Riapertura della caccia agli elefanti, il presidente del Botswana: se li prendano gli inglesi

Ma un censimento dimostra che i bracconieri stanno già facendo strage di elefanti

[1 Marzo 2019]

Il presidente del Botswana Mokgweetsi Masisi ha risposto alle critiche di alcuni Paesi occidentali. In particolare Gran Bretagna e Stati Uniti, al progetto di togliere il divieto di caccia agli elefanti e di dare il via al loro abbattimento, anche per farne cibo per gli animali domestici.

Intervistato dall’agenzia ufficiale cinese Xinhua durante uno scalo a Francistown, la seconda città del Botswana, mentre aspettava un aereo che lo avrebbe portato nello Zimbabwe per una visita di Stato, Masisi ha detto che «Il Botswana è uno Stato sovrano e non è obbligato a farsi forzare la mano dai Paesi occidentali», Il divieto di caccia agli elefanti era stato emesso nel 2014 dall’ex presidente Seretse Khama Ian Khama e  Masisi lo aveva accusato di averlo imposto senza nessuna consultazione pubblica significativa e che quindi lo Stato dovrebbe rivederlo.

Nell’intervista a Xinhua Masisi ha ironizzato sulla posizione dei Paesi occidentali riguardo agli elefanti: «Darei solo 200 elefanti al Regno Unito e li lascerei errare dappertutto, come loro vogliono che facciano in Botswana». Ma Masisi ha un problema: la protezione degli elefanti deriva da accordi sottoscritti dal Botswana e non può certo cavarsela con battute che dimostrano quanto poco scientifica sia la sua fissazione anti-elefanti.

Inoltre, il Botswana, che ospita la più grande popolazione al mondo di elefanti . circa 130.000 esemplari – è stato a lungo considerato come un rifugio sicuro per questi pachidermi, ma non è più così, sia per l’aggravarsi dei conflitti uomini – elefanti che per il bracconaggio,

E i risultati del censimento condotto tra luglio e ottobre 2018 da Elephants without borders (Ewb) e  Department of wildlife and National Parks del Botswana, dimostrano che il numero degli elefanti illegalmente abbattuti ha superato di gran lunga quello degli anni precedenti. Per questo Ewb, dopo averlo inviato a Masisi senza ottenere risposta, ieri ha deciso di pubblicare il rapporto “2018 D, ry Season Aerial Survey of Elephants and Wildlife in Northern Botswana”  solo dopo di questa decisione  il rapporto è stato pubblicato anche dal governo di Gaborone.

A Elephants without borders  dichiarano: «Siamo fermamente convinti che Botswana e i media locali abbiano diritto alla verità e abbiano il diritto di conoscere lo stato del loro patrimonio faunistico. L’ampio rapporto peer reviewed è lo studio più completo sui numeri degli elefanti mai intrapreso nel nord del Botswana. Abbiamo tolto le posizioni degli elefanti per evitare di aiutare i bracconieri e per proteggere gli elefanti».

Ewb rivela che il governo del Botswana ha invitato una troupe della BBC . che ha ricevuto l’accredito stampa dall’ufficio del Presidente – per girare un’indagine sul bracconaggio degli elefanti.  Il team della BBC  è arrivato in Botswana a gennaio e ha mandato in onda il servizio su BBC News il 25 febbraio. Poi  Masisi  ha detto che praticamente gli inglesi, se ci tenevano tanto, gli elefanti potevano portarseli a Londra.

Tornando al censimento, l’indagine ha scoperto nell’area di rilevamento del nord del Botswana ben 1.677 carcasse di elefanti, con 104 esemplari che sembravano uccisi da poco con colpi di armi da fuoco. Mike Chase, che ha gestito il censimento, ha scritto che «Delle oltre 100 carcasse delle quali ci siamo interessati, è stato confermato che il 90% è stato vittima del bracconaggio». Nell’ultima indagine realizzata nel 2014 nella stessa area non è stata trovata alcuna prova di bracconaggio.

A Ewb fanno notare: «Anche se dal 2014 il numero di elefanti in Botswana è diminuito solo leggermente, da 124.584 a 122.797, questa prova dell’esistenza del bracconaggio nelle aree hotspot è profondamente preoccupante. Il Botswana è la patria di poco meno di un terzo della popolazione di elefanti di savana del continente – circa 415.000 – di gran lunga la più numerosa. Se diventasse un bersaglio sempre più attraente per il bracconaggio, devasterebbe la fiorente industria turistica del paese. Ciò che preoccupa è che il governo – nonostante il coinvolgimento del Department of wildlife and National Parks nel censimento –  – stesse bloccando la pubblicazione del rapporto e stesse mettendo in discussione i suoi risultati. Sostiene che i numeri degli elefanti nel Paese sono troppo elevati».

L’ONG sottolinea che non tutte le carcasse di elefanti fresche o recenti sono attribuibili al bracconaggio, un piccolo numero di esemplari è deceduto per cause naturali. Ma ricorda che «Uno degli obiettivi del rapporto era verificare se il bracconaggio rappresentasse l’improvviso aumento delle carcasse fresche. Il bracconaggio può essere identificato attraverso i danni al cranio e i tentativi dei bracconieri di coprire le carcasse».

Gli autori del rapporto hanno identificato quattro regioni con un alto numero di carcasse “fresche” o “recenti” – quelle di elefanti uccisi nei 12 mesi precedenti l’indagine – e hanno usato un elicottero per controllare 33 carcasse “fresche” sospettate di essere state vittime dei bracconieri, cosa che le analisi hanno confermato per tutte. Il team che ha svolto l’indagine ha anche condotto controlli a terra su 79 carcasse classificate come “vecchie”: è stato verificato che l’81% era stata ucciso dai bracconieri. Gli autori dello studio dicono che «Questi risultati suggeriscono che esiste un significativo problema di bracconaggio degli elefanti nel nord del Botswana, che probabilmente va avanti  da oltre un anno».

In una situazione come questa le politiche nazionaliste anti-elefanti di Masisi potrebbero essere molto pericolose: non  ci vuole molto perché il bracconaggio si radichi profondamente, come successo in Tanzania, dove in 5 anni è scomparso il 50% degli elefanti e dove la sola Selous Game Reserve tra il 1976 e il 2013ha perso circa 100.000 elefanti.

Secondo Elephants without borders , «Il Botswana deve affrontare urgentemente questo problema. Il turismo contribuisce per circa l’1,5% all’economia del Botswana e, dopo che le rendite dei diamanti hanno iniziato a diminuire le sue opzioni per una diversificazione economica sono molto limitate. Senza il turismo faunistico, le prospettive sono desolanti».

Allora, perché questo boom di  bracconaggio in Botswana? Ewb spiega che «Innanzitutto, il Botswana è diventato un rifugio sicuro per gli elefanti, perché storicamente ha gestito le sue popolazioni in modo eccezionale. Gli elefanti sono rifugiati intelligenti e si spostano per evitare il pericolo. Ad esempio, a causa del bracconaggio, nella vicina Zambia sono rimasti solo circa 21.000 elefanti. Anche l’Angola e lo Zimbabwe hanno problemi di bracconaggio. Questo spiega parzialmente perché un numero così grande di elefanti della savana nel continente abbia fatto del Botswana la loro casa. Sfuggono al bracconaggio e alla caccia altrove, ma crescono anche dall’interno, dato che lo stress ridotto aiuta l’allevamento. Ma dove vanno gli elefanti, li seguono i bracconieri».

L’altro problema è che la richiesta di avorio in Asia orientale rimane elevata, anche se sembra calare in Cina. «La forte domanda – spiega ancora Ewb – insieme al crescente mercato per la carne di selvaggina, continua trainare il bracconaggio degli elefanti negli Stati africani. Mentre il divieto cinese sull’avorio è una mossa positiva nella giusta direzione, non è abbastanza. Dal punto di vista della politica, deve essere complementare agli sforzi di riduzione della domanda, non un suo sostituto».

Il terzo problema è proprio il presidente del Botswana Mokgweetsi Masis, entrato in carica nell’aprile 2018. «Ci sono stati cambiamenti nella politica che potrebbero minacciare le popolazioni di elefanti – dicono a Ewb –  Ai ranger della fauna selvatica sono state tolte le armi di livello  militare. Masisi ha anche messo fine alla politica  [anti-bracconieri] non ufficiale “shoot-to-kill” favorita dal suo predecessore, Ian Khama. Questi cambiamenti politici sembrano legittimi, poiché portare le armi nelle battaglie per la conservazione, come le attività anti-bracconaggio, ha i suoi problemi».

Ma quel che preoccupa di più la ONG che difende gli elefanti sono le indicazioni del rapporto da poco presentato da una sottocommissione del governo che chiede la revoca del divieto di caccia agli elefanti del 2014, che vengano introdotti abbattimenti «regolari ma limitati» e che siano costruite recinzioni per ridurre i conflitti umani ed elefanti.

Elephants without borders conclude: «Mentre le comunità locali sono fattori chiave per la conservazione, le soluzioni proposte sono probabilmente controproducenti. Il Botswana dovrà risolvere rapidamente questi problemi spinosi. Un aumento del bracconaggio e un potenziale ritorno alla caccia rischiano di danneggiare la reputazione conservazionistica del Botswana. Questo a sua volta potrebbe tradursi in cali del turismo. Vasti territori naturali da proteggere richiedono sostanziali entrate turistiche. Ma la protezione non significa costruire recinti per tenere fuori animali e persone. Né questo può essere raggiunto attraverso l’abbattimento: il Sud Africa ha già percorso prima questa strada e non può essere giustificata. C’è molto spazio in tutto il continente in cui gli elefanti possono essere trasferiti, a condizione che ci sia preventivamente una protezione sufficiente. Inoltre, in territori come il Delta dell’Okavango o Chobe, i predatori si stanno adattando per abbattere gli elefanti. La natura risponde meglio ai numeri alti quando è lasciata a se stessa. Il successo della conservazione consiste nell’affrontare le cause profonde del conflitto e del bracconaggio e nel produrre maggiori entrate turistiche. E’ qui che il Botswana ha la possibilità di essere leader».