World Wildlife Day: in Italia ci sono centinaia di specie a rischio estinzione

WWf: passi avanti, ma ancora insufficienti per tutelare il nostro tesoro di biodiversità, tra gli habitat a rischio in primis dune e zone umide

[3 Marzo 2020]

In occasione del World Wildlife Day, il Wwf, elaborando i dati messi a disposizione dal nostro Paese alla Comunità Europea per il report quinquennale sulla Direttiva Habitat, la norma che a livello comunitario protegge le specie maggiormente minacciate d’estinzione, ha valutato lo stato di salute di specie e habitat italiani più a rischio. Gli ambientalisti sottolineano che «Purtroppo, sebbene le valutazioni siano ancora preliminari, il quadro per la natura italiana è tutt’altro che roseo. Delle 570 specie italiane protette dalla Direttiva Habitat, solo 248 (43%) mostrano uno stato di conservazione favorevole. Purtroppo ben 206 (36%) presentano ancora uno stato di conservazione inadeguato e 93 (16%) addirittura sfavorevole. Del restante 5% non si hanno dati sufficienti per una valutazione secondo gli standard europei».
Tra i diversi gruppi di animali considerati (esclusi gli uccelli, tutelati da una specifica Direttiva), per il Panda italiano «A passarsela peggio sono i pesci (a rischio estinzione specie quali storione cobice, barbo canino e trota macrostigma) con oltre l’80% delle specie considerate che presentano uno stato di conservazione non favorevole, il 39% addirittura cattivo e con trend di popolazione in diminuzione. Seguono a ruota gli anfibi, con il 64% delle specie in cattivo o inadeguato stato di conservazione (fortemente minacciati ululone appenninico e salamandra di Aurora); ma anche i mammiferi (lince, foca monaca, orso marsicano ma anche i pipistrelli) non se la passano bene: in media, solo 4 specie su 10 tra quelle presenti in direttiva presentano uno stato di conservazione favorevole».
La situazione è lievemente migliore per i rettili (67% in buono stato) e gliartropodi (insetti, ragni, etc.; 53%). Anche per le piante, solo il 46% presenta uno stato di conservazione favorevole, che però scende al 21% per muschi e licheni. Il Wwf dice che «Tra le specie che rischiamo di perdere: l’abete dei Nebrodi e ribes di Sardegna».
La situazione tutt’altro che rosea anche per quanto riguarda gli ambienti naturali: «Appena il 10% di quelli in Direttiva (pari a 26 tipi di habitat) presenta infatti un buono stato di conservazione, che risulta invece inadeguato per 47% (124 habitat) e addirittura cattivo per il 39% di essi (102 habitat), per il restante 4% non ci sono dati sufficienti alla valutazione».
Tra gli habitat in peggiori condizioni ci sono quelli dunali, quelli di acqua dolce, torbiere e acquitrini, «nessuno dei quali (0%) è in uno stato di conservazione favorevole». Il Wwf è particolarmente preoccupato per gli habitat dunali: «Il 71% di quelli tutelati dalla Direttiva sono in cattivo stato e in regressione», ma hanno lo stesso pessimo status anche «il 47% di acqua dolce, il 39% delle praterie, il 28% di torbiere e acquitrini e il 21% delle foreste, che includono gli habitat tutelati dalla Direttiva più estesi d’Italia (oltre 17.000 km2)».
Solo per lande e arbusteti temperati la maggioranza degli habitat (55%) è in uno stato di conservazione favorevole, percentuale che però scende al 26% per gli habitat costieri e marini, 15% sia per quelli rocciosi sia per le macchie di sclerofille.
Tra le pressioni principali che subisce la biodiversità italiana il Wwf indica «al primo posto (in termini di numero di habitat impattati da ciascun fattore) l’agricoltura, che interessa oltre il 68% degli habitat protetti dalla Direttiva. Al secondo posto (con impatti negativi sul 58% degli habitat) troviamo invece le specie aliene, ovvero animali o piante trasportati volontariamente o involontariamente dall’uomo in aree geografiche diverse da quelle in cui si sono originate, creando squilibri ecologici agli ecosistemi locali. Segue a breve distanza, impattando quasi il 56% degli habitat, lo sviluppo delle infrastrutture ad uso industriale, commerciale, residenziale e ricreativo. Tra gli ulteriori fattori di minaccia troviamo infine attività forestali, modifiche ai regimi idrici legate alle attività umane e cambiamenti climatici, oltre a processi naturali che favoriscono l’espansione di alcuni habitat a discapito di altri».
Il Panda Italiano fa notare che «Una percentuale significativa di specie e habitat è caratterizzata da uno stato di conservazione incerto o del tutto indefinito: in molti casi regioni ed enti locali non hanno infatti provveduto ai monitoraggi indispensabili per valutare lo stato di conservazione della biodiversità, che vanno fatti con personale, competenze e risorse adeguate: da questo dipende l’efficacia delle misure di conservazione».
Marco Galaverni, direttore scientifico Wwf Italia, conclude: «La biodiversità è il nostro vero tesoro, la cui ricchezza non ha pari in Europa. Come le opere d’arte che riempiono d’orgoglio il Bel Paese, anche la natura di casa nostra va tutelata al meglio. Purtroppo siamo ancora ben lontani dal riuscirci, per questo speriamo che il 2020 sia finalmente un anno di svolta in cui governi, regioni, comuni, aziende e singoli cittadini comprendano che senza natura non possiamo vivere e si attivino per conservarli con ambizione e coraggio. Non possiamo più rimandare».