Blitz di Greenpeace a La Spezia, contro la spesa militare italiana che difende le fonti fossili

«Oggi che la più grave minaccia per l’umanità è la crisi climatica, l’Italia spreca risorse per difendere gli interessi dell’industria del gas e del petrolio»

[22 Dicembre 2021]

Anziché difendere il clima, la spesa militare italiana difende le fonti fossili: secondo un rapporto curato da Greenpeace, circa il 64% cento della spesa italiana per le missioni militari è destinato a operazioni collegate alla difesa di fonti fossili, per un totale di quasi 800 milioni di euro spesi nel solo 2021 e ben 2,4 miliardi di euro negli ultimi quattro anni.

Una realtà contro cui l’associazione ambientalista ha protestato oggi in modo plateale a La Spezia, “scortando” in porto la fregata Marceglia della Marina militare.

La Marcegaglia è infatti di rientro oggi in Italia dopo quattro mesi nel Golfo di Guinea, dove ha svolto attività antipirateria con il primo compito di «proteggere gli asset estrattivi di Eni». Greenpeace chiede al governo italiano che questa missione sia l’ultima con il compito di tutelare gli interessi dell’industria dei combustibili fossili.

«Siamo di fronte a un vero paradosso – dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace Italia – oggi che la più grave minaccia per l’umanità è la crisi climatica, l’Italia spreca risorse per difendere gli interessi dell’industria del gas e del petrolio, principale responsabile degli eventi climatici estremi che sempre più spesso colpiscono anche il nostro Paese minacciando la sicurezza dei cittadini. Il Governo deve smettere di finanziare la crisi climatica spendendo soldi pubblici per le fonti fossili. Solo abbandonando gas e petrolio, e puntando davvero su rinnovabili ed efficienza energetica, il nostro Paese potrà garantirsi un futuro verde e di pace, mitigando i rischi economici e ambientali legati al riscaldamento globale. Altrimenti la transizione ecologica continuerà ad essere solo un vuoto slogan politico».

Le priorità di spesa sul fronte delle missioni militari indicano infatti un operato profondamente contrario alle dichiarazioni sulla “transizione ecologica”. Come svelato dal rapporto Greenpeace, tra i Paesi europei analizzati l’Italia è quello che spende di più per le missioni militari a difesa delle fonti fossili.

«Oltre alle due operazioni che hanno come esplicito compito la “sorveglianza e protezione delle piattaforme di Eni ubicate nelle acque internazionali”, cioè “Mare Sicuro” al largo della Libia e “Gabinia” nel Golfo di Guinea, nel corso di alcune audizioni parlamentari il ministro della Difesa Guerini ha collegato altre missioni italiane alla tutela di fonti fossili: da quelle in Iraq a quelle nel Mediterraneo orientale, fino a quelle dispiegate in zone strategiche per le nostre importazioni di petrolio e gas, come il Golfo di Aden e lo Stretto di Hormuz», concludono da Greenpeace.