Cuba: il mondo è contro l’embargo. Usa e Israele no, l’Ucraina si astiene

Se non esistesse il blocco statunitense, nel 2022 il PIL di Cuba sarebbe cresciuto del 9%

[3 Novembre 2023]

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato nuovamente con una schiacciante maggioranza  contro l’ embargo economico e commerciale degli Stati Uniti contro Cuba, imposto per la prima volta nel 1960. 187 Stati hanno votato per la risoluzione “necessità di porre fine all’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”, con i soli Stati Uniti e Israele contro e l’astensione dell’Ucraina si è astenuta. Nel 2022 avevano votato a favore 185 Stati membri, i soliti Israele, Stati Uniti contro e le astensioni erano state 2: l’Ucraina e il Brasile del presidente neofascista Jair Bolsonaro.

L’Assemblea generale dell’Onu ha espresso preoccupazione per il fatto che, nonostante le sue risoluzioni risalenti al 1992 (Risoluzione 47/19), «L’embargo economico, commerciale e finanziario contro Cuba è ancora in vigore», e per «Gli effetti negativi di tali misure sul popolo cubano e sulla Cittadini cubani che vivono in altri Paesi».

Sono state ricordate le misure adottate dall’allora presidente Usa Barack Obama nel 2015 e nel 2016 «Per modificare diversi aspetti dell’applicazione dell’embargo, che contrastano con le misure applicate dal 2017 per rafforzarne l’attuazione» e l’Assemblea Generale ha ribadito la sua richiesta a tutti gli Stati di «Astenersi dal promulgare e applicare tali leggi e misure restrittive, in linea con i loro obblighi ai sensi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale».

Ancora una volta, Usa e Israele sono rimasti soli a sostenere la politica di Washington di  che da oltre 60 anni impone restrizioni economiche e commerciali su Cuba, nate dagli espropri di terre e proprietà dopo la rivoluzione cubana del 1959 guidata da Fidel Castro.

Dopo aver conosciuto i risultati della votazione, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha definito la decisione Onu «Una nuova vittoria per il popolo cubano e dellaa sua Rivoluzione. Il riconoscimento e l’appoggio della comunità internazionale all’eroismo e alla resistenza di Cuba. Il trionfo della dignità e del valore del nostro Popolo, #MejorSinBloqueo».

La relazione presentata da Cuba alla Onu  denuncia i danni provocati dal blocco tra il 1º marzo del 2022 e il 28 febbraio del 2023: «Nel periodo, i danni si stimano nell’ordine dei 4 867 milioni di dollari.
Se non esistesse il blocco, nel 2022 il PIL di Cuba sarebbe cresciuto del 9%».

Il rappresentante degli Stati Uniti, Paul Folmsbee, ha detto che «il mio Paese sta fermamente a fianco del popolo cubano. Noi sosteniamo fortemente la loro ricerca di un futuro nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Le sanzioni sono uno degli strumenti nel più ampio sforzo degli Stati Uniti per incoraggiare Cuba a far avanzare la democrazia e promuovere il rispetto dei diritti umani. e le libertà fondamentali». Peccato che gli Usa le stesse libertà fondamentali non le invochino e pretendano in regimi ben peggiori di quello cubano ma con i quali hanno strettissimi legami economici e politici.

Folmsbee ha però cercato di indorare la pillola di un embargo anacronistico e ha affermato che «Gli Stati Uniti riconoscono le sfide che il popolo cubano deve affrontare. Le sanzioni includono esenzioni e autorizzazioni relative alle esportazioni di cibo, medicinali e altri beni umanitari a Cuba. Gli Stati Uniti si oppongono a questa risoluzione, Incoraggiamo l’Assemblea Generale a sollecitare il governo cubano ad aderire ai suoi obblighi in materia di diritti umani e ad ascoltare il popolo cubano e le sue aspirazioni per determinare il proprio futuro».

Motivazioni che non hanno per niente convinto gli altri Paesi, compresi quelli occidentali alleati degli Usa, che nei loro interventi hanno evidenziato le numerose conseguenze, dannose e di lunga durata, che l’embargo pluridecennale ha avuto su Cuba e molti hanno citato il rapporto del Segretario Generale dell’Onu sull’impatto sullo sviluppo umano complessivo di Cuba, con l’Assemblea generale che chiede la revoca dell’embargo ogni anno in cui la risoluzione viene discussa.

La sessione è stata aperta dall’intervento di Luis Ugarelli, l’ambasciatore del Perù, un governo non certo di sinistra e stretto alleato degli Usa, ma che ha detto che «Il Perù condivide il punto di vista praticamente dell’intera comunità internazionale secondo cui l’embargo è contrario ai principi della Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale sui diritti umani. Il Mio Paese sosterrà la risoluzione, come ha fatto per più di 30 anni». Paula Narváez Ojeda, ambasciatrice e rappresentante permanente del Cile, un Paese che ha sperimentato sulla sua pelle l’interventismo statunitense verso governi non graditi, ha ribadito la convinzione del suo Paese che «L’attuazione di misure coercitive unilaterali è contraria al diritto internazionale. Il Cile non è d’accordo con l’imposizione di sanzioni unilaterali di alcun tipo, le uniche sanzioni legittime sono quelle adottate dal Consiglio di Sicurezza nell’esercizio della sua autorità per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. L’embargo economico è un anacronismo di un’epoca passata e deve esservi posto fine una volta per tutte».

E il Brasile nuevamente governato da Ignacio Lula da Silva  ha rifiutato ogni politica di ingerenza e ha ricordato di aver chiesto «Da molti anni la normalizzazione delle relazioni degli Stati Uniti con Cuba. Il rifiuto dell’embargo costituisce praticamente un consenso internazionale. Le sanzioni imposte a Cuba hanno compromesso e continuano a compromettere il pieno godimento dei diritti del popolo cubano e danneggiano principalmente i più poveri».

Da parte sua, l’ambasciatore della Bolivia all’Onu, Diego Pary, ha ringraziato Cuba «Per il suo impegno per le cause più nobili dell’umanità. E’ inconcepibile e contraddittorio che il Paese più solidale del mondo sia stato incluso nell’elenco degli stati sponsor del terrorismo. I popoli del mondo sono testimoni che 60 anni non sono bastati per punire un popolo solidale, anzi stiamo constatando un peggioramento del blocco. Rifiutiamo l’applicazione di qualsiasi politica di ingerenza e interventismo e di qualsiasi misura che violi la sovranità e l’indipendenza di qualsiasi Stato».

L’ambasciatore del Nicaragua, Jaime Hermida Castillo, ha rincarato la dose. «I poteri imperialisti mantengono e intensificano politiche coercitive contro popoli e governi sovrani. Sostituiscono i loro interessi egemonici alle priorità della comunità umana, fomentando guerre, blocchi, sanzioni e campagne diffamatorie. Il popolo ha il diritto di esercitare la propria sovranità e indipendenza, libero da ingerenze, minacce o aggressioni straniere».

L’ambasciatrice Aurélie Flore Koumba Pambo ha espresso la preoccupazione del Gabon e di altri Paesi africani per il perdurare dell’embargo: «La portata del suo impatto è sempre più dannosa per il popolo cubano. Il blocco economico è un atto chiaramente ostile alla coesione regionale e continentale. L’embargo è contrario al diritto internazionale, alla Carta delle Nazioni Unite e alle normali misure che governano le relazioni pacifiche tra gli Stati e ha avuto un impatto negativo sulla cultura, sulla salute pubblica e sul benessere del popolo cubano. E’ il principale ostacolo allo sviluppo sociale ed economico di Cuba».

Presentando il progetto di risoluzione approvato a stragrande maggioranza, il ministro degli esteri  di Cuba, Rodríguez Parrilla, ha denunciato che «Il blocco che dura da più di 60 anni viola i diritti di tutti gli uomini e le donne cubane. Le famiglie mancano di beni, ci sono lunghe code, prezzi eccessivamente alti e il governo fa grandi sforzi per nutrire la sua gente. Il blocco priva l’industria agricola dei fondi per acquistare foraggio per animali, attrezzature industriali e altri beni necessari per la produzione alimentare. Nonostante le esitazioni sui prodotti alimentari, gli Stati Uniti stanno violando le regole del commercio internazionale, ha affermato. A  Cuba  vine impedito di acquistare dalle aziende statunitensi e dalle loro filiali in paesi terzi attrezzature, tecnologie, dispositivi medici e prodotti farmaceutici finali ed è quindi costretta ad acquistarli a prezzi esorbitanti tramite intermediari o a sostituirli con farmaci generici meno efficaci».

Parrilla ha ricordato «Quanto diversa sarebbe stata la loro vita se a Cuba non fosse stato impedito di acquistare direttamente dal mercato statunitense i farmaci» e che durante la pandemia di Covid-19, mentre i medici cubani aiutavano gli altri Paesi  – Italia compresa –  per Cuba era difficile acquistare ossigeno medico perché per farlo era necessaria una liv cenza speciale del  governo degli Stati Uniti. «Anche durante la pandemia, il che riflette la natura disumana della politica statunitense».

Il ministro degli esteri dell’Avana ha sottolineato che «L’80% della popolazione cubana non ha mai conosciuto la vita senza il paralizzante blocco statunitense. Si tratta di un atto di guerra economica, in tempo di pace, che crea una situazione di ingovernabilità e un tentativo di distruggere l’ordine costituzionale. Cuba non rappresenta affatto una minaccia per gli Stati Uniti e sottoporre una piccola nazione per decenni a una guerra economica è inaccettabile. L’intero Paese viene privato del diritto al progresso, attraverso una politica illegale, crudele e disumana».

Parrilla ha poi ribadito l’appoggio e la solidarietà di Cuba «Al popolo palestinese che attualmente viene massacrato nella sua terra illegalmente occupata. Questi atti barbarici devono finire».

Il Ministro degli Esteri cubano ha affermato che «Gli Stati Uniti stanno facendo pressioni sulle banche di tutto il mondo affinché non trattino con la mia nazione, che sta diventando vittime dell’ostilità statunitense e del suo impatto dannoso sul sistema finanziario globale. il blocco separa le famiglie cubane e priva i cittadini statunitensi del diritto di visitare Cuba. Il rafforzamento dell’assedio economico è stato accompagnato da una campagna di disinformazione contro Cuba, cercando di destabilizzare e screditare il Paese. C’è stata una “crociata mediatica negli Stati Uniti volta a incoraggiare il malcontento e una falsa impressione di crisi politica interna».

L’esponente cubano ha concluso: «Abbiamo apprezzato il sostegno di più di 40 Paesi nel corso dei due giorni di dibattito. Cuba continuerà a costruire ponti con il popolo degli Stati Uniti e con tutti gli emigrati che vivono all’estero non cesserà mai di difendere la sua patria libera e sovrana, sostenendo la sua continua trasformazione».