La geoingegneria solare è politicamente rischiosa e potrebbe essere controproducente

Uno studio economico italiano rivela le complessità del governo della geoingegneria solare

[11 Giugno 2020]

Mentre siamo sempre più vicini – e forse, in qualche caso, abbiamo già superato – ai punti di non ritorno dei cambiamenti climatici, mentre l’azione dei governi stagna, riprende la discussione sulla manipolazione antropica del sistema climatico che ci eviterebbe tagli delle emissioni e un cambiamento radicale dell’economia e della società.  Come spiega Sarah DeWeerdt su Anthropocene, tra le soluzioni proposte ci sono «i prodotti chimici che assorbono la radiazione solare che potrebbero essere rilasciati nell’atmosfera per ridurre la temperatura del pianeta, un processo noto come geoingegneria solare». La geoingegneria solare sembra relativamente economica ed efficace per provocare un rapido abbassamento delle temperature, ma è anche rischiosa. Poi ci sono anche problemi b geopolitici: i diversi Paesi non sono probabilmente d’accordo su quale sia la temperatura globale ideale. E ora il nuovo  studio “Solar geoengineering may lead to excessive cooling and high strategic uncertainty”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences da Anna Lou Abatayo, Valentina Bosetti (università Bocconi), Marco Casari (università di Bologna e Stanford),  Riccardo Ghidoni (università Milano-Bicocca) e Massimo Tavoni (RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e Politecnico di Milano), dice che probabilmente la geoingegneria solare porterebbe a un mondo più povero e più diseguale».

Il team di economisti italiani ha condotto un esperimento di laboratorio economico: han reclutato studenti all’università di Bologna e li ha divisi in due gruppi per giocare a un computerized game. Ad ogni squadra è stato detto di puntare a un certo punteggio – da 2, 6 a 10 – analogo ai valori medi globali delle temperature che i diversi Paesi potrebbero preferire. Gli studenti hanno deciso quanta “produzione”, analoga al progetto di geoingegneria, si sarebbero impegnati a cercare di raggiungere con il loro punteggi-valore ideale. I partecipanti allo studio non potevano comunicare con altre squadre, ma alla fine di ogni round veniva mostrato loro cosa facevano le altre squadre e quindi potevano tenerne conto nel round successivo e adeguare la loro strategia. Si tratta di una versione del Questa è una versione del public-good-or-bad game, un punto fermo dell’economia sperimentale.

Il team di ricercatori spiega che quando due squadre si sono scontrate – una squadra a 2 punti contro una squadra a 6 punti, 2 punti contro 10 o 6 punti contro 10 – la squadra con il più alto valore ideale tendeva a dominare.  Secondo gli scienziati che si occupano di governance dei cambiamenti climatici, da questi test emerge che i Paesi che beneficerebbero della riduzione della temperatura globale potrebbero intraprendere massicci progetti di geoingegneria, lasciando però il resto che le cose peggiorino nel resto del mondo. Si tratta della prima prova empirica che supporta questo fenomeno, noto come ” free-driving”.

Quando i ricercatori italiani hanno creato un modello di un mondo multilaterale facendo giocare insieme 6 squadre – due con ciascun punteggio ideale – i risultati sono stati simili. Il livello della geoingegneria ha finito per essere di circa 10 punti, anche se 6 punti avrebbero massimizzato il benessere globale.

Il team di ricerca italiano evidenzia che «La parte del leone nei lavori di geoingegneria è svolta da coloro che hanno il maggior desiderio di raffreddare il pianeta, anche se tutti ne pagano il prezzo. Questo perché i costi della geoingegneria comprendono non solo la tecnologia stessa, ma il freno che un regime di temperatura non ideale esercita sulle economie».

Le cose si sono fatte ancora più complicate quando ai giocatori è stato permesso di compiere sforzi “negativi”. Uno scenario era analogo alla controgeoingegneria, nel quale i diversi Paesi  possono rilasciare sostanze chimiche nell’atmosfera per provocare un effetto serra, contrastando le sostanze chimiche per il raffreddamento rilasciate da altri Paesi. I ricercatori si aspettavano che questo si tradurrebbe in una “guerra della geoingegneria”, nella quale i paesi che beneficerebbero maggiormente della geoingegneria aumenterebbero ulteriormente i loro sforzi per contrastare gli altri Paesi che cercherebbero di ridurre gli effetti della geoingegneria: come marito e moglie che litigano su quale temperatura deve raggiungere il termostato, ma con in palio il destino del pianeta.

A prima vista, questa previsione sembrava essere eccessivamente pessimistica. Il valore medio complessivo in questo scenario è stato intorno a 6 punti, con diverse risorse sprecate da tutte le parti per arrivarci, ma si tratta di un livello medio che evidenzia una guerra di geoingegneria meno grave di quanto previsto.

Ma in realtà sotto la superficie dello scontro ribolliva il caos della geoingegneria. Il risultato del gioco è stato inaspettatamente variabile da un round all’altro: i giocatori faticavano a prevedere cosa avrebbero fatto le altre squadre e spesso superato massicciamente il livello ottimale di geoingegneria. Il risultato di tutta questa instabilità è «un mondo meno ricco in generale e una maggiore disuguaglianza tra i Paesi» dicono i ricercatori.

Nel mondo reale, i Paesi potrebbero evitare alcuni di questi rischi condividendo i loro di piani di geoingegneria, ma questi colloqui potrebbero finire con minacce di azioni militari o altre sanzioni nei confronti di paesi che perseguono sforzi di geoingegneria indesiderati. In entrambi i casi, concludono i ricercatori italiani, «La natura di questa tecnologia pone le basi per nuove e serie sfide di governance».