Criptovalute: soluzione per la sostenibilità o calamità climatica?

Onu: la blockchain potrebbe essere utile a combattere la crisi climatica e per contribuire a realizzare un'economia più sostenibile

[21 Giugno 2021]

La quantità di energia necessaria per alimentare la rete Bitcoin è sbalorditiva: secondo Tim Berners-Lee, ritenuto l’inventore del World Wide Web, «Il “Bitcoin mining” è uno dei modi più fondamentalmente inutili di utilizzare energia».

Come ricorda l’Onu, «I bitcoin non esistono come oggetti fisici, ma le nuove monete vengono “estratte”, o messe in circolazione, attraverso un processo che prevede l’utilizzo di potenti computer per risolvere complessi problemi matematici. Questo processo richiede così tanta energia che si stima che la rete Bitcoin consumi più energia di diversi Paesi, inclusi Kazakistan e Paesi Bassi. E, poiché le centrali elettriche a combustibili fossili costituiscono ancora una parte importante del mix energetico globale, si può dire che l’estrazione di Bitcoin sia in parte responsabile della produzione dei gas serra che causano il cambiamento climatico (sebbene, finora, l’impatto sul il clima è di gran lunga inferiore a quello dei settori pesanti come agricoltura, edilizia, energia e trasporti)».

Un altro problema è la quantità di energia necessaria per ogni transazione, che è enorme rispetto alle tradizionali carte di credito: ad esempio, alcuni esperi stimano che ogni transazione Mastercard utilizzi solo 0,0006 kWh (kilowattora), mentre ogni transazione Bitcoin consuma 980 kWh, sufficienti per alimentare una casa canadese media per più di tre settimane.

Nonostante questi problemi, gli esperti dell’Onu ritengono che «Le criptovalute e la tecnologia che le alimenta (blockchain) possano svolgere un ruolo importante nello sviluppo sostenibile e migliorare effettivamente la nostra gestione dell’ambiente».

Per l’Onu, uno degli aspetti più utili delle criptovalute è la trasparenza: «Poiché la tecnologia è resistente alla manomissione e alle frodi, può fornire una registrazione affidabile e trasparente delle transazioni. Questo è particolarmente importante nelle regioni con istituzioni deboli e alti livelli di corruzione».

Il World Food Programme (WFP), la più grande agenzia Onu che fornisce denaro a scopi umamnitari, ha scoperto che «La blockchain può aiutare a garantire che il denaro arrivi a chi ne ha più bisogno.

Il “Building Blocks” un programma pilota realizzato in Pakistan. ha dimostrato che per il WFP era possibile far ricevere il denaro direttamente ai beneficiari, in modo sicuro e rapido, senza la necessità di passare attraverso una banca locale.  Building Blocks, è stato anche sperimentato con successo nei campi profughi in Giordania, permettendo al WFP di creare una registrazione online affidabile di ogni singola transazione. E se questo può funzionare per i rifugiati, può funzionare anche per altri gruppi svantaggiati e vulnerabili.

Secondo un altro rapporto dell’United Nations  environment programme (Unep), tecnologia blockchain potrebbe migliorare i mezzi di sussistenza dei raccoglitori di rifiuti, che si guadagnano da vivere nell’economia informale: «Un sistema di monitoraggio trasparente potrebbe tracciare con precisione dove e come vengono utilizzati i rifiuti recuperati, nonché identificare chi li ha raccolti, garantendo che le persone giuste vengano ricompensate per i loro sforzi».

Il potenziale della blockchain nella protezione dell’ambiente è stato testato dall’Onu e da altre organizzazioni in numerosi altri progetti, dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni: si va da uno strumento per eliminare la pesca illegale nell’industria del tonno, sviluppato per il Wwf, alla piattaforma CarbonX che trasforma le riduzioni delle emissioni di gas serra in una criptovaluta che può essere acquistata e venduta, fornendo a produttori e consumatori con un incentivo finanziario a compiere scelte più sostenibili.

Per il rapporto “Climate change challenges and Blockchin opportunities” della Unep’s DTU Partnership (una collaborazione tra Unep, Università tecnica della Danimarca e ministero degli esteri danese), ci sono tre aree principali in cui la blockchain può accelerare l’azione per il clima: trasparenza, finanza climatica e mercati dell’energia pulita.

L’Unep’s DTU Partnership sottolinea che «I dati sulle emissioni nocive di gas serra in molti Paesi sono incompleti e inaffidabili. Le soluzioni blockchain potrebbero fornire un modo trasparente e affidabile per mostrare come le nazioni stanno agendo per ridurre il loro impatto sul clima.I finanziamenti per il clima – investimenti che contribuiscono a rallentare il tasso di cambiamento climatico – potrebbero essere potenziati, se i mercati del carbonio venissero ampliati, consentendo alle imprese e alle industrie di passare a tecnologie low carbon».

E la blockchain potrebbe essere una parte importante per accelerare l’adozione di fonti di energia rinnovabile come l’eolico e il solare: dato che, per loro natura, queste fonti energetiche sono intermittenti e decentralizzate, sono necessarie nuove forme di mercato dell’energia e «Gli strumenti che utilizzano la tecnologia blockchain possono aiutare a creare questi mercati e a porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili».

Ma l’Onu avverte che «Nonostante tutti questi potenziali vantaggi, l’enorme consumo di energia associato alla tecnologia è uno dei principali ostacoli da superare e molti attori del settore stanno lavorando su come affrontare il problema». Uno degli esempi è quello dell’Ethereum Foundation, l’organizzazione che sta dietro la criptovaluta Ethereum, che sta mettendo a punto un nuovo modo per verificare le transazioni. Passando a un metodo diverso (chiamato Proof of Stake, o PoS), la Fondazione dice che «Il costo energetico di ogni transazione potrebbe essere ridotto del 99,95%». Altri puntano a utilizzare energia completamente free-carbon.

Nell’aprile 2021, Energy Web Foundation, Rocky Mountain Institute e Alliance for Innovative Regulations hanno formato il Crypto Climate Accord, che è sostenuto da organizzazioni e da ONG che operano nei settori del clima, della finanza e dell’energia. L’obiettivo dell’Accord è quello di «Decarbonizzare l’industria in tempi record» e di raggiungere le emissioni net zero nel settore globale delle criptovalute entro il 2030.

Ma l’Onu non si nasconde che «Le criptovalute sono ancora agli inizi e ci sono ancora molte sfide tecniche e politiche da superare, come dimostra la natura volatile di alcune delle versioni più note. Un singolo Tweet del tech miliardario Elon Musk può far aumentare o diminuire il valore dei Bitcoin; El Salvador ha annunciato l’intenzione di rendere il Bitcoin a corso legale a giugno, un mese dopo che Pechino ha annunciato un giro di vite sull’estrazione di Bitcoin; mentre anche un’altra criptovaluta, Dogecoin, è stata ampiamente scambiata, con enormi e ampiamente segnalati balzi e cali nel suo valore (di nuovo, in parte grazie alle dichiarazioni di Musk), nonostante il fatto che sia stato creato per scherzo».

Ma molti esperti finanziari ritengono che questi problemi iniziali verranno risolti, consentendo alle criptovalute e ad altri strumenti finanziari basati sulla blockchain di diventare mainstream: un certo numero di banche centrali stanno pianificando proprie valute digitali e gli “stablecoin”, che possono essere agganciati a metalli preziosi come l’oro, o alle valute nazionali, potrebbero diventare, come suggerisce il nome, opportunità di investimento stabili e affidabili.

Minang Acharya, uno degli autori del recente brief Unep  “Blockchain Technology and Environmental Sustainability” conclude: «Se i più vulnerabili vogliono beneficiare della promessa della tecnologia blockchain, e se deve avere davvero un impatto positivo sulla crisi climatica, è necessaria più ricerca tecnica, nonché più dialogo internazionale, che coinvolga esperti, scienziati e responsabili politici. L’Onu dovrebbe continuare a sperimentare nello spazio del blockchain. Più sperimentiamo, più impariamo sulla tecnologia. E’ probabile che questo  migliorerà la nostra conoscenza a livello delle Nazioni Unite sulla blockchain, la nostra comprensione delle sue implicazioni ambientali e sociali delle operazioni minerarie e migliorerà le nostre possibilità di far fronte a eventuali problemi che la tecnologia potrebbe portare in futuro».