Affrontare la cattiva informazione e la disinformazione climatica

Una frontiera urgente per l’azione climatica. Il cambiamento climatico non è un’opinione

[31 Ottobre 2023]

Gli impatti climatici stanno accelerando ad ogni frazione di grado di riscaldamento globale in più ma, secondo i partecipanti alla tavola rotonda “Tackling mis/dis-information: An urgent frontier for action”, tenutasi all’Onu, il negazionismo, la distorsione e le falsità sui fatti scientifici consolidati stanno inondando Internet e il panorama mediatico,

Gli scienziati concordano sul fatto che il cambiamento climatico è reale ed è causato da attività umane non sostenibili come l’uso di combustibili fossili, ma politici e negazionisti  continuano  a diffondere informazioni sbagliate e disinformazione, creando percezioni errate dannose che possono soffocare un’azione climatica efficace. Eppure, l’azione climatica è uno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Onu.

Alla SDG Media Zone, Charlotte Scaddan di UN News  ha parlato con Vanessa Nakate, ambasciatrice di buona volontà e attivista per il clima delll’UNIcef,  Jake Dubbins, co-fondatore di Conscious Advertising Network e di Climate Action Against Disinformation, e il meteorologo di The Weather Channel Paul Goodloetre del perché perché sia così importante rspingere le notizie fuorvianti e le fake news sul clima.

Dubbins ha spiegato che «Definiamo la misinformazione e la disinformazione climatica in tre grandi categorie. Negazione totale: sappiamo che il cambiamento climatico è in atto e sappiamo che è causato dall’uomo, ma questo fatto stesso viene negato. Esistono truffe e bufale climatiche, termini che sono di tendenza sulle piattaforme dei social media. La seconda area che esaminiamo riguarda le emissioni e la selezione dei dati, quindi la scelta dei dati senza fornire un quadro completo per fuorviare le persone. E poi la terza area è rappresentata effettivamente da false soluzioni, che suggeriscono azioni che non sono in linea con l’Accordo sul clima di Parigi. Abbiamo condotto alcuni sondaggi l’anno scorso alla  COP 27 e abbiamo scoperto che questi messaggi stanno avendo successo in molti Paesi diversi. Abbiamo posto domande in 6 Paesi diversi e abbiamo scoperto che il 23% delle persone in America crede che il cambiamento climatico sia una bufala inventata dal World Economic Forum. Abbiamo scoperto che oltre il 20% delle persone da noi intervistate in tutti e 6 i Paesi ritiene che il cambiamento climatico non sia causato dall’uomo».

La Nakate ha ricordato che «Inoltre, le aziende produttrici di combustibili fossili sapevano che le loro azioni stavano distruggendo il nostro clima, eppure hanno continuato con quelle azioni e hanno cercato di nascondere tali informazioni all’opinione pubblica. Lo vedo anche come disinformazione climatica e greenwashing. Lo abbiamo visto nel settore della moda e in quante aziende stanno facendo così tanto per mostrare all’opinione pubblica che sono davvero sostenibili. Eppure, quando si osservano i processi della catena di approvvigionamento, ci si rende conto che in realtà non sono sostenibili. Stanno ancora danneggiando le comunità, stanno ancora danneggiando le persone, stanno sfruttando il lavoro.

Goodloe ha fatto notare che «Il cambiamento climatico non è  un’opinione. Sfortunatamente, ci sono organi di stampa che riportano la misinformazione/disinformazione sul cambiamento climatico e la nascondono come una notizia, ma in realtà sono opinioni. A The Weather Channel non abbiamo una posizione. La nostra missione è educare, informare. Parliamo della scienza.

Dubbins ha sottolineato che «Ci sono sempre più informazioni su questo problema in inglese in Nord America e in Europa, ma ci sono delle lacune. La maggior parte delle piattaforme di social media statunitensi finanziano molte ricerche sulla mis/disinformazione climatica negli Stati Uniti, ma non così tanto in altre parti del mondo. Quindi, in Africa, Asia e Sud America, il gap è grande.

La Nakate ha affrontato il problema dei messaggi da dare e da ricevere: «Personalmente e  penso anche per i diversi giovani attivisti all’interno del movimento, ci troviamo in situazioni in cui dobbiamo dare speranza alle persone. Dobbiamo dare speranza ai leader e al mondo intero. E’ una responsabilità enorme poiché tutti si aspettano che diamo così tanta speranza e tuttavia nessuno ce la dà, anche con il lavoro che i giovani stanno svolgendo all’interno del movimento per il clima. Abbiamo bisogno dei nostri leader, abbiamo bisogno che le imprese, il pubblico diano speranza anche ai giovani perché l’attivismo può essere estenuante. Molti hanno sperimentato burnout e sono alle prese con la loro salute mentale a causa del cambiamento climatico. Abbiamo parlato e abbiamo bisogno che il mondo ascolti».

Dubbins ha aggiunto: «Un paio di anni fa alla  COP26 , abbiamo riunito attivisti climatici, leader climatici e imprese per scrivere in modo efficace una lettera chiedendo che la disinformazione climatica fosse affrontata dalle Nazioni Unite, ma anche dalle piattaforme di social media. Due anni fa non esistevano politiche sulla disinformazione climatica sulle piattaforme tecnologiche. Ora esistono politiche di disinformazione climatica nella maggior parte di esse, ad eccezione di X, precedentemente noto come Twitter. Gli inserzionisti non vogliono che i loro annunci siano accanto alla negazione del cambiamento climatico, alle molestie degli attivisti o all’incitamento all’odio. Quindi, anche gli inserzionisti che investono i loro soldi e finanziano letteralmente la maggior parte dell’ambiente mediatico hanno di fronte una scelta. Possono scegliere di investire i loro soldi nella grande scienza climatica, nel grande giornalismo oppure possono investire i loro soldi nel negazionismo climatico e nell’incitamento all’odio».

Goodloe ha concluso: «L’importante è stare dalla parte giusta della storia. Cinquanta o sessant’anni fa, il reverendo dottor Martin Luther King era disapprovato dal 75% degli americani. Ora, a 50 anni dalla sua morte, è visto con il 90% di approvazione. Quindi, sii semplicemente dalla parte giusta della storia. Cosa succederà tra 30, 40, 50 anni? Continuiamo a fare pressione e sono ottimista sul fatto che sempre più persone si metteranno dalla parte giusta della storia».