Le proposte di Elettricità futura in audizione alla Camera

Per un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a misura di energie rinnovabili

In ballo c’è la creazione di 90mila posti di lavoro e investimenti da 100 miliardi di euro, che si ripagherebbero da soli in meno di cinque anni

[5 Febbraio 2021]

La proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvata dal Governo uscente sarà con tutta probabilità modificata a fondo dal prossimo esecutivo, offrendo l’opportunità di apportare miglioramenti a uno dei capisaldi indicati dall’Ue: gli investimenti verdi, in particolare contro la crisi climatica. Un profilo dove gli investimenti nelle energie rinnovabili risultano prioritari, come illustrato da Elettricità futura – la principale associazione d’imprese attive nel comparto elettrico nazionale – in audizione alla commissione Attività produttive della Camera.

Con la proposta di Pnrr l’Italia ha pianificato investimenti complessivi per circa 210 miliardi di euro, 68,9 dei quali dedicati alla “rivoluzione verde”. Un discreto punto di partenza ma con molte lacune che restano da colmare, come già argomentato su queste pagine.

Per quanto riguarda in particolare la transizione energetica, il Pnrr fa riferimento al Pniec che già da un anno attende di essere modificato in modo da essere coerente con gli obiettivi europei sul clima al 2030 (-55% di emissioni di CO2 rispetto al 1990, contro il -40% circa del Pniec). «Sarà inoltre necessario destinare almeno il 37% (e non il 33% come nell’attuale ipotesi di Pnrr) del Next Generation Eu per realizzare il Green deal in Italia», aggiungono da Elettricità futura: «Il Pnrr deve innescare la partenza del Green deal, che se implementato mobiliterà nel solo settore elettrico italiano al 2030 100 miliardi di euro di investimenti e oltre 90.000 nuovi occupati» e a 50 Mt di CO2 evitate.

Per raggiungere il target emissivo del -55%, da Elettricità futura stimano che al 2030 il 40% della domanda di energia lorda nazionale dovrà essere soddisfatta da fonti rinnovabili. E il 70% di quella elettrica, oggi al 38%. Per colmare il gap servirebbero 120 GW complessivi installati sul territorio, mentre proseguendo con il trend attuale ci porteremmo appena a 66 GW: dovremmo installare infatti 6,5 GW l’anno, mentre la media dei nuovi impianti rinnovabili degli ultimi anni si è fermata ad appena +1 GW/anno.

Paradossalmente, la bozza del Pnrr però «prevede non più di ulteriori 5 GW entro il 2026 (peraltro limitati a pochissime tecnologie: eolico offshore, FV galleggiante, agrovoltaico su coperture). Noi – spiega Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura – stimiamo un fabbisogno di almeno 8 volte superiore entro il 2026 (cioè 40 GW) e di altri 25 GW nel periodo 2027-2030 per raggiungere al 2030 i 120 GW complessivi (target Green deal)». Inoltre nell’attuale bozza di Pnrr «non vengono menzionate iniziative per lo sviluppo delle bioenergie, della geotermia, dell’idroelettrico, del fotovoltaico utility scale e dell’eolico onshore», presentando un quadro oggettivamente monco sulle rinnovabili.

Ma per svoltare non è necessario “solo” aumentare le risorse economiche dedicate nel Pnrr alle rinnovabili, quanto accompagnarle con un piano di riforme che possa portare certezza e velocità nell’iter di permitting che precede la realizzazione degli impianti, oggi tanto deficitario che nemmeno gli incentivi economici già stanziati riescono ad essere spesi.

In quest’ottica tutte le istituzioni coinvolte – dai ministeri alle Regioni – sono chiamate ad un atto di responsabilità: l’obiettivo è giungere a «iter autorizzativi permettano la realizzazione dei nuovi impianti e il rinnovamento degli esistenti in tempi mai superiori ai 2 anni (Red II)».

L’opportunità di una svolta è unica dal punto di vista della tutela ambientale come dello sviluppo socio-economico, tenendo sempre ben presente che gli investimenti in rinnovabili hanno un valore intrinsecamente strategico per un Paese come il nostro che importa enormi quantitativi di combustibili fossili per alimentare la produzione di elettricità, per il riscaldamento e i trasporti: nell’ultimo decennio Elettricità futura documenta costi da 45 miliardi di euro all’anno in media per l’import, ma se nel 2030 riuscissimo a traguardare gli obiettivi del Green deal risparmieremmo 21 miliardi di euro/anno. Questo significa che i 100 miliardi di euro d’investimenti previsti per il comparto, con i loro 90mila posti di lavoro a traino, si ripagano in meno di cinque anni solo coi risparmi legati all’import di combustibili fossili.