L’Africa australe ancora in piena emergenza umanitaria dopo i cicloni e le tempeste di gennaio - marzo

Altre alluvioni: dopo 3 anni di siccità estrema la Somalia sommersa dalle esondazioni dei fiumi

La situazione avrebbe potuto essere peggio senza gli interbenti preventivi finanziati da Fao, Italia, Gran Bretagna e Banca mondiale

[22 Maggio 2023]

Mentre la ricca Emilia Romagna conta le vittime e i danni miliardari dell’ultimo ciclone mediterraneo, in alcuni dei Paesi più poveri del mondo si fanno nuovamente i conti con quella che ormai è diventata la nuova normalità del cambiamento climatico estremo. La Fao e il ministero per gli affari umanitari e la gestione dei disastri dello Stato federale somalo di Hirshabelle hanno chiesto assistenza urgente per aiutare le comunità colpite dalle inondazioni nella città di Belet Weyne. Secondo l’unità Somalia Water and Land Information Management della Fao (SWALIM), «Le inondazioni, iniziate all’inizio di maggio, abbiano colpito oltre 200.000 persone e che circa il 79% della città sia stata allagata». Ezana Kassa, responsabile del programma della Fao in Somalia aggiunge: «Stiamo assistendo alla peggiore inondazione del fiume Shabelle negli ultimi trent’anni, attualmente, la situazione per molte famiglie sfollate è molto precaria».

Il 19 maggio l’United Nations Office of the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) ha comunicato che «Oltre 200.000 persone sono state sfollate dalle loro case e hanno bisogno immediato di cibo, acqua, riparo e altra assistenza salvavita».  Kassa ha confermato: «I mezzi di sussistenza sono stati distrutti e il rischio di malattie trasmesse dall’acqua è in aumento». E’ un altro durissimo colpo per gli agricoltori locali che dicevano che finalmente il raccolto di questa stagione sembrava più promettente rispetto agli ultimi anni di siccità.

Il Fao Regional Office for Africa ricorda che «Queste inondazioni storiche sono le ultime di una serie di disastri naturali che hanno colpito la Somalia negli ultimi anni, una tendenza in aumento causata in parte dal cambiamento climatico globale. Nel 2021 – 22, il Paese è stato colpito da una devastante siccità che ha lasciato il Paese in bilico sull’orlo della carestia e 6,6 milioni di persone con grave insicurezza alimentare. Si tratta anche di un promemoria della vulnerabilità della Somalia ai cambiamenti climatici. Il Paese è già uno dei più vulnerabili al mondo agli effetti del cambiamento climatico e i modelli scientifici più affidabili mostrano che in futuro gli shock legati al clima potranno solo aumentare di frequenza».

Oltre a fornire rapporti e analisi sulle inondazioni per gli operatori umanitari e avvisi di allerta precoce alle comunità colpite attraverso il suo sistema “Digniin”, la Fao sta aumentando i trasferimenti di denaro di emergenza alle famiglie colpite e sostenendo azioni di prevenzione, visto che i distretti a valle, tra cui Bulo Burto, Jalalaqsi e Jowhar, sono ancora a rischio di inondazioni da moderato ad alto.

Asha Khalif Mohamed, del ministero degli affari umanitari e della gestione dei disastri dello Stato di Hirshabelle, ha lanciato un appello: «Chiediamo alla comunità internazionale di fornire urgentemente assistenza alla popolazione di Belet Weyne e alle regioni colpite dalle inondazioni. Il governo ha già fornito cibo e rifornimenti di emergenza alle comunità colpite, oltre a guidare il coordinamento della risposta alle inondazioni sul campo. Dobbiamo essere pronti a portare quello di cui le persone hanno bisogno non appena le acque alluvionali si ritirano, prevenire le epidemie e anche aiutare le persone a rimettersi in piedi attraverso interventi di sostentamento».

A Belet Weyne la tragedia avrebbe potuto essere ancora peggiore se la Fao, con il sostegno del Regno Unito, della Banca mondiale e del governo italiano, nel 2022 non avesse attuato interventi preventivi contro gli eventi alluvionali che si temeva che sarebbero arrivati con l’attenuarsi de La Niña e il previsto arrivo di El Niño. I primi rapporti dimostrano che quei lavori hanno tenuto a bada i livelli delle inondazioni per settimane in più rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, in alcune aree, la peggiore inondazione in Somalia almeno dal 1991 ha visto le acque alluvionali superare livelli record, mentre altri interventi hanno impedito conseguenze peggiori in altre aree.

Oltre al sostegno immediato per le popolazioni colpite, la Fao  chiede maggiori investimenti in soluzioni a più lungo termine, tra le quali «Iniziative di gestione delle inondazioni più solide per mitigare l’impatto degli shock climatici sulle comunità vulnerabili e salvaguardare la loro sicurezza alimentare in futuro».

La situazione è drammatica anche molto più a sud, nell’Africa Australe, colpita dall’inizio dell’anno da una serie di disastri climatici che hanno sconvolto la vita di milioni di persone e dove la Fao ha lanciato un appello urgente per l’assistenza.

Tra gennaio e marzo, il ciclone tropicale Freddy – quello con più energia mai registrato al mondo – e la tempesta tropicale Cheneso hanno colpito il Malawi, il Madagascar e il Mozambico, mentre lo Zambia ha distruzioni a causa di tempeste distruttive e piogge torrenziali che hanno provocato gravi inondazioni. Sono andate perse infrastrutture sociali ed economiche essenziali, attrezzature per la pesca, bestiame e centinaia di migliaia di ettari di raccolti. Le inondazioni hanno anche aumentato gli spostamenti del bestiame e degli animali selvatici, provocando focolai di malattie zoonotiche transfrontaliere. Complessivamente, in tutta la regione sono state colpite quasi 10 milioni di persone.

Nell’Africa australe oltre il 70% della popolazione dipende dall’agricoltura per il proprio sostentamento e il coordinatore subregionale della Fao per l’Africa meridionale, Patrice Talla, ha avvertito che «La sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza rurali di alcune delle persone più vulnerabili della regione sono state gravemente compromesse. E’ necessaria una risposta di emergenza su vasta scala e sostenuta per consentire alle persone di riprendersi e riprendere la produzione agricola.

La risposta all’emergenza della FAO è delineata nel rapporto “Subregional southern Africa: Climate hazards – Urgent call for assistance” con il quale la Fao chiede 247 milioni di dollari per sostenere 2,5 milioni delle persone più vulnerabili in Malawi, Madagascar, Mozambico e Zambia colpite da questi shock climatici. Il sostegno si concentrerà sul ripristino della produzione agricola, ittica e zootecnica, oltre a condurre valutazioni e analisi dei bisogni per supportare una risposta coordinata e su vasta scala.