In Italia aumenta la raccolta differenziata ma anche gli scarti del riciclo

Assoambiente: «Ancora non superato l'obiettivo del 50% di riciclo effettivo previsto dalla direttiva europea al 2020»

[11 Gennaio 2024]

Nel 2022 la produzione di rifiuti urbani in Italia è diminuita dell’1,8% (a fronte di una crescita del pari al 3,7%), mentre al contempo è aumentata la raccolta differenziata (+1,2%) raggiungendo quota 65,2%, il che ha permesso al Paese di raggiungere – con dieci anni esatti di ritardo – l’obiettivo del 65% che si era dato per il 2012.

Questi dati sintetizzano il bicchiere mezzo pieno mostrato dal più recente rapporto Ispra sui rifiuti urbani, ma la gestione dei rifiuti non si ferma certo dopo aver suddiviso la spazzatura nei tanti sacchetti della raccolta differenziata.

«È un quadro con più luci che ombre quello che emerge dagli ultimi dati diffusi dall’Ispra», commenta infatti Chicco Testa, presidente di Assoambiente, l’associazione delle imprese private attive nei comparti dell’economia circolare.

In primo luogo, pur a fronte di una crescita della raccolta differenziata, l’Italia non ha superato ancora l’obiettivo del 50% di riciclo effettivo previsto dalla direttiva Europea al 2020 fermandosi al 49,2%. La qualità dei materiali raccolti in forma differenziata quindi è peggiorata nel tempo e sono aumentati gli scarti del riciclo, passati da 4,6 milioni di tonnellate a 4,8.

I dati Ispra evidenziano anche una leggera riduzione del recupero energetico, 100.000 tonnellate in meno. Il sistema degli impianti waste to energy italiano genera 4,5 MWh elettrici (in aumento sul 2021), cui si affiancano 2,3 MWh termici (in riduzione sul 2021). A questi valori vanno aggiunti circa 0,4 milioni di MWh elettrici e 0,2 termici, provenienti dai digestori anaerobici.

L’uso della discarica si è dimezzato dal 2013 al 2022, ma è ancora lontano dall’obiettivo di un quantitativo massimo per i rifiuti urbani del 10% al 2035, specie in alcune regioni (Sicilia, Toscana, Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata) con tassi superiori al 30%.

La riduzione nell’uso di inceneritori e discariche ha alimentato però l’aumento dell’export fuori Italia (+30%, da 550.000 a 830.000 tonnellate): l’Italia ha spedito all’estero l’equivalente dei rifiuti gestiti da due impianti di incenerimento medio grandi.

Ancora consistente è anche il flusso di export infraregionale, tra cui i rifiuti avviati a discarica in impianti fuori dalla regione di origine che sono stati pari a 492.000 tonnellate; è il cosiddetto turismo dei rifiuti, che pesa sulle tasche dei cittadini quanto sulla bilancia ambientale.

«Bene la riduzione dei rifiuti, il raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata, l’aumento di produzione energetica sia dagli inceneritori che dei digestori anaerobici, la stabilizzazione dei costi. Resta preoccupante – commenta Testa – l’aumento dell’export di rifiuti, il mancato aumento del tasso di incenerimento, il mancato raggiungimento dell’obiettivo relativo al tasso di riciclo effettivo, l’ancora elevato valore della circolazione infraregionale, l’alto tasso di conferimento in discarica».