Flussi di materia, l’Italia cancella dieci anni di progressi: consumiamo come nel 2013

Istat: «Sembra arrestarsi la tendenza al ribasso registrata a partire dal picco storico raggiunto nel 2006, riportandosi ad un livello superiore ai 500 MTon, registrato l’ultima volta nel 2013»

[26 Giugno 2023]

Dopo l’impatto catastrofico con la pandemia Covid-19 nel 2020, già dall’anno successivo l’Italia ha ripreso la propria attività economica su binari più insostenibili, sia per quanto riguarda i gas serra rilasciati in atmosfera sia per i flussi di materia consumati.

È questo lo spaccato che emerge da una doppia pubblicazione dell’Istat, che oggi ha alzato il sipario sia sull’edizione 2023 del rapporto statistico Noi Italia, sia sui flussi fisici dell’economia italiana, in entrambi i casi aggiornati al 2021.

Noi Italia ricorda che «nel 2021, con la ripresa della mobilità e delle attività economiche post Covid-19, le emissioni totali di gas serra aumentano del 6,2% rispetto all’anno precedente», con un trend che porterebbe alla neutralità climatica del Paese nel 2220 anziché nel 2050 come richiesto dall’Ue e soprattutto dalle conoscenze scientifiche maturate in materia.

Per quanto riguarda invece l’economia circolare, da Noi Italia sembra emergere un quadro stazionario se non in timido miglioramento. Nel 2021 i rifiuti urbani generati sono aumentati rispetto all’anno precedente (+2,3%), fino a 29,6 milioni di tonnellate, ma sono diminuiti quelli smaltiti in discarica (-5,6%, ora al 19%), avvicinandoci seppur di poco all’obiettivo indicato dalla direttiva Ue 2018/850, che esige, entro il 2035, di ridurre lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani a non più del 10%.

Peccato che l’economia circolare non si riduca alla sola gestione rifiuti, men che meno urbani (quelli speciali sono il quintuplo), ma imponga una gestione più sostenibile dei materiali che consumiamo.

Per capire a che punto siamo viene in soccorso ancora una volta l’Istat, soffermandosi in particolare sul Consumo di materiale interno (Dmc), ovvero una misura della quantità di materia calcolata come somma tra l’estrazione interna di materiali utilizzati (biomasse, minerali non energetici e combustibili fossili) e le importazioni nette.

«Nell’anno 2021 – osserva l’Istat – il Dmc aumenta considerevolmente (circa il 10%) rispetto al 2020, e sembra arrestare la tendenza al ribasso registrata a partire dal picco storico raggiunto nel 2006, riportandosi ad un livello superiore ai 500 MTon, registrato l’ultima volta nel 2013».

Dieci anni di piccoli progressi, spazzati via da un anno di pandemia. Così per l’Istat nel 2021 il Dmc è tornato a superare le 505 mln di tonnellate, a fronte di importazioni nette per oltre 158 mln di tonnellate. Allargando la panoramica dell’osservazione, il quadro peggiora ancora: il Dmi – cioè l’indicatore che esprime il throughput, ovvero la quantità totale dei materiali utilizzati in un anno, uguale all’estrazione interna più le importazioni – supera le 658 mln di ton, con le importazioni a quasi 308 mln di ton.

Una realtà che mette a rischio la sovranità economica del Paese, oltre che ovviamente il suo percorso di sviluppo sostenibile. Vale infatti la pena osservare che circa il 70% delle emissioni di gas serra globali sono legate all’estrazione e all’uso delle materie prime; in questo contesto, non solo l’Italia sta aumentando il prelievo – interno e internazionale – di risorse naturali, ma mostra anche un utilizzo in calo di materiali riciclati nella propria economia (18,4% sempre nel 2021, con un calo del 2,22% rispetto all’anno precedente).