L’Iran sta arricchendo quantità preoccupanti di uranio. Onu: ulteriore colpo all’accordo sul nucleare

Iran: la nostra capacità di arricchimento dell’uranio ha raggiunto più del doppio. Le bombe atomiche ce l’ha Israele

[20 Dicembre 2022]

Dal 18 dicembre gli  ispettori tecnici dell’International atomic energy agency (Iaea) sono in Iran, su invito della Repubblica Islamica, per affrontare quelle che il regime di Theran definisce «Le restanti questioni di salvaguardia che sono stati precedentemente riportate dal direttore generale dell’Iaea Rafael Grossi».

Il loro arrivo a Teheran era stato preceduto dall’annuncio da parte di Mohammed Eslami, il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, che «il tasso di arricchimento dell’uranio iraniano ha raggiunto più del doppio dell’intera storia di questa industria. La Repubblica islamica dell’Iran, il 23 febbraio 2021, in linea con l’attuazione della legge “Azione strategica per revocare le sanzioni e proteggere gli interessi della nazione iraniana”, approvata dal Consiglio islamico dell’Iran, ha interrotto le misure di sicurezza extra sorveglianza e l’attuazione volontaria del Protocollo addizionale». Incontrando i membri della incontro con i membri della fazione strategica del parlamento iraniano, Eslami ha detto che «La legge sull’azione strategica è stata una buona legge per lo sviluppo dell’industria nucleare».

Il team inviato dall’Iaea in Iran deve risolvere una disputa sulle tracce di uranio che presumibilmente provengono da siti nucleari iraniani non dichiarati e dopo che l’Onu ha avvertito che la Repubblica islamica potrebbe presto ottenere materiale fissile per realizzare armi nucleari. L’Iaea ha confermato che la sua ispezione si concentrerà su «Particelle multiple di uranio di origine antropica» segnalate in tre località nel 2019, tutte probabili ex siti nucleari precedentemente sconosciuti all’Iaea. A novembre, il Consiglio dei governatori dell’Iaea aveva nuovamente ordinato a Tegheran di cooperare all’indagine su queste radioattive. Dopo un primo diniego verso una richiesta simile avanzata dall’Iaea a giugno, e mentre infuria la ribellione interna guidata dalle donne, il regime teocratico di destra iraniano ha alla fine ceduto.

Gli ispettori dell’Iaea avevano riferito di aver scoperto le tracce di uranio nei mesi successivi al ritiro unilaterale dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA – in persiano BARJAM), l’accordo tra Iran e G5+1 (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia, cina e Germania) firmato nel 2015. Dopo la rottura dell’accordo e il nuovo inasorimento delle sanzion i occidentali, l’Iran ha dichiarato  recentemente che arricchirà l’uranio al 60% – ben al di sopra del limite del 3,67% stabilito dal JCPOA.  Grossi ha avvertito che così luranio arricchito iraniano «E’ molto vicino al livello militare» e che rischia di fornire abbastanza da poter essere utilizzato per costruire un’arma atomica.

L’arrivo a Teheran della delegazione tecnica dell’Ieaea era stato precedutoa da una dichiarazione del ministero degli esteri iraniano aveva ribadito di essere pronto a tornare al JCPOA, ma ha citato «Un lungo elenco di palesi violazioni» da parte di Usa e Unione europea» e ha avvertito che «I tentativi occidentali di politicizzare il JCPOA disturberebbero la cooperazione tecnica con l’Iaea»

Poi, per rispondere all’accusa che l’Iran potrebbe dotarsi di un’arma nucleare, il Il ministro degli esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha denunciato su Twitter che «Il regime illegittimo e criminale d’Israele è in possesso di centinaia di testate nucleari. Tel Aviv rappresenta una seria minaccia alla sicurezza della nostra regione».

L’agenzia ufficiale iraniana Pars Today ha aggiunto che «Si stima che il regime israeliano possieda da 200 a 400 testate atomiche nel suo arsenale, il che lo rende l’unico dotato di armi non convenzionali in tutta la regione dell’Asia occidentale. Il programma atomico israeliano, partito negli anni ’50, è stato rivelato nel 1986 al Sunday Times da un tecnico della centrale di Dimona (Neghev), Mordechai Vanunu, che ha pagato il suo gesto con 18 anni di carcere ed isolamento, dopo essere stato rapito dal Mossad a Roma. In un articolo del New Yorker del giugno 2018 si afferma che Israele avrebbe lettere di Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama e Donald Trump, in cui i quattro presidenti si impegnano a proteggere le sue armi nucleari. Le Amministrazioni Usa non solo non hanno imposto a Israele la firma del trattato di non proliferazione (TNP) ma hanno anche accettato la linea della «ambiguità nucleare», ossia Tel Aviv che non conferma e non nega di possedere armi atomiche. All’inizio del mese, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato con una schiacciante maggioranza una risoluzione che esorta il regime sionista a rinunciare alle sue armi nucleari e ad aderire al TNP».

Ma proprio dall’Onu è arrivata un’accusa all’Iran: ieri Rosemary DiCarlo, sottosegretaria generale Onu per gli affari politici e la costruzione della pace, ha detto al Consiglio di sicura ezza che «Non sono stati compiuti progressi nell’attuazione di una risoluzione di alto profilo del Consiglio di sicurezza del 2015 (2231), volta a garantire che gli impianti nucleari iraniani siano utilizzati solo per scopi pacifici, in cambio della revoca delle sanzioni» e chel’Iaea ha riferito che «L’Iran intende installare nuove centrifughe in uno dei suoi impianti di arricchimento del combustibile e prevede di produrre più uranio arricchito fino al 60% in un altro. L’agenzia stima che il Paese abbia ora una scorta totale di uranio arricchito di oltre 18  volte la quantità consentita dal JCPOA, l’accordo nucleare sviluppato sulla scia della risoluzione 2231, che include “quantità preoccupanti di uranio” arricchite fino al 60%. La capacità dell’Iaea di monitorare efficacemente gli impianti nucleari iraniani e garantire che vengano utilizzati per scopi esclusivamente pacifici – un elemento centrale del JCPOA – è ora compromessa dalla decisione dell’Iran di rimuovere le apparecchiature di sorveglianza e monitoraggio dell’agenzia. In questo contesto, chiediamo ancora una volta all’Iran di tornare indietro sui passi compiuti dal luglio 2019 che non sono coerenti con i suoi impegni relativi al nucleare nell’ambito del Piano».

La Di Carlo ha anche invitato gli Stati Uniti a «revocare le loro sanzioni come delineato nell’accordo e estendere le deroghe relative al commercio di petrolio con l’Iran».

Poi l’alta funzionaria Onu ha  ricordato le disposizioni del JCPOA sui missili balistici e, in particolare, a due test condotti dall’Iran a giugno e novembre e il nuovo missile balistico presentato dall’Iran a settembre: «Le informazioni ricevute dalle Nazioni Unite su questo hardware riflettevano opinioni divergenti tra alcuni Stati membri – Francia, Germania, Iran, Israele, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti – in merito all’incoerenza di tali lanci e altre attività con delibera 2231. Le Nazioni Unite hanno ispezionato parti di missili da crociera, sequestrate dalla Royal Navy britannica nelle acque internazionali a sud dell’Iran, che hanno valutato essere di origine iraniana, che assomigliano a parti viste nei detriti di missili da crociera usati dagli Houthi  [gli sciiti yemeniti al potere a Sana’a, ndr] contro Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti tra il 2019 e il 2022, e quelli sequestrati dagli Stati Uniti nel 2019. Le Nazioni Unite, ha continuato, hanno anche ricevuto lettere da Ucraina, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, riguardanti presunti trasferimenti di veicoli aerei senza pilota (UAV), dall’Iran alla Federazione Russa, in modo incompatibile con la risoluzione 223».

Ma il rappresentante permanente dell’Iran all’Onu, Amir Saeed Iravani, ha negato che il suo paese abbia fornito UAV da utilizzare nel conflitto in Ucraina e anche la Russia ha espresso serie preoccupazioni riguardo alle richieste dei Paesi occidentali e dell’Ucraina.

Iravani ha aggiunto che «Se gli Usa sono davvero intenzionati a raggiungere un’intesa per il rilancio dell’accordo nucleare del 2015, noto come Piano d’azione globale congiunto (JCPOA), devono scegliere la diplomazia piuttosto che la pressione e il confronto».

Ma la Di Carlo ha concluso confermando che «Ucraina, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno affermato che alcuni degli UAV trasferiti dall’Iran alla Russia, sono stati fabbricati da un’entità inclusa in un elenco di persone ed entità che, ai sensi della delibera 2231, rientrano nelle sanzioni mirate. Le Nazioni Unite stanno esaminando le informazioni disponibili e riferiranno al Consiglio, se del caso, a tempo debito».