Clima: il futuro distopico è già qui

Türk: la politica di repressione e divisione evidenzia il legame tra libertà e sviluppo

[12 Settembre 2023]

Aprendo la 54esima sessione dell’Human Rights Council  in corso a Ginevra, l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha detto che «per quanto riguarda il cambiamento climatico, il futuro distopico è già qui. Con lo scenario più negativo del riscaldamento globale già in atto, il mondo viene distratto da una politica di divisione e confusione, invece che da unità di intenti e da una leadership decisa e cooperativa. Stiamo assistendo a una politica di divisione e distrazione, ad esempio creando conflitti artificiali sul genere, sulla migrazione o immaginando uno “scontro” di civiltà. Non abbiamo bisogno di ulteriori avvertimenti. Il futuro distopico è già qui. Abbiamo bisogno di un’azione urgente adesso. E sappiamo cosa fare. La vera domanda è: cosa ci blocca?»

Tra i recenti esempi dell’«orrore ambientale che costituisce la nostra crisi planetaria globale», Türk ha citato la situazione a Bassora, in Iraq, dove «la siccità, il caldo torrido, l’inquinamento estremo e il rapido esaurimento delle riserve idriche creano paesaggi aridi di macerie e polvere» e ha ricordato che nel mondo «il cambiamento climatico sta spingendo milioni di persone alla fame, distrugge speranze, opportunità, case e vite. Negli ultimi mesi, gli allarmi  urgenti sono diventati realtà mortali, ancora e ancora, in tutto il mondo. Nel Sahel, ad esempio, la maggior parte delle persone lotta per la sopravvivenza quotidiana. Burkina Faso, Ciad, Mali e Niger sono tra gli 8 Pesi meno sviluppati del mondo. Questi Paesi sono gravemente colpiti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, una crisi alla quale non hanno praticamente contribuito. In questa parte dell’Africa occidentale, le risorse necessarie per la sopravvivenza, come terra fertile e acqua, stanno diminuendo, portando a conflitti tra le comunità. Le misure di adattamento di cui hanno urgente bisogno sono troppo costose e il sostegno finanziario regolarmente promesso nelle conferenze internazionali arriva troppo lentamente. In queste condizioni, il 2022 è stato l’anno più mortale dall’inizio della crisi del Sahel dieci anni fa e la costante minaccia di violenza da parte di gruppi armati si estende ora agli Stati costieri».

Ma Türk  ha fatto notare che «tuttavia, nessuna delle sfide che questi Paesi si trovano ad affrontare può essere affrontata isolatamente: sono legate tra loro. Cambiamento climatico, compresa la siccità e i relativi eventi meteorologici estremi; mancanza di investimenti adeguati nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria, nei servizi igienico-sanitari, nella protezione sociale, nella giustizia imparziale e in altri diritti umani; decenni di cattiva governance e mancanza di trasparenza e responsabilità nel processo decisionale sono le fonti da cui trae origine l’estremismo violento. In questo contesto, i cambiamenti incostituzionali del governo nel Sahel non sono la soluzione. Piuttosto, abbiamo bisogno di un’inversione urgente verso la governance civile e spazi aperti in cui le persone possano partecipare, influenzare, accompagnare e criticare le azioni – o la mancanza di azione – del governo».

E l’Alto commissario Onu per i diritti umani si è anche detto «scioccato dalla disinvoltura di fronte alle migliaia di migranti che muoiono ogni anno in tutto il mondo sulle rotte migratorie. Mentre il cambiamento climatico sta aumentando gli spostamenti di popolazione, sono scioccato dalla nonchalance mostrata di fronte alle oltre 2.300 persone dichiarate morte o disperse nel Mediterraneo quest’anno, di cui più di 600 durante un unico naufragio al largo delle coste greche a giugno. E’ chiaro che un numero molto maggiore di migranti e rifugiati stanno morendo in altre parti del mondo, compreso nella Manica, nel Golfo del Bengala e nei Caraibi, dove le persone in cerca di protezione vengono costantemente respinte ed espulse» Turk ha evidenziato  anche le situazioni «lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico, dove le espulsioni e le procedure di allontanamento accelerato sollevano seri interrogativi. Così come alla frontiera del Regno dell’Arabia Saudita, dove chiediamo chiarimenti urgenti sulle accuse di omicidi e maltrattamenti».

Di fronte ai grandi problemi che affliggono il mondo, Turk ha denunciato che «stiamo assistendo a una politica dell’inganno, che consiste nel gettare sabbia negli occhi delle persone. Con l’aiuto delle nuove tecnologie, bugie e disinformazione vengono prodotte in massa per seminare il caos, seminare confusione e, in definitiva, negare la realtà e garantire che non venga intrapresa alcuna azione che possa mettere a repentaglio gli interessi delle élite costituite. Il caso più ovvio è quello del cambiamento climatico. Tuttavia, in un mondo in crisi e pieno di complessità, abbiamo disperatamente bisogno di un fiorire di punti di vista critici, innovativi e costruttivi per sviluppare politiche e sistemi migliori. Ma quello che stiamo vedendo sempre di più sono colpi di stato militari, autoritarismo e repressione del dissenso: in breve, il pugno duro».

Il responsabile dei diritti dell’Onu ha sottolineato che «nel corso dei miei anni di servizio presso le Nazioni Unite mi è diventato chiaro che le questioni relative allo sviluppo sono alla base di quasi tutte le sfide che affrontiamo. Non lasciare indietro nessuno non è uno slogan vuoto. E’ un piano d’azione sui diritti umani che abbraccia l’intero spettro dei diritti umani. Il mondo sta tradendo la promessa di porre fine alla fame e alla povertà entro il 2030. Secondo le stime della Fao, alla fine di questo decennio circa 600 milioni di persone saranno cronicamente sottonutrite, nonostante le ingenti risorse finanziarie e tecnologiche a nostra disposizione. 1,2 miliardi di persone, quasi la metà dei quali bambini, vivono oggi in povertà multidimensionale acuta e, come previsto dalla Banca Mondiale, rischiano di essere raggiunti da altri milioni a causa del cambiamento climatico. Si tratta di un terribile fallimento collettivo in materia di diritti umani.

L’Alto Commissario ha dettagliato le misure «per colmare l’abisso tra ricchi e poveri e le disuguaglianze che impediscono all’umanità di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)», a cominciare  dalla necessità di una «riforma dell’architettura finanziaria internazionale che offra accordi più equi sulla riduzione del debito, finanziamenti urgenti per i Paesi in via di sviluppo sotto forma di stimoli per gli obiettivi di sviluppo sostenibile, una spinta  verso  la cooperazione fiscale internazionale e una lotta globale rinvigorita contro la corruzione e le attività e il flussi finanziari illeciti».

Türk ha anche chiesto «un’azione climatica basata sui diritti umani efficacemente finanziata per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico, al quale hanno contribuito così poco, e compensare il danno arrecato.   E’ necessaria una rapida ed equa eliminazione dei combustibili fossili. Accolgo con favore la considerazione di misure per garantire la responsabilità per i danni ambientali, come la proposta di inclusione del crimine internazionale di “ecocidio” nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale sostenuta dalle Nazioni Unite».

Türk ha anche parlato dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e della «terribile guerra che ha devastato il Paese» e ha evidenziato che «il ritiro della Federazione Russa dalla Black Sea Grain Initiative a luglio, e gli attacchi agli impianti di produzione del grano a Odessa e altrove, hanno nuovamente fatto salire i prezzi alle stelle in molti Paesi in via di sviluppo, rendendo il diritto al cibo fuori dalla portata di molte persone. Ho forti preoccupazioni per quanto riguarda le restrizioni ai diritti fondamentali in Russia e l’oppressione particolarmente grave del movimento pacifista e degli attivisti per i diritti umani, come esemplificato dalle dure pene detentive inflitte agli oppositori Alexei Navalny e Vladimir Kara-Murza».

L’Alto Commissario si è detto «fortemente scioccato per l’escalation di violenza nei Territori Palestinesi Occupati» e preoccupato per «le continue restrizioni dello spazio civico da parte delle Autorità palestinesi e delle autorità de facto a Gaza».

A un anno dalla morte di Mahsa Amini in Iran e dopo le manifestazioni e la repressione del regime teocratico iraniano contro giovani, donne e oppositori, Türk ha deplorato il fatto che i colpevoli non siano stati puniti e ha ribadito le sue preoccupazioni per «la restrizione dei diritti delle donne e delle ragazze, nonché per il rinnovato dispiegamento della polizia morale, una forza mirata quasi esclusivamente nel controllarle».

Ma Türk ha anche condannato con forza «la serie ripugnante di circa 30 recenti episodi di rogo del Corano per creare divisioni, sia all’interno delle società, sia tra i Paesi» e  ha annunciato che la 54esma sessione dell’Human Rights Council  discuterà approfonditamente questo argomento il 6 ottobre.

La riunione di lunedì di Ginevra si è aperta con un minuto di silenzio in onore delle vittime del devastante terremoto che ha colpito il Marocco l’8 settembre, e che finora ha causato la morte di oltre 2.100 persone.  Il vicepresidente del Consiglio, rappresentante permanente del Gambia presso l’ONU a Ginevra, Muhammadou MO Kah, ha esortato alla solidarietà con le vittime,ricordando alle delegazioni presenti che «Non siete solo rappresentanti di nazioni o organizzazioni, ma parte di un sistema globale, di una  comunità, dell’umanità

La 54esima sessione del  Consiglio dei diritti umani si svolgerà fino al 13 ottobre, una maratona di 5 settimane che si concentrerà particolarmente sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, Bielorussia, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Myanmar, Nicaragua, Sri Lanka, Sudan e Ucraina.