Boris Johnson all’Onu: «L’adolescenza dell’umanità sta volgendo al termine»

«Non vedo un conflitto tra il movimento verde e il capitalismo»

[23 Settembre 2021]

Intervenendo al dibattito ad alto livello all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il primo ministro conservatore britannico, Boris Johnson, ha detto che «E’ tempo che l’umanità cresca e si assuma la responsabilità dei danni che stiamo infliggendo al pianeta. La specie umana si sta avvicinando alla fine della fase adolescenziale della sua vita evolutiva».

Per quanto riguarda la 26esima conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (COP26 Unfccc) che la Gran Bretagna ospiterà nella città scozzese di Glasgow, Johnson ha detto che «Sarà il momento per dimostrare che l’umanità è in grado di apprendere e maturare. Giornalmente, settimanalmente, stiamo facendo danni così irreversibili che, molto prima che siano trascorsi un milione di anni [dell’umanità], avremo reso questo bellissimo pianeta davvero inabitabile, non solo per noi ma per molte altre specie».

Il leader britannico, uno degli alfieri del liberismo internazionale ha ammesso che se continueremo con il business as usual, le temperature saliranno di oltre 2,7 gradi o più entro la fine del secolo,  «Con conseguenze disastrose, a causa dell’azione umana. E non importa cosa accadrà alle banchise glaciali… vedremo desertificazione, siccità, raccolti insufficienti e spostamenti di massa dell’umanità su una scala mai vista prima, non a causa di qualche evento naturale imprevisto o disastro, ma a causa nostra , per quello che stiamo facendo ora. “E i nostri nipoti sapranno che siamo noi i colpevoli e… che siamo stati avvertiti e sapranno che è stata questa generazione ad essere al centro della scena per parlare e agire a nome dei posteri e che abbiamo passato il segno e si chiederanno che tipo di persone fossimo, così egoisti e così miopi».

Johnson ha ricordato che «Alla COP26, il mondo deve impegnarsi a raggiungere la carbon neutrality entro la metà del secolo. I Paesi che rappresentano il 70% del PIL mondiale si sono impegnati in questo obiettivo, ma sono necessari impegni in 4 aree per effettuare riduzioni sostanziali: fine dell’energia dal carbone, transizione ai veicoli elettrici, finanza climatica e piantumazione di alberi».

Johnson ha elogiato il presidente cinese Xi Jinping per il suo recente impegno a smettere di costruire nuove centrali a carbone all’estero, ma ha invitato la Cina, che produce il 28% delle emissioni globali di gas serra, ad «Andare oltre e a porre fine al suo utilizzo interno  di carbone. Il Regno Unito è la prova che si può fare. Il Regno Unito 5 anni fa utilizzava il carbone per generare il 25% della sua elettricità, ma ora è sceso al 2%, La tecnologia verde ha portato alla riduzione delle emissioni nel Regno Unito, con l’eliminazione graduale dell’elettricità dal carbone entro il 2024 e all’installazione di turbine eoliche».

Il primo ministro britannico ha anche affermato di non vedere un conflitto tra il movimento verde e il capitalismo e ha affermato che: «L’intera esperienza della pandemia di Covid  dimostra che il modo per risolvere il problema è attraverso la scienza e l’innovazione, le scoperte e gli investimenti che sono resi possibili dal capitalismo e dal libero mercato». Peccato che anche Cuba abbia sviluppato un proprio vaccino e che altrettanto abbiano fatto capitalismi statali atipici – e non proprio di libero mercato – come quello cinese e russo.

Johnson ha però ammesso che, nonostante le luminose sorti progressive del capitalismo, «Abbiamo gli strumenti per una rivoluzione industriale verde, ma il tempo è disperatamente breve».

Poi Johnson ha fatto notare il contributo del Regno Unito alla rapida crescita del mercato dei veicoli elettrici, «Che comporta la fine della vendita di motori a combustione interna a idrocarburi entro il 2030», e ha chiesto «La cooperazione internazionale per garantire che, entro il 2040, ci siano solo veicoli a emissioni zero in vendita ovunque nel mondo».

Il premier conservatore ha spiegato che il suo Paese «rafforzerà la protezione dalle inondazioni piantando milioni di alberi in più e ha invitato le nazioni a seguire l’esempio del Pakistan, che si è impegnato a piantare 10 miliardi di alberi».

Per quanto riguarda il problema cruciale dei finanziamenti climatici, Johnson ha evidenziato  «L’impegno del Regno Unito a fornire 11,6 miliardi di sterline per aiutare il resto del mondo ad affrontare il cambiamento climatico» e ha elogiato gli impegni finanziari assunti da Danimarca e Stati Uniti. Ma ha aggiunto che «Tuttavia, gli impegni nazionali dei governi non bastano e anche il settore privato deve far leva, attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, per fare gli investimenti necessari. Oltre ad affrontare il cambiamento climatico, tali investimenti produrranno milioni di posti di lavoro altamente qualificati e con salari elevati. Le start-up stanno già producendo soluzioni alla crisi climatica, dai mangimi che riducono le emissioni di metano del bestiame, alla robotica e all’intelligenza artificiale che migliorano la produzione alimentare. Queste innovazioni tecnologiche ridurranno i costi per i consumatori, in modo che non abbiamo nulla da temere e tutto da guadagnare da questa rivoluzione industriale verde.

Guardando alla COP26 Unfccc, Johnson l’ha descritta come «Un’opportunità per crescere, una metaforica festa del sedicesimo compleanno per l’umanità, in cui il mondo può celebrare il raggiungimento della maggiore età e spegnere le candeline di un mondo in fiamme».

BBC News fa notare che  «L’alleanza internazionale che Johnson ha formato per sbarazzarsi del carbone sta raccogliendo consensi, anche se non ancora abbastanza. E fissando obiettivi aggressivi per ridurre le emissioni complessive di carbonio (78% entro il 2035) incoraggia gli altri a seguirli. Eppure, il primo ministro sta inciampando nel suo stesso cortile di casa».

Infatti, Johnson si era impegnato a «non restare mai in ritardo», ma il suo piano per isolare enerfgeticamente le case è in grave ritardo insieme ad altre iniziative vitali su questioni tra cui l’aviazione, l’agricoltura e il finanziamento della rivoluzione low-carbon.

Gli ambientalisti britannici citano ricerche recenti che hanno mostrato che il governo conservatore britannico ha messo in atto meno di un quarto delle politiche necessarie per rendere l’economia britannica più green. E, mentre parla di uscire definitivamente dal carbone Johnson non si oppone a una miniera di carbone in Cumbria, al taglio delle tasse sui voli aerei e a grandi opere s autostradali che faranno aumentare le emissioni quando, secondo lui, dovrebbero diminuire.