In Europa serviranno 2.5 trilioni di euro di investimenti entro il 2050 per migliorare le reti elettriche

Studio Bcg: «L’Italia dovrà passare all’energia verde 2 volte più velocemente rispetto alle transizioni passate»

18 trilioni di dollari da qui al 2030 per finanziare la transizione energetica globale

[22 Novembre 2023]

Secondo il nuovo studio “A Blueprint for the Energy Transition” pubblicato dal Center for Energy Impact di Boston Consulting Group (BCG), «Per limitare l’innalzamento globale delle temperature a 1,5° C sopra i livelli preindustriali, le energie rinnovabili e le soluzioni low-carbon devono passare dal 12% dell’offerta energetica globale registrata nel 2021 al 50%-70% entro il 2050. Queste fonti energetiche devono raggiungere infatti le quote finora ottenute dal carbone (55%) e dal petrolio (41%) durante le precedenti transizioni, ma circa tre volte più velocemente, per rappresentare la maggiore fonte di energia primaria al 2050. Questa transizione rappresenta una sfida enorme e appare sempre più difficile, dal momento che le politiche attuali porteranno a un riscaldamento di +2,7° C entro il 2100».

L’analisi BCG  evidenzia che per poter generare più energia verde senza che questa rimanga bloccata nella rete, servono investimenti sia nella rete elettrica che negli impianti solari ed eolici. Per esempio, «In Europa serviranno 2.5 trilioni di euro di investimenti entro il 2050 per migliorare significativamente le reti elettriche, sia in alta tensione che nella distribuzione».

Marco Tonegutti, managing director e senior partner di BCG, è convinto che «Passeremo da un sistema di produzione centralizzato ad uno decentralizzato, meno programmabile data la forte componente di energia da vento e sole, che sfrutta le tecnologie delle Smart Grid e delle reti intelligenti per gestire la volatilità delle fonti e i picchi di domanda. Un cambiamento che richiederà radicali modifiche nel dispacciamento e nella gestione del sistema. Sono quattro le principali barriere che in questo momento stanno frenando lo sviluppo delle fonti rinnovabili a livello europeo. La prima è il permitting, cioè le richieste per ottenere le necessarie autorizzazioni per realizzare nuovi progetti o apportare modifiche a impianti esistenti e che richiede uno snellimento. La seconda barriera riguarda lo sviluppo delle nuove tecnologie, alcune delle quali al momento non sono economicamente sostenibili e che avrebbero bisogno di un contesto regolatorio in grado di farle crescere. A differenza degli Usa, infatti, il contesto regolatorio europeo favorisce più l’input (investimenti) e meno l’output (risultati). La terza barriera, strettamente connessa alla seconda, riguarda le regole europee, più votate a “penalizzare” gli autoemittenti rispetto a quanto avviene in altri Paesi. Pensiamo all’Ets, il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue, oppure a quanto è complicato accedere ad alcuni fondi di transizione energetica (come gli innovation fund), rispetto all’IRA americano che premia la low carbon energy. La quarta barriera è nelle supply chain, in fortissimo stress in questo momento».

Dallo studio  emerge che per finanziare la transizione energetica, a livello globale sarà necessario un investimento di 37 trilioni di dollari a livello globale, 19 trilioni dei quali sono già stati destinati allo scopo, anche attraverso l’utilizzo di leve tecnologiche già esistenti, come: aumentare l’efficienza energetica; elettrificare gli usi finali, ad esempio attraverso veicoli elettrici o pompe di calore; decarbonizzare la fornitura di energia; convertire le aziende energivore all’uso di combustibili low-carbon; implementare la cattura di CO2. BCG conferma che «Petrolio e gas devono essere ridotti più rapidamente possibile, ma saranno comunque necessari investimenti per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico per le nostre società».

La transizione cambierà profondamente l’economia dei nostri sistemi energetici: «L’energia passerà da essere una risorsa estratta a una risorsa prodotta, richiedendo investimenti iniziali molto più consistenti, ma costi operativi più bassi – prevede lo studio – Le prossime sfide riguarderanno l’aumento significativo della volatilità dei prezzi, e lo stoccaggio dell’energia. Attualmente possiamo infatti, immagazzinare soltanto da una a due ore di consumo medio di elettricità in Europa e negli Stati Uniti. Anche i costi di trasporto dell’energia aumenteranno in seguito al cambiamento nella composizione energetica, cosa che probabilmente porterà a una rilocazione dei centri di produzione industriale a livello globale dove l’energia è meno costosa».

In Italia, dopo la proposta di aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) fatta a giugno dal ministero dell’ambiente e dell’ambiente e della sicurezza energetica, l’obiettivo è ambizioso: una “copertura rinnovabile” dei consumi energetici finali lordi del 40,5% entro il 2030 rispetto al target del 30% al 2030 del PNIEC 2019. Praticamente si dovrà raddoppiare la velocità per la transizione in 7 anni.

Tonegutti conclude con una nota di ottimismo: «Il nostro Paese ha sviluppato competenze in tutti gli ambiti rilevanti della transizione sia nelle proprie aziende energetiche, sia in tutta la filiera. L’industria italiana può giocare un ruolo di primo piano sui mercati internazionali, supportando la transizione energetica».