Presentato a Cernobbio il nuovo studio Enel - Ambrosetti

Clima, tagliare le emissioni conviene: col net zero l’Italia risparmia oltre 2mila mld di euro

Starace: «La necessità di affrontare il cambiamento climatico è da sola una ragione più che sufficiente per una transizione energetica, ma la vulnerabilità delle nostre economie, dipendenti dal gas e dal petrolio, ha reso tale urgenza più che mai impellente»

[5 Settembre 2022]

Rallentare sulla strada della decarbonizzazione, come fatto in Italia nell’ultimo decennio, è una scelta miope sotto il profilo climatico ma anche per il portafogli, come argomenta il nuovo studio Net zero E-conomy 2050 di Enel e The european house – Ambrosetti, presentato a Cernobbio.

«Due anni dallo scoppio della pandemia Covid-19 e le sue rilevanti implicazioni sull’economia globale, la guerra in Ucraina ha reso più che mai urgenti le preoccupazioni sulla sostenibilità dell’attuale sistema energetico. Seppure la necessità di affrontare il cambiamento climatico sia da sola una ragione più che sufficiente per perseguire una transizione energetica, la vulnerabilità delle nostre economie, dipendenti dal gas e dal petrolio, ha reso tale urgenza più che mai impellente – spiega Francesco Starace, ceo e general manager di Enel – Questo studio mostra molto chiaramente l’eccessiva dipendenza dal gas di alcune economie dei paesi Ue, in primis la grande dipendenza dell’Italia, e i vantaggi molto chiari che un’accelerata riduzione dell’uso delle fonti energetiche fossili può portare proprio a chi oggi ne fa un uso eccessivo».

Nel dettaglio, lo studio elabora due scenari – low ambition e net zero – confrontandoli con uno controfattuale, che rappresenta l’attuale proiezione del business as usual; il low ambition si basa sui dati aggiornati del Pniec (il Piano nazionale integrato energia e clima, approvato un’era energetica fa e mai aggiornato), mentre il net zero include anche le ambizioni della proposta europea Fit for 55.

«Lo scenario net zero prevede non solo minori investimenti, ma anche maggiori benefici», sintetizza Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House – Ambrosetti.

Infatti, se confrontati con uno scenario controfattuale, lo scenario net zero è associato a benefici rilevanti entro il 2050, in termini di ritorni economici (+328 miliardi di euro), di occupazione (+2,6 milioni di posti di lavoro), riduzione dell’inquinamento (-614 miliardi di euro di costi connessi alla salute e alla minore produttività) e risparmio sulle spese per combustibili fossili (-1.914 miliardi di euro). Per non parlare dei benefici in termini di sicurezza energetica entro il 2050, con la dipendenza dall’estero che in Italia crollerebbe del 73,5% (arrivando a zero) rispetto al 2020.

Tutti vantaggi che sarebbero ridotti, e non accresciuti, prendendosela con eccessiva calma. Basti osservare che, nello scenario low ambition, i risparmi legati alle spese per combustibili fossili si fermano a 851 mld di euro. In compenso crescono le spese: lo scenario net zero prevede investimenti – considerando i settori elettrico (includendo le reti), dei trasporti, degli edifici e dell’industria – pari a 3.351 miliardi di euro, il low ambition arriva invece a quota 3.899. Gran parte di questa differenza  sta nel comparto dei trasporti, dove il “net zero” veicola una penetrazione dei veicoli elettrici più conveniente (batterie meno costose, energia rinnovabile più economica) e incoraggia uno spostamento nella abitudini dei cittadini verso il trasporto pubblico.

Ma il grosso problema è che l’Italia è in ritardo sulla tabella di marcia sia per lo scenario net zero che per quello dalle ambizioni più basse. In particolare, rispetto alle emissioni di gas serra, le performance sono insufficienti sia nel breve che nel lungo periodo: nel 2050 il divario tra il trend inerziale e gli obiettivi delle rispettive Strategie nazionali di lungo periodo è di circa 151,2 milioni di tonnellate CO2eq.

Non solo: l’Italia oggi è al secondo posto tra i Paesi Ue per indice di dipendenza dal gas naturale (41,2%), anche perché negli ultimi dieci anni la diffusione delle energie rinnovabili è cresciuta solo del 2% rispetto ai consumi finali di energia (in Spagna ha registrato +4,7%, oltre il doppio). Che fare? Per accelerare il percorso verso un’economia a zero emissioni, lo studio ha messo a fuoco alcune priorità.

Il primo prerequisito è costituito dalla necessità di garantire stabilità, trasparenza e coerenza delle politiche e misure energetiche europee, nazionali e locali; allo stesso tempo, risulta fondamentale sostenere la produzione industriale nel potenziamento delle tecnologie green esistenti, nello sviluppo di nuove soluzioni verdi e nell’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili.

Relativamente alle proposte settoriali, nel settore elettrico si propone invece di semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili, facilitare gli interventi sulle infrastrutture energetiche, promuovere la gestione della domanda, e la diffusione di strutture di stoccaggio e di soluzioni per la flessibilità.