Un nuovo indice di benessere che tiene conto di diverse dimensioni legate alla salute e alla sostenibilità

Oltre il Pil: il benessere economico e climatico in un’economia a emissioni zero

Ridefinire i nostri sistemi energetici comporterà inevitabilmente costi a breve termine

[16 Aprile 2024]

Lo studio “Multidimensional welfare indices and the IPCC 6th Assessment Report scenarios”, pubblicato su Ecological Economics, da Johannes Emmerling della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici – Cmcc,  Ulrike Kornek della Christian-Albrechts-Universität Kiel e del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change e Stéphane Zuber del Centre d’Economie de la Sorbonne dell’Université Paris e della Paris School of Economics, confronta gli scenari climatici degli ultimi rapporti dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) in base a diversi fattori che compongono un indice di benessere multidimensionale, tra cui energia, uso del suolo, PIL e inquinamento atmosferico.

Il nuovo studio fa parte del progetto CAPABLE, coordinato dal CMCC, finanziato dal programma Horizon Europe dell’Unione Europea e portato avanti da un consorzio transdisciplinare composto da 10 istituzioni partner e università in tutta Europa.  Alla Fondazione CMCC evidenziano che «CAPABLE mira a fornire raccomandazioni robuste, resilienti e attuabili per la progettazione di misure politiche climatiche socialmente ed economicamente accettabili per il 2030 e oltre«.

Il Prodotto Interno Lordo (PIL) rimane la misura predominante del successo economico di un Paese, ma si stanno diffondendo sempre di più metriche alternative al PIL e nel nuovo questo studio, i ricercatori esplorano gli scenari climatici delineati nell’ultimo rapporto dell’IPCC, valutandoli e confrontandoli attraverso il punto di vista del welfare a più dimensioni.

Emmerling spiega che «Abbiamo derivato un indice di benessere con un approccio basato su una funzione di benessere, semplice da applicare ed intuitivo. Applichiamo una serie di specifiche dell’indice di benessere, mirando a ottenere classifiche robuste dei target politici climatici che si comportano meglio in termini dell’indice di benessere multidimensionale».

In particolare, oltre al PIL, i ricercatori includono diversi fattori, come: temperatura, emissioni di ossidi di azoto (NOx) e zolfo come indicatori degli impatti sulla salute, disponibilità di cibo come indicatore degli impatti sulla salute legati all’agricoltura e al consumo alimentare, produzione di elettricità come indicatore dell’accesso all’energia e della fornitura di energia pulita, copertura forestale come indice della conservazione della biodiversità.

Lo studio  ha classificato gli scenari alternativi del recente IPCC’s 6th assessment report (AR6) e testato in quali casi il raggiungimento di target climatici più rigorosi migliora il benessere, scoprendo che «in molti scenari il benessere migliora con una temperatura globale più bassa, con alcune importanti eccezioni».

Emmerling  spiega ancora: «Vediamo che mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 o 2 gradi porta a risultati ancora migliori in termini dei nostri indici di benessere multidimensionali. Solo se diamo un peso molto alto alla disponibilità di cibo nell’indice, la rigorosa mitigazione del cambiamento climatico compete con una maggiore disponibilità di cibo a livello globale. Il raggiungimento di target politici climatici più rigorosi migliora generalmente il benessere umano a medio e lungo termine, anche quando la mitigazione del cambiamento climatico ostacola lo sviluppo in altre dimensioni del benessere umano a causa dei costi più elevati o delle perdite di reddito, ma anche ad esempio per quanto riguarda la disponibilità di cibo. Pertanto, gli sforzi per ridurre le emissioni sono di estrema importanza. Tuttavia, è importante notare che il raggiungimento di target climatici rigorosi è spesso associato alla riforestazione e alle colture dedicate alla bioenergia che competono con l’uso del suolo per garantire la disponibilità di cibo. Questo indica che alleviare il trade-off tra mitigazione del cambiamento climatico e disponibilità di cibo è anch’esso cruciale».

Infine, i ricercatori dimostrano che «La perdita di PIL derivante da target climatici stringenti è un concetto molto limitato dei costi delle politiche. Solo aggiungendo gli altri 6 indicatori, il rapporto tra severità dei target e PIL si ribalta nella maggior parte dei casi. Questo conferma la necessità di considerare il welfare oltre al solo PIL».

Emmerling conclude: «La transizione da un’economia basata su combustibili fossili a basso costo a una senza carbonio sarà costosa. Pertanto, le perdite di PIL previste sono state usate come argomento principale per ritardare o evitare la decarbonizzazione. Eppure, abbiamo visto che anche se includiamo il PIL e altre dimensioni del benessere, mantenere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di rimanere ben al di sotto di 2 gradi risulta essere una scelta migliore rispetto a scenari meno rigorosi».