Il nucleare e il gas e il petrolio rubato da francesi e statunitensi in Yemen e Siria

La legione straniera francese controllerebbe un impianto di gas nello Yemen del sud, gli Usa trafficano petrolio nel nord della Siria

[22 Agosto 2022]

A sentire i nuovi propagandisti del rinascimento nucleare italiano, basterebbe costruire una nuova centrale nucleare per non avere più problemi di elettricità e con qualcun’altra l’Italia non avrebbe più problemi di energia e non dovrebbe più importare petrolio e gas. Se non siamo energeticamente indipendenti (come se l’Italia fosse zeppa di uranio e non lo dovesse importare…) è colpa degli ambientalisti e degli italiani che si sono fatti impaurire da due lievi incidenti nucleari come quelli di Chernobyl e di Fukushima Daiichi.

Ora, basterebbe dare un’occhiata ai titoli dei giornali francesi, britannici e statunitensi – tutti Paesi con decine di centrali nucleari – per capire che anche lì l’energia ha costi elevatissimi e che la guerra del gas russo e il costo del petrolio stanno provocando una crisi energetica e sociale devastante e il rischio di restare al freddo in inverno, senza contare il fatto che i francesi non sanno più dove scaricare a buon mercato le loro scorie nucleari che finivano ad avvelenare intere aree dello sterminato territorio russo. Ma quel che succede in due Paesi del Medio Oriente in guerra – Yemen e Siria –  ci dà l’idea di quanto poco abbia a che fare il nucleare con la mitigazione della crisi energetica in corso e di quanto i Paesi nucleari che la destra italiana indica a modello siano ancora dipendenti dai combustibili fossili.

Come riferisce l’agenzia internazionale iraniana IRIB, «Una gigantesca petroliera battente bandiera greca con un carico di due milioni di barili di greggio “rubato” dello Yemen ha lasciato un porto nella provincia orientale yemenita di Hadhramaut come un’altra prova di come la coalizione militare a guida dell’Arabia Saudita e i suoi mercenari continuano a saccheggiare le risorse naturali del Paese martoriato».

Infatti, dopo due settimane che era stata ancorata nel porto yemenita di Dabba, il 19 agosto la petroliera Maran Canopus ha lasciato lo Yemen del sud con a bordo un carico di greggio valutato in 200 milioni di dollari. Non è la prima petroliera a farlo: l’agenzia stampa yemenita Saba aveva già denunciato che il 26 giugno una petroliera battente bandiera degli Emirati Arabi Uniti «E’ partita dal porto di Radhum, nella provincia meridionale di Shabwa, nello Yemen, dopo aver rubato più di 400.000 barili di greggio (per 43,640 milioni di dollari) dalla regione ricca di petrolio». La destinazione è l’Europa.

E non c’è solo il petrolio: il parlamento del governo di salvezza nazionale yemenita (NSG) che governa lo Yemen del nord in mano agli sciiti Huthi, ha denunciato che, alla luce dell’elevata domanda internazionale nel mezzo della crisi energetica globale, «La Francia potrebbe fare i preparativi per esportare gas dall’impianto di Balhaf» e ha espresso preoccupazione per «L’attività sospetta” delle truppe statunitensi e francesi nei pressi di un impianto di gas nel sud del paese».

L’NSG ha avvertito che queste attività sono sotto il controllo di forze francesi e statunitensi che controllano alcune città dello Yemen del sud occupato dalla coalizione sunnita a guida saudita e esortato a «Vigilare contro gli sforzi traditori della coalizione per ostacolare l’attuazione della tregua di cessate il fuoco mediata dalle Nazioni Unite».

La cosa non è stata denunciata dagli Huthi sciiti che governano Sana’a ma  dall’ex ministro degli Esteri yemenita del governo di Aden (filo-saudita) Abu Bakr al Qirbi che sul suo account Twitter spiega che «La Legione straniera francese  è arrivata nella provincia di Shabwa, nel sud-ovest del Paese, per assicurarsi il controllo dell’impianto di gas di Balhaf».

Secondo Al Qirbi, la nuclearissima Francia starebbe facendo «I preparativi per esportare gas dall’impianto di Balhaf, nel tentativo di ridurre la dipendenza dell’Europa dal carburante russo». Inoltre, per Al Qirbi, «Questa potrebbe essere la ragione degli eventi di Shabwa», cioè i recenti scontri – che hanno causato decine di vittime civili e militari – tra le forze del governo fantoccio filo-saudita di Aden (riconosciuto dalla comunità internazionale)  e le forze indipendentiste che vogliono ristabilire lo Yemen del Sud, sostenute dagli Emirati Arabi Uniti, alleate della coalizione contro il governo sciita del nord dello Yemen.

E la nuclearissima Francia ha firmato un accordo di cooperazione energetica per la produzione congiunta di Gas naturale liquefatto (GNL), lo stesso che dovrebbe arrivare nei contestati rigassificatori di Piombino e Ravenna e che, per i nuclearisti de noantri, non sarebbe stato necessario se avessimo avuto il nucleare come i francesi.

Intanto, mentre le violazioni della tregua mediata dall’Onu non si contano più, sia nello Yemen del Nord che in quello del sud aumentano le richieste di di tutte le forze straniere che occupano illegalmente la nazione, comprese le truppe militari statunitensi che sarebbero state schierate per combattere il terrorismo.

Il primo ministro del governo Huthi di Sana’a, Abdulaziz Saleh bin Habtoor, ha detto che «Le recenti operazioni di saccheggio condotte dalla coalizione a guida saudita sono state condotte sotto la guida degli Stati Uniti, nell’ambito di un piano di Washington per assicurarsi il controllo del petrolio degli yemeniti attraverso i suoi alleati del Golfo».

Ieri, durante un incontro per discutere il piano nazionale di emergenza per far fronte all’inquinamento da petrolio dell’ambiente marino, il ministro dei trasporti nord-yemenita Abdelwahab al-Durra ha messo in guardia sulle «Catastrofiche ripercussioni dell’inquinamento dell’ambiente marino a seguito di fuoriuscite di petrolio dalle petroliere cariche di carburante nelle acque dello Yemen».

Al-Durra ha spiegato che «L’ambiente marino è inquinato a causa delle fuoriuscite di petrolio dalle petroliere che attraversano le acque yemenite, che si ripercuotono sull’ambiente e vita marina. E’ importante adottare e approvare il piano nazionale per contrastare l’inquinamento da idrocarburi e l’inquinamento marino in generale, intenzionalmente o meno. Le autorità interessate e competenti devono adottare misure per proteggere le acque regionali dal pericolo di inquinamento da idrocarburi.
Il ministro nord-yemenita si riferisce alle «Enormi quantità di petrolio e prodotti petroliferi che vengono trasportate dalle navi attraverso il Mar Rosso e lo stretto di Bab al-Mandab, che richiedono preparazione per affrontare qualsiasi pericolo ambientale». Poi ha evidenziato «Gli effetti dell’aggressione e dell’assedio sull’interruzione dell’equipaggiamento marittimo e dei meccanismi che necessitavano di manutenzione periodica, oltre alla mancanza di materiali per disperdere l’inquinamento da idrocarburi, che porta a una mancanza di confronto o risposta a qualsiasi comunicazione su questo aspetto». E al-Durra ha rinnovato l’appello all’Onu per «Accelerare la sostituzione del tank galleggiante Safer, che è una bomba che può esplodere in qualsiasi momento e i suoi pericoli non sono limitati allo Yemen, ma anche ai Paesi che si affacciano sul Mar Rosso da Gibuti al Canale di Suez».
Intanto, molto più a nord, in Siria, dove l’eroe della mediazione tra gli invasori russi e gli invasi ucraini annuncia che non intende per niente ritirare le sue truppe (NATO) dalla Siria che ha invaso e conferma che è pronto a invaderne un altro pezzo, il governo siriano invita nuovamente le truppe statunitensi a lasciare il territorio della Siria e denuncia che «Le  forze statunitensi che agiscono come pirati saccheggiando le nostre ricchezze». L’agenzia ufficiale siriana Sana denuncia che «Le truppe statunitensi occupanti stanno rubando le risorse naturali della Siria, portando dozzine di autocisterne cariche di petrolio fuori dal Paese arabo. I furti si sono intensificati nei giorni scorsi».

Solo domenica mattina un convoglio di 137 camion avrebbe trasportato greggio dai giacimenti petroliferi della regione di Jazira, nel nord-est della Siria controllato dalle milizie kurde, alle basi militari statunitensi in Iraq». Infatti la Sana accusa che «Il saccheggio del greggio viene effettuato con la complicità delle milizie di opposizione delle Syrian Democratic Forces (SDF), che hanno l’appoggio di Washington». Le SDF sono la forza di difesa ufficiale dell’Amministrazione autonoma del Nord-Est della Siria, sono composte da kurdi autonomisti del Rojava, arabi democratici e altre minoranze etniche e hanno sconfitto sul campo lo Stato Islamico/Daesh e combattono contro gli invasori turchi e le loro milizie di tagliagole islamisti.

Le segnalazioni di furti di petrolio siriano da parte degli statunitensi sono in aumento da giorni: il 16 agosto dalla stessa regione siriana erano “sparite” 65 autocisterne cariche di petrolio e, nella settimana precedente le autocisterne cariche di greggio che avrebbero raggiunto le basi statunitensi in Iraq sarebbero state 398.

Mentre si oppongono giustamente all’invasione russa dell’Ucraina, da anni le truppe statunitensi controllano, senza che nessun accordo internazionale lo preveda, territori della Siria settentrionale e nordorientale dove si trovano i più grandi giacimenti di petrolio e gas del Paese arabo.  D’altronde, nel dicembre 2019 l’ex presidente Usa, il fan del nucleare Donald Trump, aveva ammesso semnza problemi che gli unici soldati statunitensi i Siria «Aono quelli che  controllano il greggio- Abbiamo il petrolio e ne possiamo fare qualunque cosa vogliamo». Il regime di Bashar al Assad  – che resta il governo siriano riconosciuto dalla comunità internazionale – ha più volte condannato il saccheggio delle sue risorse da parte di Washington senza escludere  di intraprendere azioni legali contro gli Usa.

La Russia, che ha salvato Assad dalla disfatta militare e politica, sta a guardare i suoi amici turchi (ai quali ha venduto una centrale nucleare) mentre invadono un pezzo del Paese che hanno giurato di proteggere, in cambio Erdogan fa da mediatore per la loro invasione in Ucraina. Gli Usa si fregano il petrolio siriano e tacciono da anni (anzi appoggiano e armano, insieme all’Italia) di fronte all’invasione dello Yemen di sauditi, emiratini e alleati sunniti e fanno finta di non vedere i francesi che si impadroniscono del gas yemenita. Intanto tutti vendono tecnologia e centrali nucleari a Paesi in guerra, sapendo bene che poi servirà a dotarsi di bombe nucleari, ma non firmano la fine delle sanzioni all’Iran perché si è dotato di una centrale nucleare (di costruzione tedesca e finita e rifornita dai russi) e lo accusano di volersi dotare di armi nucleari.

Non male come energia sicura e come alternativa insostituibile ai combustibili fossili, eh?