Esac: integrare nella politica climatica Ue le tecnologie per la rimozione di CO2 dall’atmosfera

Ma la mitigazione resta essenziale e bisogna eliminare i sussidi alle biomasse non rinnovabili

[20 Febbraio 2019]

L’analisi “Forest bioenergy, carbon capture and storage, and carbon dioxide removal: an update” appena pubblicata dall’European Academies’ Science Advisory Council, che rappresenta le accademie scientifiche nazionali degli Stati membri dell’Ue, della Norvegia e della Svizzera, rivela che con l’insuccesso delle politiche di riduzione delle emissioni di gas serra, «Le tecnologie e le tecniche per la rimozione di CO2 dall’atmosfera sono diventare ancora più significative«. Ma l’Easac ribadisce, in linea con il suo rapporto 2018, «L’enorme rischio di affidarsi alla futura implementazione di tecnologie ancora non provate» e che la mitigazione deve rimanere la massima priorità, compreso il rapido sviluppo di tecnologie Ccs (Cabon capture and storage, ndr) e modelli di business fattibili. Queste tecnologie a emissioni negative non possono compensare la mancanza di sforzi per mitigare la CO2 , ma l’entità del divario tra le attuali tendenze delle emissioni e quelle necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi rende tali tecnologie sempre più necessarie».
Nonostante i rischi e i costi, l’Easac conclude quindi che «E’ giunto il momento di includerle nella futura strategia climatica dell’Ue. Allo stato attuale, una singola tecnologia non è emersa come la scelta migliore e sarà probabilmente necessaria una suite di tecnologie».
Michael Norton, direttore ambiente dell’Easac sottolinea: «Poiché, per mantenere il riscaldamento all’interno degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, la mitigazione rimane inadeguata è sempre più probabile che si debbano applicare tecnologie a emissioni negative su una scala potenzialmente enorme. Applicare tali tecnologie alla scala richiesta richiederebbe lo sviluppo di una nuova industria prossima alle stesse dimensioni dell’attuale industria dei combustibili fossili: un’enorme diversione di risorse economiche all’interno dell’economia. Quindi, l’Ue pe evitare pericolosi cambiamenti climatici e rafforzare la sua economia, dovrebbe prendere in esame le tecnologie che è pr iù probabile che siano rilevanti per le future industrie europee.
Per quanto riguarda il ruolo delle tecnologie a emissioni negative (NET) per la rimozione del biossido di carbonio (CDR), la nuo va analisi aggiorna gli studi precedenti e gli scienziati europei ricordano che «Nel nostro precedente rapporto abbiamo fatto notare il pericoloso azzardo morale dell’accettazione di scenari futuri legittimi basati sull’assunzione di CDR per molte gigatonnellate di CO 2 ogni anno tramite tecnologie non provate. Nel breve periodo, l’accettazione di tali modelli potrebbe indebolire la risoluzione nell’affrontare le opzioni di mitigazione politicamente difficili e comportare di scommettere tutto su un aumento delle NET rispetto all’immensa sfida successiva. Dal punto di vista etico, i potenziali perdenti di una scommessa persa sulle NET sono le generazioni future, specialmente le più povere tra loro, che sarebbero più vulnerabili se fallissmo e chi non potesse eventualmente acconsentire».
Per ’Easac gli attuali Nationally Determined Contributions (Ndc) «Devono essere rafforzati e la mitigazione diventa la prima priorità rispetto a qualsiasi dipendenza da future NET», ma « L’attuale incapacità di invertire la crescita delle emissioni globali significa che il rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi dipende sempre più dalla diffusione delle NET. Nel determinare la politica dell’Europa verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, le NET devono essere valutate e rivalutate continuamente e in modo critico e considerate in concomitanza con la futura strategia di mitigazione. I modelli climatici suggeriscono che l’applicazione anticipata delle NET in parallelo con la mitigazione offre maggiori possibilità di raggiungere gli obiettivi degli accordi di Parigi ed evitare effetti ambientali e sociali catastrofici, piuttosto che applicare le NET su scala più ampia a partire da questo secolo. I governi nazionali e dell’Ue dovrebbero identificare un programma europeo di ricerca, sviluppo e dimostrazione per le NET, che sia in linea con le proprie competenze e la propria base industriale».
Ma per la rimozione della CO2 la lotta alla deforestazione, il rimboschimento, l’aumento dei livelli di carbonio nel suolo e il miglioramento delle zone umide rimangono gli approcci CDR più vantaggiosi e fattibili e gli scienziati europei dicono che «Dovrebbero ora essere attuati come soluzioni a basso costo pertinenti sia per i Paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo. Tuttavia, è probabile che la capacità di questi pozzi venga pienamente utilizzata entro pochi decenni».
Il ruolo della bioenergia con la cattura e lo stoccaggio del carbonio (BECCS) è ancora legato a grossi rischi e incertezze, «sia per il suo impatto ambientale che per la sua capacità di ottenere una rimozione netta di CO2 dall’atmosfera. Le grandi capacità di emissioni negative fornite dalle BECCS negli scenari climatici che limitano il riscaldamento a 1,5° C o 2° C non sono supportate da analisi recenti e i responsabili politici dovrebbero evitare decisioni affrettate che favoriscano come BECCS una singola tecnologia. In futuro è probabile che sia necessaria una suite di tecnologie».
Progressi significativi sono stati ottenuti con la cattura diretta dell’aria con stoccaggio del carbonio (DACCS) ma non è ancora possibile identificare una tecnologia preferibile. Anche il potenziamento degli agenti atmosferici e la mineralizzazione del carbonio in situ ed ex situ richiedono ulteriori ricerche di base prima che il loro potenziale possa essere adeguatamente valutato.
Nel 2018 gli Usa hanno assegnato sgravi fiscali a progetti di CCS, e il Regno Unito ha analizzato delle strategie per ridurre i costi del CCS e ha recentemente annunciato un piano d’azione per consentire lo sviluppo del primo impianto di carbon capture usage and storage britannico, i cui lavori dovrebbero cominciare a partire dalla metà del 2020. Potrebbero essere realizzati hub di trasporto e stoccaggio simili a quelli previsti in Norvegia, in modo che i piani di cattura di CO2 possano essere sviluppati in luoghi in cui le industrie ad alto potenziale sono strettamente collegate e potrebbero utilizzare strutture di trasporto e stoccaggio sostenute dal governo con minori investimenti economici.
L’Easac, «accoglie favorevolmente questi primi tardivi passi» e ribadisce che «Questi sforzi dovrebbero continuare a sviluppare sistemi CCS in una tecnologia di mitigazione pertinente e relativamente poco costosa» e che «massimizzare la mitigazione con tali misure ridurrà la necessità futura di eliminare la CO2 dall’atmosfera».
Dato che la Commissione europea riconosce che la realizzazione di impianti CCS è ancora necessaria, tenuto in considerazione che sia la struttura più avanzata di CCs è in Norvegia e che con la Brexit anche il Regno Unito uscirà dall’Ue, gli scienziati fanno presente che l’Unione europea «potrebbe dover coordinarsi con tali strutture per sviluppare un sistema europeo integrato di CCS».
Per quanto riguarda la bioenergia, il passaggio dal carbone alla biomassa importata continua e riguarda molti milioni di tonnellate all’anno. All’Easac mettono in guardia: «Questo sviluppo altamente problematico è guidato da regole che consentono a tutte le biomasse importate di essere considerate come zero emissioni nella fase di combustione. Questa contabilizzazione, a sua volta, riduce le emissioni dei Paesi dichiarate nel sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell’Ue, sebbene questa pratica possa aumentare effettivamente le loro emissioni. La scienza che mostra la portata degli effetti perversi del conteggio di tutte le biomasse rinnovabili è diventata più solida. Non differenziando tra biomassa rinnovabile e non rinnovabile, è più probabile che gli obiettivi di Parigi saranno superati».
La conclusione è comunque sempre la stessa: «Attraverso la loro mancanza di azione, i responsabili politici stanno aumentando il rischio di pericolosi cambiamenti climatici» e l’Easac sottolinea che «Per riflettere gli impatti climatici reali nei prossimi 10-20 anni e per differenziare gli utilizzi positivi e negativi della bioenergia sul clima, è essenziale che la contabilità bioenergetica venga adeguata. Inoltre, i responsabili politici dovrebbero eliminare i sussidi per le biomasse non rinnovabili, una fonte di energia che sta accelerando il cambiamento climatico».