Utilitalia: “Servo impianti e al più presto”

Mezzogiorno, i “viaggi dei rifiuti” costano 75 milioni di euro l’anno di Tari

Malissimo anche l’impatto ambientale: 14mila tonnellate di CO2 equivalente per colpa dei 25 mila tir impiegati annualmente per portare la spazzatura in giro per l’Italia

[26 Ottobre 2020]

Non costruisci impianti per la corretta gestione integrata dei rifiuti? Male, molto male, perché dato che gli scarti continuiamo a produrli, solo nel 2018 dal Sud Italia sono partiti 25mila i tir verso gli impianti del Nord, e altri 10mila si sono mossi tra regioni del Sud. Lo rivela Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende di servizio pubblico, che precisa: ciò si è tradotto in 22 milioni di chilometri percorsi, con importanti costi: dal punto di vista ambientale, con l’emissione di 14mila tonnellate di CO2 equivalente, ed economico, con 75 milioni di euro aggiuntivi sulla Tari pagata dai cittadini. Si perché come dovrebbe essere noto, più gli impianti sono lontani e più la Tari sale.

“La carenza e la non equilibrata dislocazione degli impianti – spiega il vicepresidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – è la prima causa dei viaggi dei rifiuti lungo la Penisola. Il paradosso è che i cittadini dei territori nei quali non ci sono sufficienti impianti sono costretti a pagare le tariffe dei rifiuti più alte ed hanno una qualità ambientale più bassa. E’ un classico caso di servizio inefficiente a fronte di tariffe più alte per la cittadinanza, e al contempo un esempio di quali siano i costi del non fare: al contrario gli impianti sono investimenti in grado di produrre ricchezza negli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva”.

Si chiamano “viaggi dei rifiuti” e comportano gravi costi economici e ambientali, nonché un eccessivo ricorso alla discarica: nel Mezzogiorno il 41% dei rifiuti viene ancora smaltito in questo modo (mentre l’UE impone di scendere al di sotto del 10% entro il 2035), e al contempo la vita residua delle discariche in esercizio si stima che arrivi solo fino al 2022.

Gli impianti di trattamento sono infrastrutture essenziali e non più differibili, la cui realizzazione porterebbe notevoli vantaggi economici, ambientali e sociali: investimenti in grado di produrre ricchezza in quegli stessi territori che attualmente spendono risorse in maniera improduttiva. Sono questi alcuni degli elementi che emergono dalla ricerca “I fabbisogni di trattamento dei rifiuti urbani nel Sud” realizzata da Utilitalia e presentata in occasione del Green Symposium di Napoli; nello studio viene scattata una fotografia della situazione attuale e allo stesso tempo disegnato lo scenario al 2035.

Se si pensa che la questione sia solo del Sud, però, ci si sbaglia di grosso: l’economia dei rifiuti al Nord risulta maggiormente integrata in un mercato più ampio, anche sovranazionale, in linea con l’ampia disponibilità e varietà impiantistica che caratterizza la macroarea, ma il minore grado di autosufficienza si riscontra anche nel Centro Italia, da dove quasi 5 Mt nel 2016, corrispondenti al 14% del totale movimentato, vengono trasferiti verso altre macro-aree.

Per quanto riguarda invece le 8 regioni del Sud, nel 2018 erano operativi 69 impianti di trattamento del rifiuto organico, 51 impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), 6 inceneritori, 2 co-inceneritori e 46 discariche. Il Mezzogiorno ha esportato verso le regioni del Centro-Nord 420mila tonnellate di organico (il 30% della produzione), mentre altre 80mila sono state movimentate all’interno del Sud stesso; per quanto riguarda il rifiuto indifferenziato e trattato nei TMB ai fini del recupero energetico, sono state esportate 190mila tonnellate (il 18% di quanto è stato trattato nei termovalorizzatori del Mezzogiorno), mentre altre 70mila tonnellate si sono mosse all’interno della macroregione.

Secondo l’analisi di Utilitalia – che tiene conto dei target fissati dal Pacchetto Ue sull’economia circolare al 2035, e in particolare del raggiungimento del 65% di riciclaggio e dell’uso della discarica per una quota al massimo del 10% – considerando la capacità attualmente installata, se si vuole annullare entro quella data l’export dei rifiuti, servono investimenti pari a 2,2 miliardi di euro, oltre a quelli per lo sviluppo delle raccolte differenziate e dell’applicazione della tariffa puntuale: ciò per soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica per ulteriori 2 milioni di tonnellate, e di incenerimento con recupero di energia per ulteriori 1,3 milioni di tonnellate.

L’economia circolare infatti non gira da sé, e senza una politica industriale a supporto e senza la dotazione impiantistica necessaria sul territorio, gli unici a girare sono i rifiuti in cerca di una destinazione (legale, quando va bene) dove essere smaltiti.

Nello specifico, nel Mezzogiorno la realizzazione degli impianti di trattamento del rifiuto organico, oltre a chiudere il cerchio dei rifiuti a livello macro-regionale, permetterebbe di produrre 140 milioni di metri cubi l’anno di biometano: un quantitativo in grado di soddisfare la necessità di riscaldamento di 140mila famiglie, con un risparmio di 260mila tonnellate di CO2 l’anno.