Caribù e trivelle nell’Artico: indiani e Canada contro Trump

Le tribù canadesi e statunitensi contro le prospezioni e le trivellazioni nell’Arctic National Wildlife Refuge

[15 Gennaio 2019]

Un gruppo di leader indigeni si è unito ai rappresentanti dell Gwich’in Steering Committee per consegnare  oltre 100.000 lettere provenienti da tutti gli Usa all’ufficio della SAExploration, a Houston, che chiedono alla compagnia a non entrare nell’Arctic National Wildlife Refuge.  La SAExploration è l’unica impresa ad aver richiesto do effettuare l’esplorazione sismica distruttiva nella pianura costiera del Refuge e intende cominciare già a febbraio. Con i Gwich’in  c’erano an che la Society of Native Nations, Indigenous Environmental Network, l’American Indian Movement of Central Texas e leader delle tribù Carrizo/Comecrudo, Lipan Apache, Coahuiltecan, Purepecha, Chumash, Tongva, Tewa, Cherokee, Oglala Lakota, Navajo e Purepecha e Sierra club, la più grande e autorevole associazione ambientalista Usa che spiega: «Uno degli ultimi ecosistemi intatti del mondo, l’Arctic Refuge è uno dei pochi posti negli Stati Uniti che non sia mai stato cementificato o industrializzato. L’esplorazione sismica nella pianura costiera – considerata il cuore biologico dell’Arctic Refuge e sacra per il popolo Gwich’in – porterebbe  veicoli industriali e attrezzature in questa zona sensibile e incontaminata, minacciando la fauna selvatica, comprese le tane delle madri e dei cuccioli di orsi polari, e lasciando cicatrici permanenti sul territorio».

Contro questo progetto  che era stato bloccato da Barack Obama ma che è fortemente voluto da Donald Trump, più di 250.000 persone hanno inviato e-mail e hanno chiamato per telefono gli uffic i della SAExploration, la  compagnia non ha risposto e non ha dato nessun segno di accogliere le preoccupazioni dell’opinione pubblica riguardo al danno che i test sismici farebbero all’Arctic Refuge.

Bernadette Demientieff, direttrice esecutiva del Gwich’in Steering Committee, ha detto che «SAExploration non è riuscita a rispondere a nessuno delle centinaia di migliaia di messaggi di persone in tutto il Paese che si sono levate con i Gwich’in in difesa dell’Arctic Refuge, quindi, oggi siamo qui oggi di persona per assicurarci che Jeff Hastings e il suo team sentano forte e chiaro il nostro messaggio. La pianura costiera è sacra per il popolo di Gwich ed essenziale per la nostra sicurezza alimentare e il nostro stile di vita. Non c’è posto per macchinari pesanti e test sismici distruttivi. Non faremo marcia indietro finché questo luogo sacro non sarà protetto».

Frankie Orona, cofondatore e direttore esecutivo della Society of Native Nations, ha aggiunto: «La gente deve capire che ciò che accade ai nostri parenti Gwich e alla fauna artica in Alaska ci colpisce in tutto il mondo. Il loro stesso modo di vivere, la cultura, l’aria, l’acqua e la terra sono in pericolo a causa delle trivellazioni che si svolgono nelle sacre pianure costiere. Questo attacco alla loro comunità è un attacco a tutte le generazioni future ed è il motivo per cui dobbiamo stare insieme in solidarietà per aiutarli a proteggere il futuro in modo che i nostri figli non sopravvivano solo, ma prosperino».

Bryan Parras di Sierra Gulf Coast, ha ricordato ai texani che «Houston deve collegare la quantità di pioggia senza precedenti dell’uragano Harvey con il clima in rapida evoluzione. La continua espansione dei combustibili fossili, anche se effettuata a migliaia di chilometri di distanza, ci mette tutti a rischio di futuri disastri climatici. E’ irresponsabile impegnarsi in distruzioni deliberate delle nostre ultime aree protette. Anche i Gwich’in e gli indigeni dell’Alaska sono stati colpiti e hanno visto il loro clima riscaldarsi il doppio del tasso del resto del pianeta. Dobbiamo stare tutti insieme per proteggere quegli ultimi luoghi sacri che rimangono».

Ma, nonostante lo shutdown del governo, l’amministrazione Trump si sta affrettando a fare piani per aprire l’Arctic National Wildlife Refuge alle trivellazioni, anche se la proposta sembra fortemente osteggiata dall’opinione pubblica che ha sommerso di lettere ed email di protesta anche il governo Trump, chiedendo che protegga l’Arctic Refuge. Ieri la banca multinazionale d’investimenti Barclays ha annunciato una nuova politica che rifiuta i finanziamenti per la trivellazione o l’esplorazione nell’Arctic Refuge.

E le grane per Trump vengono anche da oltre confine: il governo canadese, due territori e diverse First Nation hanno espresso preoccupazione per i progetti statunitensi di aprire alle trivellazioni le aree dove partorisce un grande branco di caribù che migra tra canada e Usa, nonostante ci siano accordi internazionali che li proteggono.

In una lettera inviata da Environment Canada all’ufficio dell’Alaska dell’Bureau of land management Usa si legge che «Il Canada è preoccupato per i potenziali impatti transfrontalieri di esplorazione e sviluppo di petrolio e gas pianificati nell’ Arctic National Wildlife Refuge Coastal Plain». Lo Yukon e i Northwest Territories (NWT) avevano avanzato  preoccupazioni simili: «Gran parte della fauna che vive nel … Refuge è condivisa con il Canada – sottolinea la lettera del NWT inviata a Trump – La conservazione di queste risorse condivise transfrontaliere è molto importante per i gruppi indigeni».

Il Porcupine herd è una delle poche popolazioni di caribù in salute rimaste nel grande nord canadese/americano ed è una risorsa essenziale per gli indigeni. Il  Canada afferma che i caribù sono protetti da 4 diversi accordi internazionali – tra cui due sugli orsi polari e uno sugli uccelli migratori – che impegnano gli Usa a preservare l’area. E Ottawa non molla: sulla questione c’è stato lo scambio di almeno tre note diplomatiche con  Washington. Il Canada vuole dagli Usa precise assicurazioni  sul contenuto dello studio di valutazione ambientale. Il NWT chiede che si tengano audizioni nelle comunità indigene canadesi che dipendono dalla mandria di caribù. «Sarà dura – ha detto Bobbi Jo Greenland-Morgan, capo del Consiglio tribale di Gwich’in – Non abbiamo a che fare con lo stesso tipo di governo con cui abbiamo avuto a che fare negli ultimi 30 anni».

A dicembre, gli Usa hanno pubblicato una bozza di proposta di studio di impatto ambientale per le concessione di licenze petrolifere e gasiere alla quale si possono fare osservazioni fino all’11 febbraio.

Per le popolazioni indiane canadesi e dell’Alaska la posta in gioco è alta: la stretta striscia di terra lungo la costa centrale dell’Alaska è l’area dove partorisce il Porcupine herd, una mandria di 218.000 caribù in crescita. Greenland-Morgan ricorda a tutti che «Gli animali sono una fonte regolare di cibo per la mia gente. Probabilmente mangiamo caribù almeno una o due volte alla settimana».

Se i caribù adulti possono convivere con gli impianti petroliferi, gli scienziati hanno dimostrato che bisogna assolutamente evitare qualsiasi disturbo per i cuccioli e il governo canadese ha scritto a Trump: «Il Canada è particolarmente preoccupato che la prospezione e lo sviluppo di petrolio e gas influenzeranno negativamente il successo riproduttivo a lungo termine del branco di caribù Porcupine».

E anche gli statunitensi sono consapevoli di questa possibilità: «Gli impatti potenziali, in particolare quelli relativi ai cambiamenti nella distribuzione dei siti di parto e nella sopravvivenza dei cuccioli dovrebbero essere più intensi per il Porcupine herd a causa della loro mancanza di precedente esposizione allo sviluppo di giacimenti petroliferi», afferma la bozza di valutazione di impatto ambientale che ammette anche l’importanza della mandria di caribù per le First Nation canadesi: «Queste comunità canadesi sarebbero tra le più propense a sperimentare potenziali impatti indiretti».

Craig Machtans del Canadian Wildlife Service, che rappresenta il Canada in un comitato internazionale che gestisce il Porcupine herd ha detto di avere un buon rapporto con la sua controparte in Alaska, ma da quando c’è Trump le cose sono cambiate con il rappresentante dell‘U.S. Fish and Wildlife Service che ora proviene direttamente dal Dipartimento degli interni Usa: «Ha un mandato diverso, Non sono sicuro che il rapporto sia lo stesso». I funzionari di Global Affairs Canada dicono che per ora gli Usa stanno rispettando gli accordi sul Porcupine herd, ma il Canada non ha potuto partecipare alla stesura della valutazione di impatto ambientale.

Michael Byers, un noto esperto canadese  di diritto internazionale che insegna all’università della British Columbia, ha detto che «Gli Stati Uniti potrebbero aver già infranto una clausola nell’accordo che impegna entrambe le parti a consultare l’altra prima che venga presa una decisione definitiva su tutto ciò che riguarda il futuro della mandria. C’è un obbligo di consultazione che attualmente non è stato attuato. Gli Stati Uniti hanno già detto che intendono vendere le licenze quest’anno».

Greenland-Morgan conclude: «Il mio popolo lotta da decenni per mantenere liberi i campi di parto del Porcupine herd, ma questa volta sembra diverso. Abbiamo sempre dovuto farlo, ma con l’amministrazione Trump è più difficile».