Discariche, neanche la Commissione Ue può dire di preciso come gestire il percolato

La direttiva europea non vieta esplicitamente la reintroduzione del colaticcio nel corpo dei rifiuti, ma restano margini di discrezionalità

[9 Gennaio 2024]

Sono due i principali aspetti da considerare per una conduzione sostenibile delle discariche controllate, ovvero la gestione del biogas (prodotto naturalmente dalla biodegradazione dei rifiuti organici) e quella del percolato.

Quest’ultimo rappresenta il liquido che si origina dall’acqua piovana che filtra attraverso la discarica e dalla decomposizione delle componenti organiche dei rifiuti stessi; più precisamente, la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti definisce il “colaticcio”, o percolato, come “qualsiasi liquido che coli attraverso i rifiuti depositati e sia emesso da una discarica o contenuto all’interno di essa”.

Per fare chiarezza sulle possibili modalità di gestione del percolato, il ministero dell’Ambiente si è rivolto ai servizi della Commissione Ue ponendo due domande in particolare: è possibile gestire il percolato prodotto dalle discariche mediante il ricircolo dello stesso sul corpo rifiuti? È possibile prevedere la reimmissione diretta nel corpo della discarica del concentrato ottenuto dal trattamento di filtrazione del percolato o è necessaria, prima della reimmissione, la caratterizzazione di base nel rispetto dei criteri di ammissibilità previsti per la specifica categoria di discarica del rifiuto ottenuto dal trattamento di filtrazione?

Si tratta di domande dall’interesse non soltanto teorico, in quanto la poca chiarezza della normativa in questione ha già portato all’apertura d’indagini giudiziarie sul suolo nazionale.

A tali quesiti ha risposto direttamente la direzione generale Ambiente della Commissione Ue (si veda il documento allegato in fondo pagina), senza però poter dare una risposta esaustiva: è infatti la Corte di giustizia «l’unica a poter fornire un’interpretazione giuridicamente vincolante degli atti emanati dal Consiglio e dal Parlamento».

Se ne deduce che i margini d’interpretabilità della normativa ambientale, che tanto incidono sulla diffusione degli ecoreati – veri o presunti – nel nostro Paese, sono un problema non solo italiano ma anche comunitario.

La Commissione aggiunge inoltre che non può rispondere con precisione in quanto dal ministero «non sono state fornite informazioni specifiche sulle discariche interessate (numero, tipo di rifiuti trattati, anzianità e ubicazione), né sul tipo di trattamento a cui sarà sottoposto il percolato». È in grado però di offrire quanto meno degli orientamenti di carattere generale.

La direttiva 1999/31/CE «non vieta esplicitamente» la reintroduzione del percolato nel corpo dei rifiuti, tuttavia esclude la possibilità per gli Stati Membri di ammettere in discarica i rifiuti liquidi. «Pertanto – spiega la Commissione Ue – qualsiasi scenario di reintroduzione del colaticcio nel corpo della discarica deve considerare il colaticcio come tale e non come rifiuto».

Va da sé che i gestori delle discariche sono comunque chiamati a adottare le misure adeguate a limitare la quantità di acqua piovana che penetra nel corpo della discarica, e a raccogliere e trattare le acque e il percolato contaminati; questo si traduce nella necessità di realizzare un sistema di raccolta e di impermeabilizzazione del colaticcio.

«Il volume del colaticcio – aggiunge la Commissione – va misurato su base mensile durante la fase operativa della discarica e su base semestrale dopo la sua chiusura. Similmente, la composizione del colaticcio deve essere monitorata su base trimestrale durante il funzionamento e ogni sei mesi dopo la chiusura della discarica».

Pur non potendo rispondere con precisione alle domande del ministero italiano, la Commissione Ue avanza due sottolineature. In primis la composizione del percolato e il comportamento di assestamento del livello del corpo della discarica vanno «debitamente controllati» sia in fase di esercizio, sia post mortem.

In secondo luogo, la Commissione raccomanda che – per ogni discarica – le autorità competenti italiane (nella maggior parte dei casi, le Regioni) «richiedano, tramite l’autorizzazione della discarica, che il percolato, se reintrodotto nel corpo della discarica, venga preventivamente trattato per filtrare, come minimo, metalli pesanti, sali e azoto».