La nuova analisi di Greenpeace e Osservatorio di Pavia, sul terzo quadrimestre 2023

I media italiani sempre più distanti dalla crisi climatica, e vicini alle aziende fossili

Spadini: «La resistenza del Governo Meloni alla transizione energetica è ancora più evidente nel monitoraggio dei discorsi dei principali leader politici»

[12 Marzo 2024]

Il monitoraggio periodico sull’informazione della crisi climatica in Italia, condotto da Greenpeace in tandem con l’Osservatorio di Pavia, ha aggiornato i dati al terzo quadrimestre 2023.

Sono stati esaminati i cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), i telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7, e le 20 testate d’informazione più seguite su Instagram.

Ne emerge un quadro che vede articoli in calo sui principali quotidiani italiani, mentre aumentano le pubblicità di aziende fossili e inquinanti. E, al contempo, sui canali Rai raddoppia lo spazio per chi si oppone alla transizione ecologica.

«Con le vendite dei quotidiani ai minimi storici, la stampa italiana è sempre più dipendente dai finanziamenti delle aziende inquinanti – commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia – Un ricatto che investe anche telegiornali e programmi televisivi, dove ormai si fanno i salti mortali per evitare anche solo di nominare le responsabilità delle fonti fossili e dell’industria del gas e del petrolio. Oltre a mettere in pericolo il clima del pianeta e le nostre vite, Eni e le altre compagnie dei combustibili fossili impediscono un’informazione libera e indipendente su cui si basa la democrazia».

Più nel dettaglio, negli ultimi quattro mesi del 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 2,9 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma gli articoli realmente dedicati al problema sono meno della metà.

Allo stesso tempo cresce la pubblicità delle aziende più inquinanti (compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche): con l’unica eccezione di Avvenire, negli altri quotidiani esaminati si è arrivati a una media di una inserzione pubblicitaria al giorno.

L’influenza del mondo economico emerge dall’analisi dei soggetti che hanno più voce negli articoli sulla crisi climatica: al primo posto spiccano aziende ed esponenti dell’imprenditoria (31%), che staccano politici e istituzioni internazionali (11%) e nazionali (9%), e soprattutto tecnici e scienziati (11%).

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani: ancora una volta raggiunge la sufficienza soltanto Avvenire (con 6 punti su 10), migliora La Stampa (3,6 punti) mentre sprofondano le tre principali testate italiane: Il Sole 24 Ore (3,2 punti), Repubblica (3,0) e Corriere (2,4).

Il negazionismo climatico è un trend evidente soprattutto sulla stampa di estrema destra, che continua a diffondere posizioni negazioniste o comunque minimizzanti la crisi climatica in corso e il ruolo dei combustibili fossili nell’alimentarla, adottando sempre più frequentemente meccanismi di difesa psicologici primitivi di fronte ad una realtà che spaventa.

Ma evidentemente si tratta di una dinamica ormai diffusa anche su testate che non hanno nel pubblico di destra il proprio riferimento culturale, anche se resiste un nucleo di giornali – riuniti da Greenpeace nella Stampa libera per il clima, con anche greenreport – che promuove un’informazione indipendente e scientificamente fondata sulla crisi climatica.

Non va meglio sui telegiornali, dove si registra l’aumento delle narrative di resistenza alla transizione energetica, che raddoppiano rispetto al precedente periodo di analisi, passando dal 9,7% al 18,4%.

«Un sintomo dell’influenza della politica e del controllo del Governo Meloni sulla Rai – commentano da Greenpeace –, come si evince dal sensibile calo di attenzione della rete pubblica nei confronti della crisi climatica».

Il Tg5 e Studio aperto diventano infatti i telegiornali che hanno dato più spazio al riscaldamento del pianeta, con il 2,5% e il 2,4% sul totale delle notizie trasmesse, mentre per la prima volta il Tg1 scivola all’ultimo posto della classifica insieme al Tg4 e al Tg La7, con appena l’1,8%.

«La resistenza del governo italiano alla transizione energetica è ancora più evidente nel monitoraggio dei discorsi dei principali leader politici, in cui si riscontrano posizioni ambigue, se non addirittura contrarie, alle azioni per il clima», sottolinea Federico Spadini, campaigner clima di Greenpeace Italia.

Per quanto riguarda infine le testate d’informazione più diffuse su Instagram, canale di riferimento per i più giovani, le notizie sulla crisi climatica scendono dal 4,1% al 2,6% sul totale dei post pubblicati: hanno dedicato più attenzione alla crisi climatica tpi (9% sul totale dei post pubblicati), torcha (8%) e factanza (7,5%), mentre chiudono la classifica larepubblica (0,8%) e laveritaweb (0,8%).