Guerre per l’acqua, cambiamenti climatici e flussi migratori visti dall’intelligence italiana

Nel 2030 quasi un terzo della popolazione mondiale soffrirà per scarsità idrica, e già oggi il 90% dei rifugiati provengono da Paesi coinvolti in emergenze climatiche

[3 Marzo 2022]

Il comparto dell’intelligence nazionale, o più precisamente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica – ovvero il sistema che ha il compito di assicurare le attività informative utili a salvaguardare l’Italia dalle minacce provenienti sia dall’interno sia dall’esterno – ha pubblicato la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” relativa all’anno 2021, illustrandola in Parlamento.

All’interno della Relazione sono stati resi disponibili dei box d’approfondimento in merito a minacce che hanno direttamente a che fare con la crisi climatica in corso: ne pubblichiamo due qui di seguito, integralmente.

Le guerre per l’acqua

Il cambiamento climatico e la crescita della popolazione mondiale stanno acuendo la carenza di risorse idriche in molti quadranti e sono numerosi i teatri in cui i diritti di accesso all’acqua dolce costituiscono ragione di tensione e, potenzialmente, di conflitto.

Secondo le proiezioni ONU, nel 2030 la popolazione mondiale crescerà dagli attuali 7,8 miliardi di abitanti a 8,5. Di questi 700 milioni di persone in più, la metà si troverà in Africa, perlopiù in contesti dove l’accesso alle risorse idriche è già estremamente difficile. Gli attuali 2,3 miliardi di persone, che soffrono nel mondo per la scarsità d’acqua, sono destinati a crescere fino a 2,7 miliardi (quasi un terzo della popolazione mondiale) nel 2030.

L’aumento delle temperature medie sta incrementando gli eventi climatici estremi quali siccità, inondazioni e uragani. La regolarità delle piogge viene sconvolta e, con essa, la prevedibilità della produzione agricola.

Negli ultimi vent’anni questi cambiamenti hanno già prodotto un netto aumento del numero di eventi conflittuali collegati alla gestione dell’acqua, fattore rivelatosi quale effettiva ragione di un elevato numero di conflittualità interne.

Finora si sono verificate solo raramente dispute violente tra Stati legate all’acqua, limitando le contrapposizioni a scontri occasionali che non si sono trasformati in guerre di lunga durata. L’acqua viene utilizzata perlopiù come arma all’interno di conflitti pre-esistenti, come nel caso della Crimea, il cui canale di approvvigionamento idrico è stato bloccato nel contesto del conflitto russo-ucraino.

Cambiamenti climatici e flussi migratori

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – UNHCR, il 90% di coloro che si trovano nel mondo sotto il mandato dell’Agenzia provengono da Paesi coinvolti anche, non solo, da emergenze climatiche.

I cambiamenti del clima si manifestano a livello ambientale con l’intensificazione degli eventi estremi, e con l’aumento della loro frequenza. Da una parte si traducono in fenomeni quali cicloni e alluvioni, e dall’altra in siccità e desertificazione. Nei Paesi maggiormente colpiti dagli effetti della mutazione del clima, aumenta la povertà nelle fasce di popolazione più vulnerabili, l’instabilità delle società si fa più marcata, e la spinta migratoria all’interno o all’esterno dei confini nazionali trova nuova linfa per diffondersi e accentuarsi.

Un fenomeno potenzialmente sempre più critico ai fini della crescita delle migrazioni si riscontra nella convergenza tra l’insorgenza di stati di tensione e di conflitto ed eventi climatici estremi. Una regione nella quale risulta già evidente l’interazione tra conflitti e cambiamenti climatici, con conseguente incremento delle migrazioni, è quella del Sahel. Altre aree del mondo vedono comunque il clima avverso come un moltiplicatore di rischio circa la propria stabilità.

Nel quadro più generale dei cambiamenti climatici va posta particolare attenzione allo scenario prospettico caratterizzato dagli effetti dell’innalzamento del livello medio dei mari a causa della crescita della loro temperatura e dello scioglimento dei ghiacciai.

L’innalzamento del livello dei mari potrà dare origine nel futuro, in alcune regioni del mondo, a un ulteriore incremento delle migrazioni delle popolazioni insediate lungo le coste minacciate dal fenomeno, generando nuovi squilibri all’interno dei Paesi interessati, e potenziali nuovi flussi migratori verso altre aree ritenute più sicure.