Da Egec l’European geothermal market report 2020

Pandemia e politica stanno frenando la corsa della geotermia europea

A monte restano problemi di comunicazione: il rallentamento per questa fonte rinnovabile è «dovuto principalmente a decisioni politiche inadeguate, al non riconoscimento del suo enorme potenziale e all'insufficiente consapevolezza della sua competitività»

[3 Giugno 2021]

Nell’ultimo anno in Europa sono entrati in esercizio, alimentati dalla geotermia, 23 impianti di teleriscaldamento e 9 centrali per la produzione di elettricità: potrebbe sembrare molto in un Paese come l’Italia – dove le tecnologie geotermiche sono nate oltre due secoli fa, ma che non vede una nuova centrale dal 2014 – ma in realtà si tratta di un rallentamento, come mostra l’European geothermal market report 2020 pubblicato oggi dal Consiglio europeo per l’energia geotermica (Egec).

Il periodo 2010-2020 è stato infatti «un decennio di crescita sostenuta» per la geotermia europea, interrotto proprio in chiusura dalle ricadute economiche della pandemia da Covid-19, ma anche da percezioni distorte nella cittadinanza e (dunque) nella politica che alimentano sindromi Nimby e Nimto, un problema purtroppo comune anche ad altre fonti rinnovabili.

«Dal primo rapporto Egec nel 2010 il settore geotermico europeo è cresciuto e si è trasformato – commenta il presidente del Consiglio, Miklos Antics – Abbiamo visto decisioni politiche sbagliate arrestare la sua rapida crescita in diversi mercati chiave, ma abbiamo anche visto questa tecnologia diventare mainstream con le pompe di calore geotermiche nell’ultimo decennio. Siamo comunque fiduciosi di aver appena iniziato il decennio della geotermia e che una rapida crescita attenda il settore».

Nonostante i rallentamenti, i numeri della geotermia europea restano infatti confortanti: a fine 2020 risultavano presenti 3,5GWe di capacità geotermica installata per la produzione di energia, suddivisi su 139 centrali (di cui 34 presenti in Italia, storicamente concentrate in Toscana).

Anche il settore del riscaldamento e raffrescamento risulta ormai robusto. «Il mercato europeo delle pompe di calore geotermiche ha proseguito lungo le recenti tendenze, stabili nel 2020 nonostante le significative diminuzioni delle vendite in alcuni mercati nazionali (come la Polonia) a causa della pandemia di coronavirus», informano dall’Egec, dove documentano la vendita di 100mila pompe di calore negli ultimi dodici mesi lungo tutta Europa, arrivando a quota 2,1 milioni di pompe di calore installate per un totale di 27 GWth; al contempo nell’ultimo anno risultavano in esercizio «350 impianti di teleriscaldamento geotermico e altri 232 in varie fasi di sviluppo».

Eppure il rallentamento degli investimenti nel comparto è stato evidente. «Nessun nuovo Paese (a parte la Turchia) ha commissionato una centrale geotermica nel 2020 – osservano dall’Egec – e nel 2020 non è stato definito l’arrivo di nessun nuovo sistema di teleriscaldamento, a parte l’estensione di Hellishedi in Islanda».

Un contesto che secondo il Consiglio conferma ancora una volta che l’energia geotermica ha bisogno di politiche di sostegno, una concorrenza leale – con un prezzo del carbonio adeguato e la fine dei sussidi ai combustibili fossili – e un quadro politico ben definito per licenze, autorizzazioni e investimenti in innovazione.

Risultati però che appaiono difficili da conseguire soprattutto in un Paese come l’Italia, dove solo il 6% dei cittadini dichiara di conoscere davvero le energie rinnovabili, e dove la geotermia risulta particolarmente poco nota rispetto anche a Paesi europei con risorse assai meno generose delle nostre. Ciò che non conosce fa paura, e investire in una migliore comunicazione e informazione ambientale – trasparente, scientificamente accurata e non pregiudiziale – sembra sempre più una condizione essenziale per recuperare fiducia nella cittadinanza e superare le sindromi Nimby e Nimto.

«Gli ultimi 10 anni hanno evidenziato la rapidità con cui il settore geotermico può evolversi, tuttavia – conclude nel merito il segretario generale dell’Egec, Philippe Dumas – l’ultimo decennio racconta anche una storia di opportunità mancate, con alcuni Paesi che non sono stati all’altezza delle aspettative. Ciò è dovuto principalmente a decisioni politiche inadeguate, alla mancanza di riconoscimento del suo enorme potenziale e all’insufficiente consapevolezza della sua competitività».