Legambiente: «Buona notizia, l’Italia non punti sulle deroghe»

Inquinamento atmosferico, dall’Ue via libera alla nuova direttiva per la qualità dell’aria

Oggi fino all’84% dei capoluoghi italiani è fuorilegge rispetto ai target, previsti nel 2030: i cittadini potranno chiedere risarcimenti in tribunale agli Stati inadempienti

[21 Febbraio 2024]

A 16 mesi dalla proposta avanzata dalla Commissione Ue per aggiornare le norme vigenti sull’inquinamento atmosferico, ieri Parlamento e Consiglio europei hanno trovato un accordo politico provvisorio sulla nuova direttiva per la qualità dell’aria (Aaqd).

Per affrontare l’inquinamento atmosferico, ad oggi l’Ue dispone di due vetuste direttive, risalenti al 2004 e al 2008, che verranno adesso superate con nuovi obiettivi validi a partire dal 2030; affinché si chiude l’iter legislativo, l’accordo provvisorio dovrà ora essere formalmente adottato da Parlamento e Consiglio europei, per poi approdare in Gazzetta ufficiale. A quel punto gli Stati membri dell’Ue – Italia compresa – avranno due anni per applicare le nuove regole.

La nuova direttiva inizia ad allineare gli standard di qualità dell’aria dell’Ue alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ad esempio più che dimezzando il valore limite annuale per l’inquinante principale (il particolato fine Pm2.5).

Respirare in condizioni di elevato inquinamento atmosferico – ciascun essere umano inala circa 14 kg d’aria al giorno – comporta infatti gravi ricadute sulla salute umana.

L’Agenzia europea dell’ambiente documenta che l’Italia vanta il record europeo di morti premature per inquinamento atmosferico – con ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3 – a fronte di circa 300mila decessi a livello europeo.

L’inquinamento atmosferico rappresenta dunque una vera e propria emergenza sanitaria, che grazie alla nuova direttiva Ue potrà essere ritorta in tribunale contro gli Stati membri indampienti.

Il testo sottolinea infatti che a cittadini e associazioni ambientaliste dovrebbe essere concesso l’accesso alla giustizia per contestare la mancata attuazione di questa direttiva negli Stati membri, e che i cittadini dovrebbero avere diritto a un risarcimento quando la loro salute è stata danneggiata a causa della violazione delle nuove norme.

«Gli europei potranno contare su una nuova Aaqd che contribuirà a garantire una migliore qualità dell’aria per tutti», affermano con soddisfazione le associazioni ambientaliste riunite nell’European environmental burea (Eeb), e anche da Legambiente accolgono l’accordo come una «buona notizia».

«L’accordo provvisorio raggiunto dalle istituzioni Ue – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico del Cigno verde – riguarda una serie di sostanze inquinanti, tra cui particelle fini (Pm2,5 e Pm10), biossido di azoto (NO2), biossido di zolfo (SO2), benzo(a)pirene, arsenico, piombo e nichel, tra gli altri, e stabilisce standard specifici per ciascuno di essi. Ad esempio, i valori limite annuali per gli inquinanti con il maggiore impatto documentato sulla salute umana, Pm2,5 e NO2, verranno ridotti rispettivamente da 25 µg/mc a 10 µg/mc (le linee guida Oms si spingono a 5 µg/mc, ndr) e da 40 µg/mc a 20 µg/mc».

Per l’Italia rispettare i nuovi obiettivi rappresenta una sfida cruciale, ma anche particolarmente sfidante dato lo sconfortante quadro attuale.

Prendendo in esame i dati 2023, il più recente rapporto Mal’aria di Legambiente mette chiaramente in evidenza che solo il 31% dei capoluoghi di provincia italiani è in linea con i nuovi limiti normativi previsti per il Pm10, percentuale che scende addirittura al 16% per quanto riguarda il Pm2.5; in altre parole il 69% e l’84% dei capoluoghi sarebbe oggi fuorilegge.

Per questo Legambiente chiede a Governo e regioni italiane un’azione decisa per colmare i ritardi: «Per una riduzione delle concentrazioni di smog – spiega il presidente nazionale dell’associazione, Stefano Ciafani – servono misure strutturali ed integrate: un ripensamento della mobilità urbana, implementando zone a basse e zero emissioni e ridisegnando lo spazio pubblico urbano con Città a 30 km/h e strade scolastiche; un investimento massiccio nel trasporto pubblico locale, nell’aumento delle ciclabili e nell’elettrificazione di tutti i veicoli. Un ripensamento del riscaldamento domestico, dell’industria, dell’agricoltura e la zootecnia».

Il timore, al contrario, è che l’Italia punti ad avvalersi di un allungamento dei termini (previsto dall’accordo politico) per rispettare la nuova direttiva europea, ritardandone l’applicazione fino al 2040; una scelta che comporterebbe però un sacrificio stimato in circa 100mila vite umane.

Anche per Legambiente è questa «l’unica nota stonata, la possibilità di richiedere da parte degli Stati membri, entro il 31 gennaio 2029 e per ragioni specifiche e a rigorose condizioni, un rinvio del termine per il raggiungimento dei valori limite di qualità dell’aria. Speriamo che il nostro Paese non punti da subito solo sulle deroghe, ma agisca speditamente per uscire dalla cronica emergenza smog», conclude Minutolo.