Lazio, approvato il nuovo piano regionale rifiuti. Ma gli impianti per gestirli?

Secondo l’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale servirebbe «una pianificazione più realistica e una dotazione impiantistica più adeguata agli effettivi flussi regionali»

[7 Agosto 2020]

Il Consiglio regionale del Lazio ha approvato a maggioranza il nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti – con focus sia sugli urbani sia sugli speciali – dopo una seduta fiume iniziata il 28 luglio e terminata il 5 agosto, lungo la quale sono stati discussi oltre 700 emendamenti (130 accolti).

Particolarmente acceso il dibattito sulla definizione degli Ambiti territoriali ottimali (Ato), le zone in cui viene diviso il territorio regionale per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti stessi, e sulla questione dei termovalorizzatori.

Sul primo punto, alla fine, l’Aula ha approvato un emendamento che prevede il ritorno alla definizione degli Ato su base provinciale, cancellando quindi la previsione di un sub ambito riferito alla città di Roma (che però sarà comunque obbligata a essere autosufficiente per quanto riguarda gli impianti di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, discariche comprese).

Sul secondo punto l’assessore Valeriani ha invece dichiarato che «questo elemento della termovalorizzazione non ci convince. Lo abbiamo detto a più riprese, le opinioni sono nettamente differenti. Noi abbiamo costruito un Piano che punta a marginalizzare sempre di più gli impianti di smaltimento, termovalorizzazione e discariche, in cui abbiamo posto come obiettivo prioritario la riduzione dei rifiuti, l’aumento della raccolta differenziata e, coerenti con le previsioni dell’economia circolare, il recupero e il riuso. Da qui l’opzione di riconversione di tutti i Tmb presenti nel Lazio, che dovranno diventare, come Colleferro, impianti che recuperano la materia. Meno rifiuti. Più riciclo. Più riuso. Meno quantità da portare a smaltimento».

È però necessario aggiungere che anche nei migliori modelli di economia circolare continueranno ad esitare rifiuti irriciclabili – il secondo principio della termodinamica non fa sconti a nessuno – dai quali è prioritario recuperare in energia o, in subordine, prevedere uno smaltimento in sicurezza. Sui Tmb, peraltro, i dati messi in fila da Ispra mostrano chiaramente come si tratti di impianti intermedi per la gestione rifiuti, che producono in uscita altri rifiuti/materiali da gestire: ad oggi il 53,4% viene smaltito in discarica, il 25,2% va a incenerimento mentre la quantità di materia riciclata è l’1,1%.

Più in generale, è utile osservare che l’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale (Acos) – un’ente indipendente istituito dallo stesso Consiglio comunale di Roma –  valuta come lacunosa la dotazione impiantistica prevista dal nuovo Piano regionale.

Nel dettaglio, la Acos rileva «la carenza nel PRGR di una programmazione impiantistica diversa dal solo compostaggio aerobico, laddove la digestione anaerobica della FORSU con produzione di biometano garantirebbe un miglior bilancio economico, energetico e ambientale (grazie alla riduzione delle emissioni di CO2). La previsione regionale di tale tecnologia appare invece limitata al trattamento prioritario della FOS (frazione organica stabilizzata) derivante dai TMB e solo in via residuale della FORSU».

Più in generale, e in ragione della forte dipendenza dell’Italia dalle importazioni di combustibili fossili per far fronte al proprio fabbisogno energetico, la Acos non intravede una contrapposizione fra recupero energetico – in termini sia di produzione di biometano, sia di energia elettrica e termica – e riciclo/riuso, al quale invece sembrano limitarsi le dichiarazioni contenute nel Piano. Piuttosto, proprio questa dipendenza «dovrebbe indurre a ottimizzare il sistema di gestione circolare dei rifiuti ricorrendo a entrambe le soluzioni».

«Per quanto riguarda in particolare la rappresentata capacità di termovalorizzazione regionale, l’impianto di San Vittore, che nel 2018 ha soddisfatto circa 360mila tonnellate di rifiuti, sarà sufficiente a gestire il CSS (combustibile solido secondario) derivante dal trattamento dei rifiuti indifferenziati regionali a partire dal 2022 solo se verranno rispettati gli scenari di Piano che prevedono una riduzione dei rifiuti e della raccolta differenziata, previsione tuttavia – sottolinea la Acos – già disattesa per le annualità 2018 e 2019». In conclusione, la Acos aveva suggerito di «approfondire tali aspetti per garantire una pianificazione più realistica e una dotazione impiantistica più adeguata agli effettivi flussi regionali, che sollevi anche la Regione Lazio dalla dipendenza alle esportazioni per la chiusura del ciclo dei rifiuti». Così però non è stato.