Geoingegneria: rimuovere la CO2 non può salvare il mare, soprattutto col business as usual

Nell’oceano profondo, le eco chimiche si riverberano per migliaia di anni

[5 Agosto 2015]

Le emissioni di gas serra di origine antropica stanno provocando sia un rapido riscaldamento dei mari che l’acidificazione degli oceani a un ritmo senza precedenti. Per ridurre i rischi climatici e per la vita marina, la geoingegneria ha proposto la rimozione artificiale di anidride carbonica (CDR – Carbon dioxide removal)  dall’atmosfera ma il  nuovo  “Long-term response of oceans to CO2 removal from the atmosphere” Nature Climate Change”, basato su calcoli al computer ora mostra che questa strategia funzionerebbe se applicata in ritardo e che comunque non può compensare impennata delle emissioni del  business-as-usual per tutto il secolo e oltre, nemmeno se, ad un certo punto, in futuro la concentrazione di CO2 in atmosfera venisse ripristianata ai livelli preindustriali.

I ricercatori tedeschi del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (Pik) e del GEOMAR Helmholtz-Zentrum für Ozeanforschung  e quelli statunitensi della Carnegie Institution for Science e del Santa Fe Institute dicono su Nature Climate Change che «Ciò è dovuto alla tremenda inerzia del sistema oceanico. Così, il CDR non può sostituire la riduzione delle emissioni puntuali, ma può giocare un ruolo come attore non protagonista nel dramma climatico».

La principale autrice dello studio, Sabine Mathesius, del Pik e di GEOMAR, sottolinea che «Le iniziative di  geoingegneria sono attualmente in discussione come una sorta di ultima spiaggia per evitare pericolosi cambiamenti climatici, sia nel caso che i politici non trovino un accordo per ridurre le emissioni di CO2 che per ritardare la trasformazione dei nostri sistemi energetici. Tuttavia, guardando gli oceani vediamo che questo approccio comporta grandi rischi. Negli scenari di riduzione delle emissioni puntuali, rimuovere artificialmente la CO2 può completare gli sforzi. Ma in uno scenario business as usual di emissioni non abbattute, anche se la CO2 nell’atmosfera fosse successivamente ridotta alla concentrazione preindustriale, l’acidità negli oceani potrebbe ancora essere più di quattro volte superiore al livello preindustriale. Ci  vorrebbero molti secoli per tornare in equilibrio con l’atmosfera».

Circa un quarto della CO2 prodotta dagli esseri umani viene assorbita dagli oceani, causando una reazione chimica che porta ad un elevato contenuto acido nell’acqua. Nel lungo periodo, questo può minacciare forme di vita marine come i coralli o i crostacei, dato che l’acidificazione riduce la produzione di gusci e scheletri. Gli scienziati ricordano che «Questo potrebbe influenzare la biodiversità e le reti trofiche strettamente intrecciate. Così l’assorbimento di CO2 da parte degli oceani è un pericolo per la vita marina».

Per questo qualcuno ha pensato alla scorciatoia della Carbon dioxide removal. Una delle possibilità è che : enormi quantità di biomassa – per esempio alberi a crescita rapida come il pioppo – consumino  CO2 durante la crescita e possano essere bruciate in impianti bioenergetici in cui la CO2 viene catturata e immagazzinata sottoterra (il Carbon capture and storage – Ccs). Al Pik evidenziano: «Anche se questa tecnologia non è ancora testata su scala industriale dovrebbe essere attentamente bilanciata con le esigenze di produzione alimentare del territorio, uno dei principali vantaggi previsti sarebbe quello di salvaguardare gli oceani dall’acidificazione»

Un altro degli autori dello studio Ken Caldeira del Department of Global Ecology della Carnegie Institution for Science di Stanford  spiega ancora: «Abbiamo fatto un esperimento al computer e simulato diversi livelli di estrazione di CO2 dall’atmosfera: uno ragionevole, ma probabilmente anche irrealizzabile, uno con  più di 90 miliardi di tonnellate all’anno, che sono più di due volte le odierne emissioni annuali».

I ricercatori avvertono che  l’esperimento non tiene conto della disponibilità di tecnologie per l’estrazione e lo stoccaggio e Caldeira aggiunge: «È interessante notare che si scopre che dopo il business as usual  fino al 2150, anche estraendo quantità di CO2 così enormi dall’atmosfera non aiuterebbe più di tanto l’oceano profondo : dopo che l’acqua acidificata viene trasportata dalla grande circolazione oceanica a grande profondità, resta fuori dalla portata di molti secoli, non importa quanta CO2 viene rimossa dall’atmosfera».

Gli scienziati tedeschi e americani hanno anche studiato l’aumento della temperatura e la diminuzione dell’ossigeno disciolto nel mare e al Pik dicono che «Naturalmente, l’ossigeno è di vitale importanza, per molte creature. Il riscaldamento ad esempio, riduce la circolazione oceanica, danneggiando trasporto dei nutrienti. Insieme all’acidificazione, questi cambiamenti mettono sotto forte pressione la vita marina. All’inizio della storia della Terra, tali cambiamenti hanno portato ad estinzioni di massa. Tuttavia, l’effetto combinato di tutti e tre i fattori non è ancora stato compreso appieno».

John Schellnhuber, direttore del Pik e coautore dello studio, conclude: «Nell’oceano profondo, le eco chimiche dell’inquinamento da CO2 di questo secolo  si riverberano per migliaia di anni. Se non si procede in tempo con misure di riduzione delle emissioni in linea con l’obiettivo dei 2° C, non saremo in grado di preservare la vita dell’oceano come la conosciamo».