Livelli elevati di CO2 potrebbero “estinguere” le nuvole sul mare

Uno studio Caltech risolve il mistero climatico dell’Eocene e prevede grossi rischi per il futuro

[27 Febbraio 2019]

Secondo lo studio “Possible climate transitions from breakup of stratocumulus decks under greenhouse warming”, pubblicato su Nature Goscience da Tapio Schneider, Colleen M. Kaul e Kyle G. Pressel del California Institute of Technology (Caltech), con concentrazioni di anidride carbonica atmosferica sufficientemente elevate, la Terra potrebbe raggiungere un punto critico in cui le nubi stratocumulari sul mare diventano instabili e scompaiono, innescando un picco nel riscaldamento globale.
Lo studio evidenzia che «Questo evento, che potrebbe far aumentare le temperature superficiali a livello globale di circa 8 Kelvin (14 gradi Fahrenheit), potrebbe verificarsi a concentrazioni di CO2 superiori a 1.200 parti per milione (ppm)». La concentrazione attuale è di circa 410 ppm e sta aumentando. Al Caltech dicono che «Se il mondo continuerà a bruciare combustibili fossili al ritmo attuale, il livello di CO2 della Terra potrebbe salire al di sopra di 1.200 ppm nel prossimo secolo».
Schneider, che è anche ricercatore senior al Jet propulsion laboratory della NASA, aggiunge: «Penso e spero che i cambiamenti tecnologici rallenteranno le emissioni di carbonio in modo tale da non raggiungere concentrazioni così elevate di CO2, ma i nostri risultati mostrano che ci sono pericolose soglie di cambiamento climatico di cui non eravamo a conoscenza. La soglia di 1.200 ppm è una stima approssimativa piuttosto che un numero fisso».
Lo studio potrebbe aiutare a risolvere un mistero di lunga data della paleoclimatologia: i dati geologici indicano che durante l’Eocene (circa 50 milioni di anni fa), l’Artico era privo di ghiaccio e ci vivevano i coccodrilli. Tuttavia, secondo i modelli climatici esistenti, per far diventare l’Artico così caldo i livelli di CO2 dovrebbero superare i 4.000 ppm, più del doppio della probabile concentrazione di CO2 durante l’Eocene. Ma un picco di riscaldamento causato dalla scomparsa delle nubi stratocumulari potrebbe spiegare il clima da serra dell’Eocene.
Le nuvole stratocumulari coprono circa il 20% degli oceani subtropicali e sono prevalenti nelle aree orientali come, ad esempio, nel Pacifico al largo delle coste della California o del Perù. Le nuvole rinfrescano e ombreggiano la Terra mentre riflettono la luce del sole nello spazio. Questo le rende importanti per regolare la temperatura della superficie terrestre. «Il problema – sottolineano al Caltech – è che i moti aerei turbolenti che sostengono queste nuvole sono troppo piccoli per essere risolvibili nei modelli climatici globali».
Per aggirare questo problema, Schneider, Kaul e Pressel (che lavorano anche per il Pacific northwest national laboratory), hanno creato un modello su piccola scala di una sezione atmosferica rappresentativa sopra un oceano subtropicale, simulando sui supercomputer le nuvole e i loro moti turbolenti su questo patch oceanico. E’ così che hanno osservato l’instabilità delle nubi stratocumulari, seguita da un picco nel riscaldamento quando i livelli di CO2 hanno superato 1.200 ppm. I ricercatori hanno anche scoperto che, una volta scomparse, le nubi stratocumulari non sono ricomparse fino a quando i livelli di CO2 non sono scesi a livelli sostanzialmente inferiori a quelli in cui si è verificata l’instabilità.
«Questa ricerca indica un punto cieco nella modellizzazione del clima», ha detto Schneider, che attualmente sta guidando un consorzio chiamato Climate Modeling Alliance (CliMA) che sta tentando di costruire un nuovo modello climatico. CliMA utilizzerà gli strumenti di assimilazione dei dati e l’apprendimento automatico per fondere le osservazioni terrestri e le simulazioni ad alta risoluzione in un modello che rappresenti meglio dei modelli esistenti le nuvole e altre importanti funzioni su scala ridotta. Un utilizzo del nuovo modello sarà quello di determinare con maggiore precisione il livello di CO2 al quale si verifica l’instabilità delle nubi stratocumulari.