Kyoto Club: l’Italia, ha giocato però un ruolo del tutto marginale alla conferenza

Accordo Cop28, Legambiente e Wwf: primo timido passo avanti

Tre i talloni d’Achille dell’accordo: tecnologie CCS, combustibili fossili e mancato impegno concreto per la finanzia climatica

[13 Dicembre 2023]

Secondo il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, «L’accordo della Cop28 sancisce per la prima volta l’uscita dalle fonti fossili in modo da raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, con un’accelerazione dagli anni di qui al 2030, triplicando le rinnovabili e raddoppiando l’efficienza energetica. La scelta di prevedere una “transition away” graduale per la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone rappresenta un timido passo avanti su cui, però, ora i Paesi devono dimostrare azioni decise, senza più tentennamenti o inspiegabili rinvii, perché il tempo incalza e la crisi climatica avanza ad un ritmo sempre più veloce. Ben venga l’impegno a triplicare le rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica. Ora l’Italia deve fare la sua parte in linea con l’accelerazione che dovrà esserci a livello europeo e ascoltare la scienza. Dal Governo Meloni ci aspettiamo un deciso cambio di passo con la definizione di una road map nazionale per la decarbonizzazione che preveda in primis una revisione ambiziosa del PNIEC per ridurre almeno del 65% le emissioni entro il 2030, mentre la versione attuale ci consente solo il 40%. Altro passo importante per l’Italia dovrà essere la rimodulazione e la cancellazione dei sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030. Il nostro Paese, sino ad oggi, si è dimostrato pro-fossile e poco rinnovabile. Nel 2022, stando al nostro ultimo report diffuso ieri in occasione della prima giornata del XVI Forum QualEnergia, i sussidi ambientalmente dannosi sono stati più che raddoppiati arrivando a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas; mentre le rinnovabili sono ferme sulla carta con 1.400 progetti in valutazione al MASE e in ritardo per le mancate semplificazioni. Solo investendo sulle rinnovabili l’Italia potrà colmare l’attuale ritardo e centrare l’obiettivo climatico del 65%, in coerenza con l’obiettivo di 1.5° C, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili».

Per Legambiente i talloni d’Achille dell’accordo di Dubai sono tre, legati al ricorso alle tecnologie d’abbattimento di emissioni di anidride carbonica (Carbon capture and storage – CCS) e all’utilizzo di fonti fossili come combustibili di transizione per garantire la sicurezza energetica. E’ inoltre mancato un serio impegno per la finanza climatica indispensabile per aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili ad accelerare la fuoriuscita dalle fossili.

Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente, evidenzia che «Ora l’Europa e l’Italia dovranno impegnarsi affinché si acceleri questa uscita dai combustibili fossili raggiungendo almeno il 50% di rinnovabili e almeno il 20% di efficienza energetico per ridurre le emissioni del 65% entro il 2030, e così facendo arrivare alla fuoriuscita del gas fossile entro il 2035 (per raggiungere il 100% da rinnovabili nel settore elettrico) e dal petrolio nel 2040, e quindi raggiungere la neutralità climatica prima del 2050. Solo in questo modo a livello globale potremmo mantenere vivo l’obiettivo del grado e mezzoz.

Secondo il Wwf, «La conclusione della COP28 di Dubai rappresenta un momento significativo per l’azione globale per il clima: i Paesi presenti al vertice delle Nazioni Unite sul clima hanno concordato di “transitare fuori dai combustibili fossili”, ma non si sono impegnati per la completa eliminazione di carbone, gas e petrolio».

Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia ha affermato che «Il testo finale rappresenta un miglioramento rispetto all’ultima versione, che era inaccettabile, anche se è ancora molto permeato e influenzato dalle lobby fossili e da quelle delle false soluzioni (nucleare, cattura e stoccaggio del carbonio). Pessima la menzione dei combustibili per la transizione, una transizione che gli interessi del gas tendono a rendere infinita ed enormemente più dispendiosa, proprio perché consistenti fondi tengono in piedi il sistema fossile. Controproducente anche l’inclusione di nucleare e cattura e stoccaggio del carbonio, elencati come tecnologie a zero e a basse emissioni. Il testo finale invita tutti i Paesi a seguire la scienza del clima dell’IPCC e afferma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, ma le indicazioni della decisione non sono in linea con questo obiettivo. Per un pianeta vivibile abbiamo bisogno della completa eliminazione di tutti i combustibili fossili e della transizione verso un futuro di energia rinnovabile nonché a un sistema votato a risparmiare energia e risorse e a usarle nel modo più efficiente possibile. Nel testo sentiamo ancora gli interessi non solo dei Paesi produttori di idrocarburi, ma soprattutto delle potenti compagnie occidentali, incluse le nostre, che i combustibili fossili li estraggono, gestiscono e vendono, insomma di coloro che cercheranno di farci comprare, a caro prezzo, sino all’ultima goccia di petrolio e molecola di gas naturale. La vera riflessione da fare, al più presto, è capire come rendere molto più influenti coloro che tutelano gli interessi collettivi e di chi non ha voce, dai poveri alla natura. ‘Uscire dai combustibili fossili è inevitabile’, dice Guterres: perché sia un percorso veloce, come la comunità scientifica indica per affrontare la crisi climatica, e porti nuove opportunità, la transizione va accompagnata da governi davvero indipendenti e custodi dell’interesse generale.  Il nostro lavoro è appena iniziato e continua in Italia».

Per Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, «Malgrado la COP28 si sia tenuta in un paese fossile, o forse proprio grazie a questo, la Conferenza delle parti sul clima ha registrato un altro passo significativo nella strategia di decarbonizzazione globale. L’impegno a triplicare la potenza rinnovabile globale e raddoppiare il tasso medio annuo di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030 era un dato che si considerava già acquisito nella COP28. Meno scontata l’introduzione del passaggio sulla transizione per uscire dai combustibili fossili, il Transition away, con l’accelerazione delle politiche già in questo decennio in modo da raggiungere la neutralità climatica entro il 2050».

Silvestrini evidenzia che «Europa, Usa e Stati-Arcipelago hanno giocato un ruolo importante e anche la Cina è sembrata più vicina allo schieramento che punta all’abbandono dei fossili. L’Italia, ha giocato però un ruolo del tutto marginale alla conferenza. Il nostro governo, condizionato dal mito dell’hub del gas, fa correre forti rischi al paese per gli stranded costs per le infrastrutture che non si potranno utilizzare. Incertezza anche sul percorso delle rinnovabili, anche se il fotovoltaico si sta riprendendo con 4,8 GW nel 2023 cinque volte di più rispetto alla media 2013-2021. Valori interessanti, ma ancora insufficienti per raggiungere gli obiettivi 2003 che prevedono una installazione annua di almeno una decina di GW.
Siamo poi molto indietro sulla mobilità elettrica con una quota del 4% delle vendite a fronte di altri paesi europei che viaggiano sul 20-30% del mercato. E soprattutto manca la necessaria attenzione alla reindustrializzazione green, che avvantaggerebbe in particolare il Sud».