Enea e Cnr: Mediterraneo bollente

Da maggio 2022 a maggio 2023 l'ondata di calore più lunga degli ultimi 40 anni

[20 Dicembre 2023]

Lo studio “Record-breaking persistence of the 2022/23 marine heatwave in the Mediterranean Sea”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricercatori dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR – ISMAR), lancia un nuovo allarme per il cambiamento climatico: «Da maggio 2022 a maggio 2023 il Mediterraneo ha subito l’ondata di calore più lunga mai registrata negli ultimi 40 anni con un aumento fino a 4° C delle temperature del mare e picchi superiori a 23° C. La parte più colpita è stata il bacino occidentale.

la scienza definisce le ondate di calore (Marine Heat Waves – MHW), come «Situazioni in cui la differenza tra la temperatura superficiale del mare misurata e il valore atteso per quella particolare regione in quello specifico periodo dell’anno, supera una soglia critica per almeno 5 giorni, in un’area sufficientemente ampia di marez.

Quelli presentati su Environmental Research Letters sono i risultati del progetto “CAREHeat” (deteCtion and threAts of maRinE Heat waves), finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), al quale partecipano, per l’Italia, ENEA e Cnr (coordinatore), e che punta a sviluppare nuove metodologie per prevedere e identificare le ondate di caldo, comprenderne la propagazione e gli impatti su ambiente, biodiversità e attività economiche, come pesca e acquacoltura. Oltre a ENEA e Cnr, partecipano al progetto i ricercatori francesi di Collect Locatisation Satellites (CLS), Institut Français de Recherche pour l’Exploitation de la Mer(Ifremer) Mercator Ocean International e i portoghesi di +ATLANTIC CoLAB.

Le  attività di ricerca di CAREHeat sono iniziate con lo studio dell’ondata di caldo che ha interessato il Mar Mediterraneo , partendo dall’analisi dai dati satellitari che per primi hanno rilevato l’anomalia termica, con valori molto più alti rispetto alla precedente ondata di calore del 2003.

Al Cnr spiegano che «Le informazioni satellitari sono state poi integrate con i dati provenienti dalle osservazioni in situ disponibili dalla Stazione Climatica di Lampedusa, che rappresenta l’unico sito in Europa in grado di fornire informazioni sulle interazioni fra vegetazione, atmosfera ed oceano sia negli scambi di carbonio che in tutti i processi e scambi di energia che regolano il clima della regione. Grazie, inoltre, all’utilizzo di simulazioni modellistiche e sistemi di elaborazione dei dati all’avanguardia i ricercatori hanno potuto caratterizzare l’anomalia che ha interessato il periodo».

Dalle indagini dettagliate sul ruolo dei cosiddetti “forzanti atmosferici”,  come, ad esempio, il vento nel condizionare l’oceano,  è emerso che «Le anomalie della temperatura superficiale del mare sono strettamente correlate alla prevalenza delle condizioni anticicloniche nell’atmosfera; condizioni che nello stesso periodo hanno causato anche gravi siccità nella regione mediterranea».  I ricercatori italiani evidenziano che «L’analisi di questi dati indica che il rimescolamento verticale del mare causato dal vento è il principale responsabile del trasporto di calore all’interno delle acque marine e che queste anomalie sotto la superficie sono durate diversi mesi».

Dal confronto fra l’evoluzione dell’evento del 2022/23 con il precedente evento del 2003 sono emersi alcuni aspetti legati al cambiamento climatico della regione: fra questi, «Le temperature ben al di sopra della media stagionale dagli inizi di maggio nell’area mediterranea ed anche nella prima metà di giugno che è stata caratterizzata da situazioni meteorologiche tipiche di fasi più avanzate della stagione estiva».

Uno degli autori dello studio, Gianmaria Sannino, responsabile della Divisione modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali di ENEA, sottolinea che «I risultati di “CAREHeat” ci mettono davanti agli occhi solo ad alcuni dei segnali del cambiamento climatico ma dobbiamo essere consapevoli che siamo solo agli inizi di un processo più ampio e che ci troviamo di fronte a segnali di ciò che accadrà in modo sempre più frequente. In questo contesto, la ricerca è e sarà un elemento chiave per informare e guidare le politiche ambientali future, come d’altronde ha stabilito finalmente la COP28: infatti, saranno i risultati della COP28 a guidare l’aggiornamento dei piani d’azione climatica nazionali per il 2025, per un’azione climatica più ambiziosa e finanziamenti mirati. Tra i punti salienti della COP28 inoltre è stata sancita per la prima volta la necessità di triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare i miglioramenti nell’efficienza energetica; abbiamo raggiunto un traguardo storico con un fondo di oltre 700 milioni di dollari per sostenere i Paesi più vulnerabili; ci siamo impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e abbiamo finalmente adottato un quadro per l’adattamento climatico per proteggere e restaurare i nostri ecosistemi naturali e fermare la deforestazione entro il 2030 e studi come CareHeat rappresenteranno una risorsa inestimabile per guidare la pianificazione delle strategie di adattamento».

Un altro autore dello studio, Ernesto Napolitano del Laboratorio modellistica climatica e impatti dell’ENEA, conclude: «Alla luce delle conclusioni raggiunte nella recente COP28, i risultati del progetto “CAREHeat” diventano ancora più rilevanti divenendo elementi chiave per informare e guidare le politiche ambientali future, con un forte impegno globale per contrastare gli effetti del cambiamento climatico».