Armi italiane: addio alla trasparenza. La revisione della legge 185 che piace alle lobby dell’industria e della finanza

Gruppo Banca Etica: no all’opacità sull’export di armi. Si cancella la lista delle “banche armate”

[31 Gennaio 2024]

Secondo Rete Pace Disarmo, il 16 gennaio, con il voto favorevole agli “affari armati” nell’iter del Disegno di legge presentato dal Governo per la modifica della Legge 185/90 sull’export militare predisposte dal Governo  l’industria delle armi ha incassato il primo, grave e pericoloso regalo. Infatti, la Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato ha approvato  «Tre emendamenti che inficiano gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari. E che si innestano su un testo che presenta già aspetti problematici, perché modifica i meccanismi di rilascio delle autorizzazioni affidando il cuore delle decisioni all’ambito politico senza un adeguato passaggio tecnico che garantisca il rispetto dei criteri della legge italiana e delle norme internazionali sulla materia.

Se le modifiche votate in questa prima fase di dibattito parlamentare sul DDL 855 sopravviveranno ai successivi passaggi dell’iter verranno sottratte al controllo di Parlamento, società civile e opinione pubblica le informazioni precise e dettagliate oggi presenti nella Relazione annuale ufficiale – sulle esportazioni dei materiali militari autorizzate e svolte dalle aziende».
Una questione sulla quale ritorna Il Gruppo Banca Etica  che spiega: «Il Governo ha infatti presentato un disegno di legge (Atto Senato n. 855) per la modifica della Legge 185/90, che regola l’export di armamenti italiani. La Legge 185/90, ottenuta grazie alla pressione della società civile, anticipando meccanismi e criteri di norme internazionali, è uno strumento importante che garantisce trasparenza – in particolare attraverso la Relazione annuale che il Governo deve inviare ogni anno al Parlamento con tutti i dati sull’esportazione di armi – e si basa sul principio che la vendita di armamenti non possa essere considerata un semplice business, ma debba essere legata a politica estera, rispetto dei diritti umani e ruolo di Pace dell’Italia, sancito dall’articolo 11 della Costituzione».

Oltre a quanto denunciato da Rete Pace Disarmo, Banca Etica fa notare che «La conferma e l’eventuale applicazione di un emendamento proposto condurrebbe ad eliminare ogni informazione riguardo gli istituti di credito operanti nel settore dell’import/export di armamenti, cancellando la possibilità per i cittadini e i risparmiatori/correntisti di accedere alla coddetta lista delle “banche armate”, ovvero di sapere quali istituti finanziari attivi in Italia traggono profitti dal commercio di armi verso l’estero, inclusi Paesi autoritari e coinvolti in conflitti armati».

La presidente di Banca Etica, Anna Fasano, sottolinea che «La legge 185/90 è un traguardo riconosciuto di progresso civile del nostro Paese, e come tale va potenziato e tutelato. Gli emendamenti recentemente presentati e approvati in Commissione Difesa del Senato prospettano di eliminare od oscurare gli strumenti di trasparenza che la legge 185/90 prevede sull’export di armi dal nostro Paese, primo fra tutti la Relazione annuale del Governo al Parlamento. Ciò si tradurrebbe in un arretramento inaccettabile, cancellando il diritto faticosamente conquistato ad avere informazioni complete sulla natura, l’origine e la destinazione dei sistemi d’arma italiani, e sui soggetti finanziatori che traggono profitto e finanziano queste operazioni. Se il voto favorevole registrato in Commissione si tradurrà in legge, ciò non solo impedirà al Parlamento di svolgere la sua funzione costituzionale di controllo in materia di export delle armi, ma comprometterà seriamente la libertà di scelta consapevole della cittadinanza e delle imprese che affidano i propri risparmi e investimenti alle banche e agli operatori finanziari, mettendo inoltre a rischio la stessa opportunità di confronto tra le Istituzioni e le organizzazioni e i movimenti attivi per la pace e in materia di disarmo e diritti umani nel mondo. Organizzazioni e movimenti da cui il Gruppo Banca Etica trae origine e con i quali condivide istanze e valori fondamentali».

Il 16 gennaio la maggioranza di destra della Commissione ha bocciato non solo praticamente tutti gli emendamenti proposti dalle minoranze, ma anche alcuni importanti emendamenti proposti dalla relatrice del provvedimento (la Presidente della Commissione Stefania Craxi di Forza Italia) che andavano nella direzione di un miglioramento di controlli, meccanismi decisionali e trasparenza sull’export di armi. Molti degli emendamenti respinti riprendevano le proposte e le indicazioni di Rete Pace Disarmoche si è mossa fin dall’inizio con spirito costruttivo sul dibattito relativo al DDL e che ha commentato: «Spiace constatare che questa apertura al confronto sul merito, basata su dati ed elementi oggettivi, sia stata completamente ignorata e rigettata da parte della maggioranza di Governo».

E banca Etica aggiunge che «Non appare come un caso isolato, e si inscrive lungo una china bellicista che Banca Etica denuncia con inquietudine, in piena sintonia con quanto dichiarato da Papa Francesco recentemente, il quale ha sottolineato che “Tante volte le guerre continuano o si fanno più estese per vendere più armi o provare armi nuove”». Solo poche settimane fa il Gruppo Banca Etica aveva infatti espresso pubblicamente grande apprensione e contrarietà di fronte alla notizia che i ministri della Difesa dell’Unione europea, riuniti nel board dell’Agenzia europea della difesa, avessero chiesto congiuntamente che il comparto delle aziende che fabbricano armamenti potesse accedere a ulteriori e maggiori finanziamenti, sia da parte del settore pubblico sia dal settore delle finanza privata. In quell’occasione i ministri avevano ipotizzato addirittura di includere la filiera della produzione di armi tra gli investimenti considerati sostenibili dall’Unione europea, lamentando che il diffondersi della finanza ESG –  che seleziona gli investimenti anche in virtù dei comportamenti delle imprese sul piano sociale, ambientale e di governance – stesse danneggiando la reputazione del comparto industriale bellico, ostacolandone l’accesso a risorse aggiuntive da parte delle banche e delle società finanziarie. Una circostanza smentita, nei fatti e nei numeri, da rapporti e studi recenti.

Per Rete Pace Disarmo «Risulta evidente come il Governo intenda favorire e concretizzare una richiesta di revisione delle norme in vigore ripetutamente richiesta negli ultimi anni dall’industria militare e da Istituti di ricerca ad essa vicini in un’ottica di facilitazione delle esportazioni di armamenti a favore della competitività dell’industria militare, la cui funzione è stata sempre enfatizzata – erroneamente – come “strategica” per il “rilancio” dell’economia nazionale. Un puro e semplice “regalo” agli interessi armati, in direzione contraria ai principi delle norme nazionali ed internazionali».

I pacifisti concludono: «E’ importante ricordare come sistemi d’arma italiani sono stati e sono tuttora inviati in decine di situazioni di conflitto, di violazione diritti umani, di presenza di regimi autoritari come invece sarebbe e espressamente vietato dalle norme in vigore. Riducendo ulteriormente l’attenzione nell’applicazione dei criteri di rilascio delle licenze e la capacità di controllo del Parlamento e della società civile tali situazioni problematiche non potranno che peggiorare. Riportando così l’Italia ad uno stato di opacità e debole regolazione della vendita di armi cui era stato posto un freno con l’approvazione dell’innovativa Legge 185 nel 1990. Come eredi della grande mobilitazione della società civile che aveva portato all’approvazione di questa norma non permetteremo che i profitti di sistemi d’arma che alimentano guerre e militarizzazione vengano considerati più importanti del rispetto dei diritti umani, della vita delle popolazioni e degli sforzi di costruzione della Pace».