Il Cese: reddito minimo dignitoso per tutti i cittadini dell’Ue che ne hanno bisogno

Contrari i datori di lavoro. In una delle regioni più ricche del mondo, un bambino su quattro a rischio povertà

[25 Febbraio 2019]

Il Comitato economico e sociale europeo (Cese – Eesc) ha approvato, con 158 voti favorevoli, 81 contrari e 12 astensioni, il parere “Per una direttiva quadro europea sul reddito minimo” che chiede alla Commissione europea di «adottare un quadro UE vincolante che stabilisca un reddito minimo adeguato in tutta Europa, adattato al tenore di vita in ciascuno Stato membro». Le ultime cifre di Eurostat mostrano che il 22,5% della popolazione dell’Ue è a rischio di povertà o di esclusione sociale, l’1% in meno rispetto al 2016, ma significa comunque che 112,9 milioni di europei sono poveri, 26 milioni dei quali sono bambini.
Nel 2017 , nell’Unione europea la disoccupazione di lunga durata è salita al 3,4% e nel 2016 il numero di lavoratori poveri nell’Ue era salito al 9,5%  rispetto all’8,3% del 2010.

Secondo il Cese «Poiché gli impegni dell’Ue miranti a ridurre di 20 milioni il numero di cittadini dell’Ue a rischio povertà in generale hanno fallito, per affrontare efficacemente il grave e persistente problema della povertà in Europa e ripristinare la credibilità dell’Unione, è necessario un quadro europeo vincolante sotto forma di direttiva.

L’attuale strumento per contrastare la povertà è l’open method of coordination (Omc) e nel parere redatto dal sindacalista greco George Dassis, l’ex presidente del Cese, attualmente a capo dell’ EESC Workers’ Group, si legge che «Non ha soddisfatto le aspettative. Non ha garantito un reddito minimo adeguato in tutti i Paesi dell’Ue, con il risultato che le disuguaglianze hanno continuato ad allargarsi all’interno e tra gli Stati membri, presentando un grave problema per la credibilità dell’Unione europea». Dassis aggiunge che «Uno strumento giuridico vincolante per un reddito minimo dignitoso è una misura basata sulla solidarietà in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali e altri testi giuridici, il cui scopo era quello di garantire una vita dignitosa a tutti i cittadini dell’Ue e combattere le disuguaglianze e l’esclusione sociale. Era anche un test per l’Ue che doveva mostrare “esserci per tutti i suoi cittadini”, altrimenti la ragione della sua stessa esistenza potrebbe essere messa in discussione. La questione di un reddito minimo è altamente politica. Si tratta di una decisione da prendere a livello dell’Ue e la Commissione non può nascondersi dietro il principio di sussidiarietà – in questo caso abusato – per decidere che non può fare nulla per un problema così importante che riguarda la dignità ei diritti umani».

Per il Cese, «Una mancanza di iniziativa da parte della Commissione sarebbe pertanto inaccettabile e renderebbe impossibile per i cittadini comprendere e sostenere il progetto Ue. L’utilizzo di uno strumento Ue  vincolante è indispensabile per ottenere regimi di reddito minimo che siano dignitosi. Per essere “decenti”, devono essere adeguati, accessibili e in linea con il costo medio della vita in ciascuno Stato membro».

Dassis ha avvertito che «E’ importante che l’Unione faccia qualcosa di concreto per le persone che non hanno nulla. Se ora fossimo indifferenti alla loro miseria, domani potrebbe essere troppo tardi».

Contro il  parere si è espresso l’ Employers’ Group del Cese che rappresenta i datori di lavoro europei, che ha presentato un contro parere. In particolare, gli imprenditori si oppongono all’utilizzo di una direttiva Ue o di uno strumento vincolante per l’istituzione di sistemi di reddito minimo dignitosi o adeguati negli Stati membri, sostenendo che «Il principio di sussidiarietà dovrebbe continuare ad essere applicato». Il gruppo ha anche «contestato che ci sia una base giuridica per questo nei trattati e nei testi giuridici dell’Ue».

Annunciando il voto contrario, il presidente dell’Employers’ Group, Jacek Krawczyk, ha detto che «Affrontare il reddito minimo a livello nazionale non è solo appropriato, ma anche più efficiente in quanto i sistemi di reddito minimo saranno adattati alle caratteristiche specifiche di ciascuno Stato membro». La controproposta dell’Employers’ Group è stata respinta con 142 no, 92 ì e 8 astenuti.

Il Cese  ricorda che «Un reddito minimo è una misura di assistenza sociale che garantisce a tutti i cittadini un reddito sufficiente per vivere una vita dignitosa. Mediante una direttiva, l’Ue potrebbe sostenere e indirizzare lo sviluppo di regimi di reddito minimo dignitosi negli Stati membri. Sebbene sia vincolante per ciascuno Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere, una direttiva offre ancora margini di manovra per la scelta della forma e delle modalità di attuazione.  Lo strumento vincolante si baserebbe su una metodologia comune per l’inquadramento dei “bilanci di riferimento” (ovvero panieri di prodotti e servizi – assistenza sanitaria e personale, alloggio, abbigliamento, mobilità, istruzione, tempo libero, relazioni sociali, cultura, ecc. Adattati allo standard di vivere in tutti gli Stati membri) in modo che i disoccupati e i lavoratori poveri dispongano delle migliori possibilità di integrazione nel mercato del lavoro e nella società. Questo strumento è particolarmente importante per affrontare la povertà infantile nell’Ue. E’ inaccettabile che in una delle regioni più ricche del mondo, un bambino su quattro sia ancora a rischio di povertà o esclusione sociale.  I regimi di reddito minimo dignitosi non avvantaggiano unicamente chi è nel bisogno, ma anche l’economia, nella misura in cui consentono alle persone di consumare e nel sostenere le PMI. I regimi di reddito minimo rappresentano solo una piccola percentuale della spesa sociale, e tuttavia forniscono un significativo ritorno sull’investimento.I Paesi con tali schemi sono maggiormente in grado di assorbire gli impatti negativi della crisi e di ridurre le disuguaglianze che minano la coesione sociale».

Nel 2013 il CESE aveva già adottato un parere in materia, chiedendo alla Commissione Ue di esaminare le possibilità di finanziamento di un reddito minimo europeo, con particolare attenzione alla possibilità di istituire un adeguato fondo europeo per finanziarlo. Nella sua risposta a quella richiesta, la Commissione europea aveva ritenuto che fosse prematuro. Il Cese ritiene che «A sei anni di distanza, e ora che è in gioco il futuro del progetto europeo, che valga la pena ripeterlo».