Riceviamo e pubblichiamo

Per risolvere la crisi climatica occorre affrontare il problema della disuguaglianza

Tartabini: «I veri responsabili della crisi ambientale mondiale sono pochi, in primo luogo gli uomini più ricchi al mondo»

[8 Maggio 2023]

Dall’aprile del 2020 al marzo del 2021, che è stato il periodo più caldo di sempre, l’incremento della temperatura nel mondo rispetto al periodo 1991-2020, è stato di 0,34°C. L’anno solare più caldo in assoluto è stato invece il 2016 con un aumento medio della temperatura di 0,44°C, un innalzamento che potrebbe sembrare un’inezia, ma così non è.

Parliamo degli animali: a partire dal 1900 il tasso di estinzione delle specie viventi è aumentato di cento volte rispetto a quello delle specie estintesi in tutto il corso della nostra storia. Si tratta di una quantità enorme di animali, e il fatto più grave è che non si sta facendo praticamente niente per invertire questa linea di tendenza.

I governi parlano ed emanano decreti, i parlamenti fanno leggi ma non prendono mai decisioni serie per la salvaguardia del nostro pianeta, anzi, remano contro a guardare i sussidi che continuamente erogano per lo sfruttamento delle fonti fossili.

Per fare un esempio, a causa dell’inquinamento provocato dalle estrazioni petrolifere e di tutto ciò che esso comporta in generale, negli ultimi decenni in Ecuador sono letteralmente scomparse intere popolazioni umane autoctone (per non parlare degli animali selvatici) per malattie e avvelenamenti di vario genere.

Nelle foreste di questo – nonostante tutto – bel Paese vivono diverse specie di scimmie, ma a causa dell’inquinamento provocato dalle estrazioni petrolifere e della conseguente deforestazione sono in via di estinzione l’Alouatta fusca, l’Alouatta belzebul, l’Ateles fusciceps e la Pithecia monachus.

Tutto avviene nel più assoluto silenzio degli ecuadoregni e non solo; ciò che è più grave è che in Ecuador la Banca mondiale continua a finanziare le compagnie petrolifere, tutte regolarmente offshore, pur sapendo che il mantenimento della biodiversità favorirebbe la salute pubblica e aumenterebbe il benessere.

In altre località del mondo, per esempio in India, nel Bangladesh e in Thailandia, pur di andare alla ricerca del cibo che diventa sempre più scarso nei loro territori naturali le scimmie reso (Macaca mulatta) invadono molti centri urbani.

Negli ultimi decenni nel mondo sono stati istituiti più parchi nazionali che in passato, questo è vero, però sembra che più che per salvaguardare gli animali selvatici e la flora autoctona siano stati aperti per i turisti, che ci arrivano in auto, in camper o in motocicletta e che utilizzano dei parcheggi, praticamente all’interno dei parchi stessi e tutti rigorosamente asfaltati.

In questi luoghi, soprattutto d’estate, si vedono visitatori a frotte, tutti ovviamente con uno smartphone in mano e che parlano a voce alta, insieme a pingui bambini capricciosi perennemente con un hamburger nella mano destra e una bottiglia di Coca-Cola in quella sinistra, come se fossero in un parco-giochi.

Le scimmie sono le specie viventi più prossime all’uomo e quindi dovrebbero essere importanti per sondare il livello di degrado a cui è arrivato il pianeta Terra. Nei luoghi in cui esse non riescono a sopravvivere per mancanza di spazi, sicurezza e cibo, prima o poi (prima piuttosto che poi), gli stessi problemi dovranno essere affrontati dagli esseri umani.

Non è un caso che i luoghi in cui le scimmie sono in grande difficoltà e in via di estinzione sono gli stessi in cui non c’è cibo per gli esseri umani; c’è povertà, le malattie sono molto diffuse e le epidemie e le guerre sono all’ordine del giorno.

Qualcuno, per scarsità di vedute o per grettezza intellettuale, potrebbe dire che questi non sono problemi per gli occidentali, in quanto qui da noi non vivono le scimmie. Ora non esistono più, questo è vero, ma molte loro antenate, che sono ormai scomparse, un tempo non molto lontano vivevano anche in Europa.

Di alcune scimmie antropomorfe del genere Ouranopithecus sono stati trovati alcuni resti fossili tra i Balcani e la Penisola ellenica; risalgono a circa nove milioni di anni fa, un periodo che a noi uomini sembra lunghissimo ma che per la cronologia geologica e culturale è uguale alla durata di un lampo.

Inoltre, e finalmente, molti hanno realizzato che il noto detto “il nemico siamo noi” per ciò che sta accadendo nel mondo non regge più di fronte alle evidenze dei fatti: i veri responsabili della crisi ambientale mondiale sono pochi, in primo luogo gli uomini più ricchi al mondo (vedi lista Forbes), che rappresentano solo l’1% della popolazione mondiale ma che inquinano con i loro sfarzi per circa il 90%.

Farhad Manjoo,un noto editorialista e opinionista americano, ha detto che per risolvere il problema dell’inquinamento e quello dell’aumento dei gas serra in atmosfera bisognerebbe sbarazzarci di loro, ovviamente non fisicamente, ma trovando un modo affinché la loro ricchezza spropositata non superi i limiti della decenza e della morale umana.

La ricchezza e il potere economico e politico nelle mani di pochi creano squilibri sociali e corruzione, silenziano i media e consentono a poche persone di fare ciò che vogliono a dispetto del resto dell’umanità. I governi nel mondo dovrebbero scoraggiare questi arricchimenti a loro favore e a discapito dei più deboli e soprattutto dei giovani.

Se c’è un aspetto positivo per noi italiani in tutto questo è che tra le persone più ricche al mondo non ci sono dei connazionali. Senza fare nomi, il primo italiano si trova al 40° posto; anche se, per quanto concerne l’inquinamento prodotto dalla sua ricchezza, non è che sia migliore degli altri.

Secondo dei dati piuttosto aggiornati, in Italia un milione e mezzo di giovani al di sotto dei diciotto anni di età, che non studiano e non lavorano, vivono in condizioni di povertà assoluta. Non è che molti altri adulti siano messi meglio.