La decarbonizzazione promessa dalle industrie petrolifere non è abbastanza per il clima

Pubblicata su Nature un’analisi degli scenari prodotti da Bp, Royal Dutch Shell ed Equinor: «Incompatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi»

[17 Agosto 2022]

Gli scenari di decarbonizzazione globale delineati da alcune delle principali compagnie petrolifere propongono riduzioni nelle emissioni di gas serra troppo deboli, o troppo ritardate nel tempo, per centrare gli obiettivi delineati dall’Accordo di Parigi sul clima, che prevede di «mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, e proseguire l’azione volta a limitare l’aumento di temperatura a 1,5° C rispetto ai livelli pre-industriali».

Secondo lo studio Institutional decarbonization scenarios evaluated against the Paris Agreement 1.5 °C goal, pubblicato oggi su Nature Communications da un team di ricercatori afferente a Climate Analytics – cui hanno partecipato anche autori dell’Imperial college di Londra –, gli scenari di decarbonizzazione proposti da Bp, Shell, Equinor «sono incompatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».

Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno analizzato sei scenari: uno per ogni major petrolifera tranne nel caso Bp, che conta due scenari, cui ne se aggiungono altri due prodotti dall’International energy agency (Iea). La principale azienda italiana attiva nel comparto oil&gas – ovvero Eni – non è stata invece ricompresa nello studio, ma è utile ricordare come anche i suoi impegni sul fronte della  decarbonizzazione siano da più parti ritenuti ampiamente lacunosi e insufficienti.

«La maggior parte degli scenari che abbiamo valutato sarebbero classificati come incoerenti con l’Accordo di Parigi in quanto non riescono a limitare il riscaldamento a “ben al di sotto di 2 °C”, per non parlare dei 1,5 °C», spiega Robert Brecha, co-autore principale dello studio.

Lo scenario “Rebalance” descritto da Equinor, ad esempio, raggiunge il picco con un riscaldamento mediano di 1,73°C rispetto ai livelli preindustriali nel 2060; il “Rapid” di Bp arriva a 1,73°C nel 2058; lo “Sky” di Shell a 1,81°C nel 2069; lo scenario di sviluppo sostenibile (Sds) della Iea a 1,78°C nel 2056; lo scenario Net zero di Bp si traduce in un picco di riscaldamento di 1,65°C; lo scenario Net zero 2050 della Iea è invece allineato ai criteri di coerenza rispetto all’Accordo di Parigi che i ricercatori hanno applicato nello studio.

Gli scarti tra i risultati dei vari approcci possono non sembrare così grandi, ma in realtà conducono a delle realtà molto diverse tra loro. «Anche il superamento temporaneo dei 1,5°C di surriscaldamento porterebbe a impatti catastrofici e indebolirebbe gravemente la nostra capacità di adattarci ai cambiamenti climatici», conclude Bill Hare, ceo e Senior Scientist di Climate Analytics.