Un nuovo approccio femminista alla giustizia climatica

UN Woman: i cambiamenti climatici spingono milioni di donne verso la povertà

[5 Dicembre 2023]

In occasione del gender day  alla COP28 Unfccc di Dubai, UN Women ha presentato il suo rapporto “Feminist Climate Justice: A Framework for Action” secondo il quale «Entro il 2050, il cambiamento climatico spingerà fino a 158 milioni di donne e ragazze in più nella povertà e porterà 236 milioni di donne in più nella fame. La crisi climatica alimenta l’escalation dei conflitti e la migrazione forzata, in un contesto di retorica politica escludente e anti-diritti che prende di mira le donne, i rifugiati e altri gruppi emarginati».

Sarah Hendriks, vicedirettrice esecutiva di UN Women, ha ricordato che «Il cambiamento climatico sta creando una spirale discendente per donne e ragazze. Dobbiamo trasformare le economie allontanandole dall’estrazione e dall’inquinamento e integrare i diritti delle donne in tutti gli aspetti della politica climatica e dei finanziamenti. UN Women chiede una giustizia climatica femminista e un mondo in cui tutti possano godere dei propri diritti umani e prosperare su un pianeta sano e sostenibile».

L’approccio femminista alla giustizia climatica si concentra su quattro aree chiave:

1 Riconoscere i diritti delle donne, del lavoro e della conoscenza. La politica deve dare priorità ai diritti delle donne e di altri gruppi che subiscono discriminazioni, perché questo mina la loro resilienza agli impatti climatici. Le donne si fanno carico di responsabilità assistenziali non retribuite sproporzionate, dispongono di minori risorse economiche rispetto agli uomini e hanno livelli più bassi di alfabetizzazione e di accesso alla tecnologia. Queste disuguaglianze sono ulteriormente aggravate dai cambiamenti climatici. Oltre alla conoscenza scientifica, i decisori devono riconoscere le competenze di cui dispongono le donne, comprese le donne indigene, rurali e giovani. Solo se queste conoscenze saranno pienamente prese in considerazione, potranno essere sviluppate e attuate politiche efficaci di adattamento al clima.

 Ridistribuire le risorse economiche. Poiché le donne sono già svantaggiate nelle economie, in termini di gap salariali, accesso ineguale al lavoro, alla terra, alla tecnologia e all’istruzione, è essenziale dare priorità all’uguaglianza di genere nelle transizioni giuste. Altrimenti, la disuguaglianza delle donne si radicherà ulteriormente. Invertire il cambiamento climatico richiederà lo spostamento delle risorse dalle attività estrattive e dannose per l’ambiente e verso politiche che diano priorità alla cura delle persone e del pianeta. I governi devono raccogliere risorse attraverso una tassazione progressiva sulle persone e sulle aziende più ricche per finanziare programmi di assistenza sociale a sostegno della resilienza delle donne.  Ad esempio, i programmi alimentari nelle scuole non solo sono in grado di alleviare parte del lavoro di cura non retribuito delle donne fornendo ai bambini cibo nutriente, ma possono sostenere ulteriormente la politica femminista sul clima procurandosi i pasti da donne contadine che coltivano su piccola scala e rispettose dell’ambiente.

 Rappresentare le voci delle donne. I difensori dei diritti umani delle donne e i gruppi femministi stanno spingendo affinché l’uguaglianza di genere sia integrata nella definizione delle politiche ambientali a tutti i livelli. Ma spesso sono esclusi dal potere. La ricerca dimostra che la rappresentanza delle donne nei Parlamenti è associata a politiche ambientali più forti, ma a livello globale le donne detengono solo circa un quarto dei seggi. Nonostante le donne siano da decenni in prima linea nell’attivismo ambientale, le donne rappresentano solo il 15% dei ministri dell’ambiente a livello nazionale. Mentre la partecipazione delle donne alle delegazioni nazionali alle conferenze sul clima delle Nazioni Unite COP è aumentata dal 30 al 35% dal 2012 al 2022, la percentuale di delegazioni guidate da donne è leggermente diminuita dal 21 al 20% nello stesso periodo.

4 Riparare le disuguaglianze e le ingiustizie storiche. Gli impegni finanziari per combattere il cambiamento climatico devono concentrarsi sulle persone e sui Paesi più a rischio. Dal 1850, i Paesi del Nord del mondo sono responsabili del 92% delle emissioni in eccesso a livello mondiale, creando un enorme debito climatico. Per affrontare questo squilibrio, il rapporto invita i Paesi ricchi a «Rispettare i loro impegni di finanziamento dei programmi climatici e a garantire che i fondi vadano ai Paesi più vulnerabili e alle organizzazioni femminili di base. Solo il 3% degli aiuti allo sviluppo climatico dà priorità all’uguaglianza di genere. Le aziende inquinanti devono essere tassate e regolamentate per prevenire futuri danni al clima.

La COP28 Unfccc, che inaugura il Global Stocktake, è una pietra miliare fondamentale per rendere i Paesi responsabili della loro azione sul clima.

La principale autrice del rapporto, Laura Turquet, esperta politica senior di UN Women, ha ricordato che alla COP28 il gender ha coinciso con il finance day e ha sottolineato che «E’ importante che queste questioni siano state riunite perché, anche se sono le donne a sopportare il peso maggiore, le organizzazioni femminili sono affamate dei finanziamenti di cui hanno bisogno per svolgere il loro lavoro vitale in prima linea nel cambiamento climatico. Questo deve cambiare»

UN Woman fa notare che «Sebbene alla COP27 del 2022 sia stato concordato un fondo per perdite e danni, i contributi sono volontari e non è stato istituito alcun meccanismo per obbligare i Paesi ricchi a rispondere dei danni ambientali storici e delle loro conseguenze, come la perdita di terra, abitazioni e raccolti a causa di eventi meteorologici estremi. Anche le perdite e i danni non economici, come l’aumento dei livelli di violenza di genere e il lavoro di assistenza non retribuito, che sono conseguenze devastanti del cambiamento climatico per donne e ragazze, devono essere presi in considerazione dal nuovo fondo. Nelle conferenze sul clima, e in tutti gli altri spazi in cui si discutono le politiche climatiche, i leader e i politici devono garantire che le loro risposte alle sfide ambientali integrino i bisogni e i diritti delle donne e delle ragazze del mondo».

Maria Reyes, rappresentante di Fridays for Future MAPA (most affected people and areas) e della Feminist Action for Climate Justice Action Coalition, ha concluso: «Come giovani del Sud del mondo sappiamo cos’è la giustizia climatica, perché oltre ad essere in prima linea nella crisi climatica, siamo anche in prima linea nelle soluzioni, costruendo con le nostre comunità i sistemi senza i quali non possiamo vivere mentre smantelliamo i sistemi all’interno dei quali non possiamo vivere. Mentre ci infiltriamo in spazi istituzionali come la COP28, dobbiamo utilizzare dati e ricerche, come il Feminist Climate Justice Framework, come strumenti per un cambiamento trasformativo».