Mega rapporto Wmo: ripercussioni crescenti del cambiamento climatico su atmosfera, terre emerse e oceani (VIDEO)

Gli impatti dei fenomeni meteorologici e climatici sullo sviluppo socio-economico, la salute, le migrazioni e gli spostamenti di popolazione, la sicurezza alimentare e gli ecosistemi

[11 Marzo 2020]

Il nuovo  WMO Statement on the State of the Global Climate in 2019, pubblicato dalla World meteorological organization (Wmo) e da una vasta rete di partner si occupa in particolare delle manifestazioni fisiche del cambiamento climatico, come l’aumento delle ondate di caldo terrestri e oceaniche, l’accelerazione dell’innalzamento del livello del mare, e la fusione dei ghiacci. Alla Wmo spiegano che «Riunisce delle informazioni sugli impatti dei fenomeni meteorologici e climatici sullo sviluppo socio-economico, la salute, le migrazioni e gli spostamenti di popolazione, la sicurezza alimentare e gli ecosistemi».

Il Wmo statment integra i contributi dei Servizi meteorologici e idrologici nazionali, di istituzioni scientifiche e di organismi dell’Onu i e fornisce informazioni ufficiali ai decisori politici sulla necessità di adottare misure per lottare contro il cambiamento climatico. La Wmo dice che il nuovo rapporto «Conferma i dati che figuravano in una dichiarazione provvisoria pubblicata durante l’UN Climate Change Conference nel dicembre 2019, secondo la quale il 2019 è stato il secondo anno più caldo dopo i rilevamenti strumentali. Gli anni dal 2015 al 2019 sono I 5 più caldi mai registrati e il decennio 2010–2019 è il più caldo mai osservato. Ogni decennio successive al 1980 è stato più caldo di tutti quelli che lo hanno preceduto dal 1850. Il 12019 è terminato con una temperatura media mondiale superiore di 1,1°C ai livelli preindustriali stimati, il che è stato superato solo dal record stabilito nel 2016, quando l’aumento della temperatura media mondiale causata da un forte episodio di El Niño si è aggiunto al trend generale al riscaldamento».

Presentando il nuovo mega-rapporto , il segretario generale dell’Onu. Antonio Guterres, ha evidenziato che «Attualmente siamo molto lontani dal raggiungere gli obiettivi di 1,5° C o di 2° C previsti dall’Accordo di Parigi . Questo rapport presenta gli ultimi progressi scientifici e illustra l’urgenza di un’azione climatica di grande ampiezza. Mette insieme i dati provenienti da tutti i campi della climatologia e stila la lista degli impatti che potrebbe avere il cambiamento climatico: dalle conseguenze sanitarie ed economica alla diminuzione della sicurezza alimentare e all’aumento dei profughi».

Il segretario generale della Wmo Petteri Taalas . che ha presentato il rapporto insieme a Guterres durante una conferenza stampa- ha aggiunto: «Dato che i livelli di gas serra continuano ad aumentare, il riscaldamento proseguirà. Delle recenti previsioni decennali indicano che la temperatura mondiale annuale batterà probabilmente il record nei prossimi 5 anni. E’ una questione di tempo. Veniamo dall’aver vissuto il mese di gennaio più caldo mai registrato. L’inverno è stato anormalmente dolce in numerose regioni dell’emisfero nord. Il fumo e gli inquinanti provenienti dai devastanti incendi australiani hanno fatto il giro del mondo e provocato un picco delle emissioni di CO2. Le temperature record segnalate in Antartide sono state accompagnate da uno scioglimento dei ghiacci su grande scala e dalla dislocazione di un ghiacciaio che avrà ripercussioni sull’innalzamento del livello del mare. La temperature è un indicatore del cambiamento climatico in corso. Le modifiche della ripartizione mondiale delle precipitazioni hanno avuto un impatto maggiore in diversi Paesi. I livelli del mare aumenta a un ritmo crescente, essenzialmente a causa dell’espansione termica dell’acqua di mare e della fusione dei più grandi ghiacciai, come in Groenlandia e in Antartide, il che espone le zone costiere e le isole a un rischio accresciuto di inondazioni e di sommersione delle zone poco elevate».

Ecco cosa dice il WMO Statment per ogni indicatore climatico:

Gas serra. Nel 2018, le frazioni molari medie dei gas serra a livello globale hanno raggiunto dei nuovi picchi: 407,8 ± 0,1 parti per milione (ppm) per il biossido di carbonio (CO2), 1 869 ± 2 parties per miliardo (ppb) per il metano (CH4) e 331,1 ± 0,1 ppb per il protossido di azoto (N2O). Dei dati preliminari indicano che le concentrazioni di gas serra hanno continuato ad aumentare nel 2019.

Una prima proiezione realizzata con l’aiuto di dati sui tre primi trimestri del 2019, suggerisce che le emissioni mondiali di CO2 dovute ai combustibili fossili sono aumentate dello 0,6% nel 2019 (con una forchetta che va da –0,2% a +1,5%).

Oceani

Ondate di caldo marine. Gli oceani stoccano più del 90% dell’energia eccedentaria che si accumula nel sistema climatico a causa dell’aumento delle concentrazioni di gas serra. Nel 2019, il contenuto termico degli oceani fino a una profondità di 2 km ha superato i precedenti record stabiliti nel 2018.

Il riscaldamento degli oceani ha delle ripercussioni a grande scala sul sistema climatico. Contribuisce per più del 30% all’innalzamento del livello del mare attraverso l’espansione termica dell’acqua di mare. Influisce sulle correnti marine. Contribuisce indirettamente a modificare il tragitto delle tempeste e far sciogliere le banchise galleggianti di ghiaccio. Associato all’acidificazione e alla deossigenazione degli oceani, il riscaldamento degli oceani può sconvolgere gli ecosistemi marini in modo spettacolare. Nel 2019, gli oceani hanno conosciuto in media circa 2 mesi di temperature anormalmente elevate. Le ondate di caldo hanno interessato almeno l’84% degli oceani.

Acidificazione degli oceani: Durante il decennio 2009-2018, gli oceani hanno assorbito circa il 23% delle emissioni annuali di CO2, attenuando gli effetti dei cambiamenti climatici a scapito della loro acidità. La modifica del pH riduce la capacità di calcificazione degli organismi marini, come mitili, crostacei e coralli, il che influisce sulla vita marina, sulla crescita e sulla riproduzione.

Deossigenazione degli oceani: Sia le osservazioni che i modelli mostrano che l’ossigeno diminuisce in alto mare e nelle acque costiere, compresi gli estuari e i mari semichiusi. Si stima che, dalla metà del secolo scorso, il contenuto di ossigeno nell’oceano a livello globale sia diminuito dell’1-2% (cioè da 77 a 145 miliardi di tonnellate).

Écosistemi marini: La deossigenazione, il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani sono ormai considerati come una grave minaccia per gli ecosistemi oceanici e il benessere delle persone che dipendono da loro. Le barriere coralline dovrebbero diminuire del 70 – 90% in caso di riscaldamento di 1,5° C e di oltre il 99% in caso di riscaldamento di 2° C.

Il livello del mare non ha fatto che aumentare da quando (dal 1993) sono stati registrati i dati altimetrici trasmessi via satellite e questo sempre più rapidamente, principalmente a causa dello scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide. Nel 2019, il livello medio globale del mare ha raggiunto il suo valore più alto mai registrato.

Ghiaccio. Il continuo declino a lungo termine della banchisa artica è stato confermato nel 2019. A settembre (il mese in cui è di solito al livello più basso), la banchisa artica ha registrato, su media mensile, la sua terza estensione più bassa mai osservata. Il suo minimo stagionale su media giornaliere è uguale al secondo valore più basso mai osservato in quest’area. L’estensione del ghiaccio antartico è aumentata leggermente a lungo termine, fino a quando non ha raggiunto improvvisamente livelli estremamente bassi alla fine del 2016. Da allora è rimasta relativamente piccola. Negli ultimi 13 anni sono stati registrati 9 dei 10 bilanci annuali più bassi per la calotta glaciale della Groenlandia. Quello del 2019 è al settimo posto in classifica. In termini di bilancio di massa totale, la Groenlandia nel periodo 2002-2016 ha perso circa 260 Gt di ghiaccio all’anno, con un massimo di 458 Gt nel 2011/12. Nel 2019, lo scioglimento ammontava a 329 Gt, che è di gran lunga superiore alla media.

Ghiacciai: secondo i risultati preliminari del World Glacier Monitoring Service, nel 2018/19, il bilancio di massa dei ghiacciai di riferimento è stato negativo per il 32esiomo anno consecutivo. Dal 2010 sono stati registrati 8 dei 10 saldi di massa annuali più bassi.

Effetti del clima

Basandosi sui contributi di una vasta gamma di partner nel sistema Onu, gran parte del rapporto è dedicato agli impatti del tempo e del clima su salute umana, sicurezza alimentare, migrazione, ecosistemi e vita marina.

Salute. Il caldo estremo ha implicazioni crescenti per la salute umana e i sistemi sanitari. Nel 2019, le alte temperature senza precedenti vissute in Australia, India, Giappone ed Europa sono state dannose per la salute e il benessere delle persone. In Giappone, un’intensa ondata di caldo ha ucciso oltre 100 persone e richiesto 18.000 ricoveri. In Francia, tra giugno e metà settembre sono state registrate oltre 20.000 visite al pronto soccorso per malattie legate al caldo. In due grandi ondate di caldo estivo, sono state segnalate 1.462 morti nelle regioni colpite di questo Paese. Dal 1950, le mutevoli condizioni climatiche facilitano la trasmissione del virus della dengue da parte della zanzara Aedes, il che aumenta il rischio di insorgenza di malattie. Allo stesso tempo, negli ultimi decenni è aumentata drammaticamente l’incidenza globale della febbre dengue e circa la metà della popolazione mondiale è ora a rischio di infezione. Nel 2019, è stato osservato un forte aumento dei casi di febbre dengue in tutto il mondo.

Sicurezza alimentare. La variabilità climatica e le condizioni meteorologiche estreme sono fattori chiave nel recente aumento della fame nel mondo e una delle principali cause delle gravi crisi alimentari. Dopo un decennio di costante declino, la fame è di nuovo in aumento. Più di 820 milioni di persone ne hanno sofferto nel 2018. In quell’anno, in 26 dei 33 Paesi colpiti da crisi alimentari, la variabilità climatica e le condizioni meteorologiche estreme sono state un fattore aggravante, così come gli shock economici e i conflitti, Sono anche il principale fattore delle crisi alimentari in 12 di questi 26 Paesi. In questo contesto, la comunità globale deve affrontare una sfida formidabile per raggiungere l’obiettivo della fame zero nell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nel 2019, la sicurezza alimentare è notevolmente peggiorata in alcuni Paesi del Corno d’Africa a causa degli estremi climatici, dello sfollamento della popolazione, dei conflitti e della violenza. Si stima che alla fine del 2019, circa 22,2 milioni di persone (6,7 milioni in Etiopia, 3,1 milioni in Kenya, 2,1 milioni in Somalia, 4,5 milioni nel Sud Sudan e 5,8 milioni in Il Sudan) erano gravemente insicuri dal punto di vista alimentare, una cifra a malapena inferiore rispetto alla grave siccità prolungata nel 2016-17. L’eccezionale siccità di marzo e gran parte di aprile è stata seguita da piogge e inondazioni eccezionalmente intense tra ottobre e dicembre. Le piogge insolitamente intense alla fine del 2019 hanno anche contribuito alla massiccia invasione di locuste nel Corno d’Africa, la peggiore in oltre 25 anni e la peggiore in Kenya negli ultimi 70 anni. Le locuste del deserto dovrebbero spostarsi ulteriormente entro giugno 2020, rappresentando una grave minaccia per la sicurezza alimentare.

Profughi. Tra gennaio e giugno 2019, ci sono stati oltre 6,7 milioni di nuovi profughi interni dovuti a fenomeni idrometeorologici come il ciclone Idai nell’Africa sud-orientale, il ciclone Fani nell’Asia meridionale, l’uragano Dorian nei Caraibi e inondazioni in Iran, Filippine ed Etiopia. Il numero totale di tali spostamenti dovrebbe raggiungere quasi 22 milioni nel 2019, rispetto ai 17,2 milioni nel 2018. Inondazioni e tempeste sono i pericoli naturali che hanno contribuito maggiormente agli spostamenti.

Fenomrni a forte impatto

Inondazioni. Più di 2.200 persone avrebbero perso la vita in diversi episodi di inondazioni in India, Nepal, Bangladesh e Myanmar durante la stagione dei monsoni, che è iniziata in ritardo ma si è conclusa con precipitazioni totali superiori alla media a lungo termine. Da luglio 2018 a giugno 2019, le precipitazioni medie su 12 mesi per gli Stati Uniti continentali (962 mm) sono state le più alte di sempre. Nel 2019, le perdite economiche totali dovute alle inondazioni negli Stati Uniti sono state stimate in 20 miliardi di dollari. A gennaio, delle forti precipitazioni sono avvenute in alcune parti del Sud America. Grandi inondazioni si sono verificate nel nord dell’Argentina, in Uruguay e nel sud del Brasile. Le perdite in Argentina e Uruguay sono stimate a 2,5 miliardi di dollari. La Repubblica islamica dell’Iran è stata duramente colpita dalle inondazioni da fine marzo a inizio aprile. Da ottobre a inizio novembre si sono verificate inondazioni gravi in ​​molte parti dell’Africa orientale precedentemente colpite dalla siccità.

Siccità. La siccità ha colpito molte parti del sud-est asiatico e dell’Australia, che ha registrato il suo anno più secco, influenzato dalla forte fase positiva del dipolo dell’Oceano Indiano. Africa meridionale, America centrale e parti del Sud America hanno ricevuto quantità insolitamente basse di precipitazioni.

Ondate di caldo. In Australia, l’anno si è concluso come era iniziato: con un caldo estremo. Il 2018/19 è stata l’estate più calda mai registrata, così come il mese di dicembre. Il 18 dicembre, l’’Australia ha conosciuto la giornata con il record di caldo medio in superficie (41,9° C). E’ stato nel 2019 che si contano i 7 giorni più caldi e 9 dei 10 giorni più caldi mai registrati in Australia. Due grandi ondate di caldo hanno soffocato l’Europa alla fine di giugno e alla fine di luglio. In Francia, il 28 giugno a Vérargues è stato stabilito un record nazionale di 46.0° C (1.9° C in più rispetto al record precedente). I record nazionali sono stati superati anche in Germania (42,6° C), Paesi Bassi (40,7° C), Belgio (41,8° C), Lussemburgo (40,8° C) e Regno Unito (38,7° C). Il caldo si è diffuso anche nei Paesi nordici, con un record di caldo a Helsinki (33,2° C il 28 luglio).

Incendi boschivi. L’anno è stato caratterizzato da un numero di incendi superiore alla media in diverse regioni ad alta latitudine, in particolare in Siberia (Federazione Russa) e in Alaska (Stati Uniti), e dallo scoppio di incendi boschivi in ​​alcune parti dell’Artico, dove in precedenza erano estremamente rari. La grave siccità in Indonesia e nei Paesi vicini ha portato alla più grande stagione degli incendi dal 2015. Il numero di incendi segnalati nella regione amazzonica del Brasile è stato solo leggermente superiore alla media decennale, ma il numero totale di incendi registrati in Sud America è stato il più alto dal 2010 e la Bolivia e il Venezuela sono tra i Paesi che hanno vissuto un anno particolarmente intenso. In Australia, la stagione degli incendi boschivi è stata eccezionalmente lunga e intensa, dalla fine del 2019 e con ripetuti focolai di grandi incendi fino a gennaio 2020. All’inizio del 2020, sono stati segnalati 33 decessi e oltre 2.000 proprietà sono state distrutte, mentre che circa 7 milioni di ettari in totale furono bruciati nel New South Wales e nello Stato del Victoria.

Secondo il Copernicus Atmospheric Monitoring Service ECMWF Global Fire Assimilation System dataset, le emissioni totali giornaliere di CO2 degli incendi boschivi sono state mediamente corrispondenti alla media per il periodo 2003-2018. I maggiori aumenti rispetto alla media di 17 anni, verificatisi a luglio, agosto, settembre e fine dicembre, corrispondono, rispettivamente, ai picchi dell’intensità degli incendi boschivi nell’Artico/Siberia, in Indonesia e in Australia.

Cicloni tropicali. Nel 2019, l’attività dei cicloni tropicali è stata al di sopra della media. L’emisfero settentrionale ha sperimentato 72 cicloni tropicali. La stagione 2018/19 è stata al di sopra la media anche nell’emisfero australe, con 27 cicloni. Il ciclone tropicale Idai, che ha colpito la terra in Mozambico il 15 marzo, è uno dei cicloni tropicali più gravi avvenuti sulla costa orientale dell’Africa. Ha fatto molte vittime e ha causato danni considerevoli. Idai ha contribuito alla completa distruzione di quasi 780.000 ettari di coltivazioni in Malawi, Mozambico e Zimbabwe, danneggiando ulteriormente la precaria sicurezza alimentare della regione. Ha inoltre costretto a sfollare almeno 50.905 persone nello Zimbabwe, 53.237 persone nel Malawi meridionale e 77.019 persone in Mozambico. Dorian è stato uno dei cicloni tropicali più intensi dell’anno, è atterrato alle Bahamas con intensità di categoria 5. La sua eccezionale lentezza e il fatto che è rimasto quasi fermo per quasi 24 ore ha aggravato il danno che ha causato. Il Typhoon Hagibis è atterrato a ovest di Tokyo il 12 ottobre e ha causato gravi inondazioni.

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