Per il Coordinamento Free gli obiettivi sulle fonti rinnovabili «non differiscono sostanzialmente da quelli a suo tempo indicati dalla Sen» approvata nel 2017

Il nuovo Piano nazionale energia e clima non è in linea con l’Accordo di Parigi

Ronchi: «Si arriverebbe a una riduzione complessiva delle emissioni nazionali di gas serra del 37%, un valore inferiore di quello medio fissato a livello europeo»

[14 Gennaio 2019]

I ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e dei Trasporti hanno inviato nei giorni scorsi alla Commissione Ue la proposta di Piano nazionale per l’energia e il clima, con il quale l’Italia ha delineato i propri obiettivi in materia fino al 2030. La proposta di Piano sarà presto oggetto di dibattito anche in sede europea, con l’obiettivo di arrivare a una versione definitiva del testo entro la fine dell’anno; nel mentre – come spiegano dal Mise – anche a livello nazionale il testo si aprirà ora a «una consultazione a tutti i livelli e, soprattutto, con le parti interessate, comprese le parti sociali».

«Sarebbe stato preferibile procedere ad una consultazione preventiva con gli stakeholders prima di inviare la proposta», commentano dal Coordinamento Free – ovvero la più grande associazione italiana nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica –, che ora ritiene sia «indispensabile» una consultazione pubblica «approfondita e tempestiva, in modo da anticipare col testo revisionato le eventuali osservazioni alla proposta attuale di Piano da parte della Commissione europea».

Il Coordinamento ritiene infatti «timido» benché «positivo» il testo elaborato dal Governo, sottolineando fin d’ora i «principali aspetti critici», tra cui spicca in primis l’inadeguatezza degli obiettivi per le rinnovabili elettriche e termiche e per il contributo delle Fer (fonti energia rinnovabile) alla mobilità sostenibile: si tratta infatti di target che «non differiscono sostanzialmente da quelli a suo tempo indicati dalla Sen», ovvero la Strategia energetica nazionale approvata dal Governo Gentiloni nel novembre 2017, tanto che nei giorni scorsi anche il direttore di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio ha commentato su Twitter: «E diciamolo, il nuovo Piano energia e clima è una versione un po’ peggiorata della Sen di Calenda».

Dubbi anche sulle indicazioni di policy contenute nel Piano: «Condivisibili – commentano dal Coordinamento Free –, ma alcune misure e i relativi strumenti attuativi andrebbero precisati in modo più puntuale, mentre per altri ci sembra opportuno valutare l’opportunità di una loro revisione. Infine, mentre apprezziamo la completezza della disamina delle disposizioni già in essere – leggi, decreti, regolamenti, ecc. – soprattutto per quelle che interessano obiettivi la cui attuazione è potenzialmente più critica, riteniamo utile introdurre nella nuova versione di Piano l’analisi della loro adeguatezza a sostenere i target da realizzare entro il 2030, con eventuali proposte di modifica, e una valutazione della loro coerenza con uno scenario di totale decarbonizzazione al 2050».

Sul trend di decarbonizzazione delineato dal Piano nazionale energia e clima del resto c’è già più di un dubbio: «Nel complesso, rispetto al 1990, con i due scenari stimati dal Governo – spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente – si arriverebbe a una riduzione complessiva delle emissioni nazionali di gas serra del 37%. Si tratta di un valore inferiore di quello medio fissato a livello europeo al 40%, che sappiamo non essere in traiettoria con l’obiettivo di contenimento dell’innalzamento della temperatura globale al di sotto dei 2°C, stabilito dall’Accordo di Parigi». Un dato particolarmente preoccupante per l’Italia, visto che il nostro Paese è già oggi al centro dei mutamenti portati dai cambiamenti climatici nel mondo: l’anno che si è appena chiuso è stato il più caldo da oltre due secoli a livello nazionale, e nel corso dei 12 mesi sono stati 148 gli eventi climatici estremi, che hanno provocato 32 vittime.

Un quadro che non migliorerà senza politiche climatiche più incisive a livello globale, ma è l’Italia in primis a non mostrare ambizione: sia gli obiettivi di decarbonizzazione sia quelli legati alla penetrazione delle fonti rinnovabili dettagliati nel Piano nazionale energia e clima sono infatti inferiori a quelli stabiliti a livello comunitario.