Colonialismo vecchio e nuovo? Nucleare e colpi di stato

Perché il nucleare (e l’uranio) non potrà mai essere una vera alternativa energetica a petrolio e gas

[7 Agosto 2023]

Se la guerra in Ucraina ha evidenziato che impianti e reti energetiche sono obbiettivi prioritari in qualsiasi conflitto, prova ne sono pure i recenti colpi colpi di stato nei paesi del Sahel dove è ben presente la milizia Wagner, l’ultimo in ordine di tempo nel Niger, paese che con le sue enormi distese desertiche (meno del 12% del territorio e’ coltivabile), e’ ricco solo di povertà (solo 5 paesi al mondo sono più poveri per PIL pro-capite), ma ancor di più di uranio (6,5% della produzione mondiale, per ben oltre il 50% estratto dalla Orano, multinazionale controllata dallo stato Francese [1], combustibile per bombe atomiche e centrali nucleari, ma risorsa molto meno disponibile e ancor più “centralizzata” (come vedremo dopo) rispetto a oil e gas.

Il nucleare in europa è in questi ultimi anni apparentemente rilanciato da Francia e Finlandia, solo in parte dal Regno Unito, mentre in Italia e’ tanto “sponsorizzata”, da molti anche nel governo, come il Ministro  all’ambiente (sic !) Gilberto Pichetto Fratin.

Ma  potrà essere una vera alternativa energetica al petrolio e gas russo? Al di là degli approcci ideologici e politici, quali sono i reali scenari che si possono delineare con l’eventuale massiccio ricorso all’energia nucleare in Europa? E con quali tempi ? Occorre allora approfondire  4 aspetti.

Tempi di costruzione e costi economici (di costruzione e gestione), approvvigionamento dell’uranio e  rischi ambientali.

Tempi e costi dell’energia nucleare

Al di là della tanta disinformazione, propaganda e fake news, quali sono stati i  tempi di realizzazione ed i costi delle più moderne e più recenti centrali nucleari europee?:

  • il 21/12/2021 e’ stata avviata la centrale di Olkiluoto (Finlandia), con moderno reattore francese di Areva (Siemens dopo 10 anni lasciò il consorzio), che è diventata la centrale nucleare più potente d’Europa. Autorizzazione e inizio dei lavori sono del 2002. Pertanto è entrata in produzione 21 anni dopo l’autorizzazione, e con un costo finale che dai previsti di 3,2 miliardi di euro alla  fine ha superato gli 8,5 miliardi . [2]
  • In Francia Edf ha comunicato nel dicembre scorso che il reattore Epr di Flamanville, dovrebbe iniziare le operazioni nel primo trimestre del 2024 e costare 13,2 miliardi di euro. Il progetto del reattore era stato annunciato nel 2004, quando si prevedeva un costo di 3 miliardi di euro e che sarebbe entrato in funzione nel 2012. [3]

Tempi. Se l’energia nucleare in paesi che certamente non sono tecnologicamente arretrati come  Francia e Finlandia, ha tempi di realizzazione di più di due decenni dalle autorizzazioni rilasciate, è sensato stimare che volendo costruire in Italia un buon numero di centrali  (con i particolari problemi di localizzazione dovuti ad alta densità di popolazione, sismicità e fragilità geologiche, patrimonio storico architettonico e paesaggistico, e scontatissime opposizioni, referendum, ecc.), se ne  vedrebbe l’eventuale avvio realisticamente solo intorno al 2050 (ammesso e non concesso).

E’ insomma sicuro che per l’Italia l’energia nucleare non è una soluzione dai tempi brevi o medi. Ma eventualmente solo una prospettiva dai tempi lunghi, di veramente tanti decenni, tempi incompatibili con i problemi odierni, basta vedere che in ambito europeo i governi  meno sprovveduti hanno già deciso e presentato piani energetici che per le energie rinnovabili si prefiggono obbiettivi  estremamente ambiziosi da raggiungere al 2030/2035 (Energie europee, tra guerre, pandemie e crisi climatica – Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile); con in prima fila anche la Gran Bretagna e la Francia, oltre che l’Olanda, la Spagna e la Germania Federale [4][5][6][7]. Del tutto assente invece l’Italia del “piano Mattei” tutto incentrato sul cambiare distributore del gas: da Putin agli “affidabili” Egitto, Algeria, Azerbajgian, Emirati e principi sauditi.

Costi. Il problema, quando si parla di  energia nucleare, è quello che da sempre i costi dichiarati  alla presentazione dei progetti di tutte le centrali nucleari hanno poi avuto nella realtà degli aumenti esponenziali, essenzialmente legati a due motivi:

  • costi delle procedure e dei sistemi tecnologici di sicurezza dai rischi di contaminazioni radioattive sempre (strumentalmente?) sottovalutati  alla presentazione dei progetti, ma che emergono solo in corso d’opera, quando oramai nessuno ragionevolmente si può opporre perché indispensabili per evitare incidenti e contaminazioni spesso estremamente serie e che non si possono comunque mai escludere. In meno di 50 anni i fatti di Three mile Island negli Usa, Cernobyl in URSS e quindi Fukushima in Giappone (mediamente uno ogni 15 anni), hanno infatti dimostrato che sono sempre possibili anche nei paesi più avanzati. Ed i relativi costi non si possono certo diminuire, ma casomai potranno solo aumentare.
  • costi legati  allo smantellamento e alla gestione, per secoli (!) di rifiuti, con la Corte dei Conti francese che più volte ha criticato il gigante energetico di stato Edf per aver sottostimato, nei primi smantellamenti fatti in questi anni, i costi di smantellamento del 100%  [7] (costi in genere non conteggiati nelle presentazioni dei progetti).

Disponibilità (reale) di uranio nel mondo

Produzione uranio nel mondo (2020) 47.000 T/a    di cui solo il 21,5% da paesi del G7+

Consumi di Uranio nel mondo (2020) 57.700 T/a  di cui oltre i 2/3 (67%) da Paesi del G7+

Il bilancio vede un saldo negativo, nel 2020 di 10.700 T; siamo a -18,5%, quindi la produzione  soddisfa solo l’81,5% dei consumi.

Ovviamente ci si chiede, come e’ possibile? Le rimanenti 11.700 tonnellate necessarie a equilibrare il fabbisogno dei reattori nucleari vengono dagli arsenali militari in smantellamento, per lo più ex Sovietici. L’accordo Usa-Russia di non proliferazione (detto anche megatons to megawatts), secondo il quale la Russia si impegnava a fornire agli USA uranio per i suoi reattori (Leu – Low enriched uranium al 3.5%) proveniente dall’uranio militare altamente arricchito (HeU – High enriched uranium al 93%) dell’arsenale atomico ex-sovietico. Gli Stati Uniti ottengono il 20% della loro elettricità dall’energia nucleare e circa la metà del combustibile per alimentare i reattori proviene attualmente dalle testate atomiche russe smantellate, che nel 2020 forniva quindi il 10% di tutta l’elettricità che consumano gli americani. E ora? L’assenza di informazioni da parte degli USA legittima molti dubbi.

Riserve di uranio per l’energia nucleare

Teoricamente, ipotizzando che tutto l’arsenale nucleare militare mondiale venga smantellato, si potrebbero ricavare 84.000 tonnellate di Leu sufficienti ad alimentare tutti gli attuali reattori civili per 8-10 anni – una vera e propria “riserva strategica” che sarebbe bene “consumare” per smantellare tutte le bombe nucleari. Quale è la disponibilità di uranio in rapporto ai consumi odierni?

Secondo l’Investing news network ® (Inn), che pubblica un sito web destinato al mondo finanziario e agli investitori, le riserve sarebbero nel 2021 di 4.098.700T che con i consumi odierni di 57.000 T/anno, significa che vi sarebbe uranio per 71 anni. {8}. Molto più “di parte” le stime della International atomic energy agency che stima in ben (si fa’ per dire) 106 anni, a parita’ di consumi  (quelli odierni).

Ma è già sicuro che i consumi aumenteranno con l’aumento del numero di centrali nucleari: ora sono 440 ma 60 sono in costruzione e 100 in ordine (in Turchia, India, Cina, Russia, Egitto, Arabia Saudita, ecc) [9] e la disponibilità reale dell’uranio dalla stima da 71/106 anni si ridurrà quindi  in modo importante:  qualunque nuovo programma nucleare, che sara’ operativo non prima del 2050, farà dunque i conti con una disponibilità  di uranio già in ulteriore fortissima riduzione -uranio non per tutti – uranio con prezzi che andranno alle stelle. D’altronde questa prima o poi sarà la fine inevitabile di tutte le energie prodotte bruciando combustibili (che sono risorse finite e che non si rinnovano).

Ma ritornando alla produzione inferiore ai consumi: la realtà è ben peggiore, perché se dal totale della produzione togliamo il fabbisogno dei paesi produttori, che però sono pure consumatori (e quindi che in caso di carenza di uranio sul mercato non venderebbero più il proprio uranio per consumarselo), la produzione realmente disponibile per Usa, Francia e U.K. e paesi del G7 allargato ad Australia, Corea del sud e Spagna, scenderebbe a sole 28.600T. Peccato pero’ che  quasi tutte, ben 25.500 T, siano di uranio prodotto da Kazakhstan e Uzbekistan, ma processato e arricchito dalla Russia che quindi lo controlla. E poi pure dal Niger (dove probabilmente non a caso si e’ inserito il Gruppo Wagner), e comunque dove con il colpo di stato militare la Francia rischia di essere “espulsa” da quella che era sostanzialmente una “colonia in altre forme”. Forse una vera e propria politica per accaparrarsi uranio e prendere per la gola Francia, U.K. e Usa ? Da segnalare comunque i tanti recenti tour in Africa: Macron (luglio 2022), la Presidente Meloni, il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, Lavrov, la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, e con una logica molto diversa, Papa Francesco, tutti a rinfrescare in diversi modi l’interesse per il continente con preziose risorse..

Per concludere: ha poi senso parlare di nuove rivoluzionarie tecnologie nucleari pulite come si legge spesso?  Annunciate da decenni  (già ai tempi del primo referendum sul nucleare venivano preannunciate – 1986/87) sono ancora oggi al palo. Si tratta in realtà di ricerche scientifiche ancora in fase di sviluppo, dagli esiti incerti come quasi 40 anni fa, e quando, e se, avranno successo, per  industrializzarle occorreranno almeno altri 10-20 anni. Solo a  quel punto si potranno allora progettare nuovi impianti, autorizzarli e poi aspettare i tempi di costruzione che nel campo dell’energia nucleare sono sempre di almeno altri 20 anni, prima di avere i primi KWh immessi realmente in rete.

L’esperienza delle fonti rinnovabili e’ emblematica: i primi pannelli solari FV  furono installati dalla Nasa nei satelliti alla fine degli anni 50, ma solo dal 2000 il FV e’ diventato un prodotto industriale sufficientemente maturo e competitivo, quindi solo allora si sono diffusi (50 anni dopo!).

Forse le “nuove” tecnologie nucleari sono più semplici, quasi banali e meno complesse?

Al di là (si fa’ per dire) del drammatico problema del cambiamento climatico, e’ evidente che le questioni energetiche sono assolutamente strategiche per qualunque nazione e se non si affrontano con scelte e politiche con una precisa e lungimirante visione strategica e geopolitica,  prima o poi ci si trova alla “canna del gas” o dell’uranio, ma sempre di oligarchi russi e non, generali golpisti e principi premedioevali.

E i paesi più ricchi al mondo di risorse sprofondano ancor più nella povertà che genera esodi biblici perché comunque continuano a essere controllati, dominati e depredati dai vecchi e nuovi colonizzatori: prima i paesi Europei, poi gli Usa, ma che da un po’ di anni hanno pure la “buona compagnia” dei competitor di Cina e Russia. Tutti comunque uniti appassionatamente per depredare il bottino facendosi tutte le guerre e golpe a loro utili.

 

di Lorenzo Partesotti

Nel 1985/88 coordinatore del movimento no nuks emiliano, poi analista in campo energetico e promotore nel settore delle energie rionnovabili