Presentato oggi a Milano il Was report 2023

Dalla gestione rifiuti 27,2 mld di euro di valore condiviso col sistema Italia

Ma le tempistiche degli enti pubblici e le sindromi Nimby stanno frenando gli investimenti Pnrr

[30 Novembre 2023]

L’edizione 2023 del Was report, elaborato come ogni anno da Althesys, è stata presentata stamani a Milano documentando come il comparto di raccolta e gestione rifiuti – sia urbani sia speciali – ha registrato nel 2022 un valore della produzione pari a 18,2 mld di euro (+10,5%), che a sua volta genera 27,2 mld di euro di “valore condiviso”.

Quest’ultimo è un concetto concepito ad Harvard e sviluppato in Italia dallo Shared Value Institute promosso sempre da Althesys.

Più nel dettaglio, è stato calcolato che la catena del valore del comparto della gestione rifiuti comprende 9,1 miliardi di ricadute dirette, date dal valore aggiunto e dal contributo fiscale delle imprese del settore; 8,45 miliardi di ricadute indirette, ossia il valore creato dai fornitori; 9,6 miliardi di ricadute indotte, grazie all’effetto leva sul sistema industriale prodotto con il recupero di materie prime seconde ed energia.

Questo significa che per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle aziende di gestione rifiuti, se ne generano 3,4 di ricadute economiche per tutto il Paese.

«Il Was report – spiega l’economista Alessandro Marangoni, ad di Althesys – offre il quadro di un’industria italiana della gestione dei rifiuti che continua a trasformarsi sotto l’impulso dell’innovazione, generando simbiosi industriali inedite e convergenze waste-energy, anche sulla spinta dei finanziamenti del Pnrr. Come dimostrano anche i dati sul valore condiviso, il settore dei rifiuti è a tutti gli effetti una componente essenziale del sistema economico e industriale del Paese, in grado di contribuire alla sostenibilità ambientale, alla salute, allo sviluppo economico e al progresso sociale».

Per quanto riguarda in particolare i rifiuti urbani, dalla fotografia del report emerge che quelli raccolti dai 115 principali operatori nella raccolta, trattamento e smaltimento si attestano nel 2022 a 21,47 milioni di tonnellate (+7%).

L’istantanea del settore evidenzia che il 92% del fatturato coinvolge 104 aziende della raccolta e trattamento, che hanno servito circa 4.411 Comuni, pari al 56% delle municipalità italiane, e 44 milioni di abitanti, equivalenti al 75% della popolazione.

Il 61% degli operatori ha proprietà pubblica, il 22% mista e il 13% privata. Il restante 4%, infine, è rappresentato da aziende quotate che comprendono le tre grandi multiutility (A2A, Iren, Hera) che costituiscono oltre un terzo del volume della produzione, servendo più di 870 Comuni e 11 milioni di abitanti.

Grazie soprattutto all’ampliamento delle attività di raccolta e trattamento sono fortemente aumentati gli investimenti (+11,8%) sull’anno precedente, arrivando a 955 milioni di euro. La quota destinata agli impianti (58% del totale), rimane la principale. Il 63,4% degli investimenti nel 2022 si deve alle grandi multiutility, in aumento rispetto al quasi 62% dell’anno precedente.

Passando ai rifiuti speciali, il report include di fatto sia le aziende attive negli urbani (25 su 115) che le principali (55) aziende specializzate nella raccolta e trattamento degli speciali.

Nel primo caso, oltre un terzo delle aziende gestisce sia urbani che speciali, con le 25 utility per cui sono disponibili i dati sui rifiuti speciali che hanno generato un valore della produzione aggregato di 5,57 miliardi di euro (+16%), circa metà di quello dei Top 115 player.

Le maggiori 55 imprese dei rifiuti speciali hanno invece un valore della produzione aggregato di 3,86 miliardi di euro, salito dell’8% grazie soprattutto ad acquisizioni effettuate da alcune società. Il comparto è frammentato, con i piccoli operatori specializzati e le piccole-medie imprese diversificate che sono l’82% del totale. I grandi gruppi sono appena il 5%, ma generano ben il 33% del valore della produzione.

Il rapporto dedica inoltre un focus alle  simbiosi industriali con convergenze tra settori rifiuti ed energia. Ad esempio, nel biometano emerge la ricerca di una simbiosi delle multiutility con le industrie produttive che ha portato all’inaugurazione di un impianto che produce biometano a partire da Forsu e da rifiuti agroalimentari; oppure come il riciclo chimico che vede applicazioni sia per il recupero dei rifiuti in plastica mista (plasmix), sia di trasformazione in materia prima da impiegare nella produzione di nuovi polimeri.

Alcune aziende, sia utility che del settore energetico, stanno esplorando poi le possibilità di sviluppo di tecnologie waste to fuel, volte alla produzione di carburanti dai rifiuti speciali provenienti da diversi settori industriali e commerciali. Ugualmente si stanno studiando processi per ottenere idrogeno dai rifiuti, sia urbani che speciali. Un altro ambito da considerare, che pure non esaurisce la varietà dei casi rilevati, è quello del waste to energy.

Infine, a un anno dall’uscita delle graduatorie dei progetti finanziati dal Pnrr per il settore dei rifiuti, il rapporto documenta che buona parte è in una fase intermedia, tra l’affidamento dei lavori di costruzione e il loro avvio.

L’analisi riguarda in particolare le Linee 1.1 B, relativa ai rifiuti urbani, e 1.1 C, riguardante fanghi, materiali assorbenti ad uso personale e tessili, del Pnrr, per un totale di 93 iniziative e 900 milioni di euro a disposizione.

«La decisione di assegnare le risorse agli enti pubblici, come aveva già segnalato il Was nelle scorse edizioni – sottolineano da Althesys – ha rallentato molto i tempi. Non solo, anche altri fattori ne stanno frenando lo sviluppo: tra questi, i fenomeni Nimby, che non hanno risparmiato impianti sia nel nord che al sud. Le principali infrastrutture, in termini di capacità, sono quelle per il trattamento di rifiuti urbani e Forsu rispetto a quelle per la gestione di fanghi, rifiuti tessili e materiali assorbenti ad uso personale. Nell’organico, però, si stima che solo tre regioni, soprattutto al centro-sud, al 2025 avranno ancora un deficit di capacità nella raccolta dell’organico, per circa 60mila tonnellate ciascuna, contro un surplus di quasi due milioni di tonnellate nel nord Italia (stime Cic)».