotti alimentari e gli effetti climatici.

Il rapporto conclude: «Nonostante le sfide legate all’insicurezza, agli ostacoli burocratici e ai vincoli di accesso che ostacolano un’assistenza sicura e tempestiva, è necessaria un’assistenza urgente e maggiore nei 18 hotspot della fame per proteggere i mezzi di sussistenza e aumentare l’accesso al cibo. questo è essenziale per evitare un ulteriore peggioramento dell’insicurezza alimentare acuta e della malnutrizione».