Pensare diversamente per salvare la biodiversità: ecco Planet4B

L’università di Pisa partner del progetto Ue che vuole rivoluzionare i processi decisionali per difendere il pianeta

[13 Febbraio 2023]

L’obiettivo del progetto europeo “Understanding Plural values, intersectionality, Leverage points, Attitudes, Norms, Behaviour and Social Learning in Transformation for Biodiversity decision making” (Planet4B), partito, ufficialmente, nel dicembre 2022 e finanziato con fondi Horizon 2022. è molto ambizioso: «Intervenire sui processi decisionali per salvaguardare la biodiversità».  Assolutamente innovativo il metodo adottato dai ricercatori del progetto: «Sfruttando l’approccio della cosiddetta ricerca-azione, pensato proprio per comprendere le problematiche esistenti in specifici contesti attraverso la condivisione dei saperi del ricercatore e degli attori sociali coinvolti, i ricercatori produrranno, entro il 2025, un quadro applicativo transdisciplinare che permetta di sviluppare una governance efficace ed efficiente per la politica, le imprese e la società civile».

Per farlo, Planet4B parte  dall’analisi delle attuali teorie multidisciplinari sul comportamento, dei metodi e delle buone pratiche applicabili ai comportamenti e ai processi decisionali che impattano sulla biodiversità. Verranno anche tenuti in grande sconsiderazione fattori – spesso trascurati – come il genere, la religione, l’etnia, l’età, la cultura o la disabilità, così da capire come questi influenzino le decisioni individuali e di comunità e la loro sostenibilità ambientale.

Successivamente verranno valutati, sugli 11 casi-studio del progetto, i principali metodi di trasformazione comportamentale, dai giochi esperienziali alle attività creative e deliberative, così da testarne l’effettiva applicabilità ed efficacia.

Si tratta di un progetto al quale l’università di Pisa – unico partner italiano su 16 partecipanti – contribuisce con uno studio sul settore moda, che vede coinvolti il Dipartimento di Scienze Politiche e il gruppo di ricerca Pisa Agricultural Economics – (PAGE) del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, assieme al CISP – Centro Interdisciplinare Scienza per la Pace. L’industria tessile e della moda ha un impatto fortissimo sulla biodiversità lungo tutta la sua catena: produzione, lavorazione, uso e fine vita dei prodotti. «La produzione di materie prime, come cotone, viscosa, lana, gomma o cuoio, ad esempio, è caratterizzata da un uso intensivo di pesticidi e insetticidi e da un grande consumo di acqua – sottolineano all’UniPi – Basti pensare che 1 kg di cotone richiede tra 10.000 e 20.000 litri di acqua per essere prodotto. Mentre la fase di lavorazione è responsabile del 20% dell’inquinamento idrico mondiale e si colloca al quarto posto per produzione di CO2. Non da meno è, poi, l’impatto dei prodotti tessili e della moda al termine della loro vita, con il 73% dei tessuti che finisce bruciato o in discarica, rilasciando inquinanti che influenzando negativamente la biodiversità e il clima. Alla base di questo contributo negativo delle industrie tessili e della moda alla perdita di biodiversità, le nostre decisioni di produttori e consumatori, per modificare le quali è fondamentale avere una comprensione più profonda di come la società civile guardi alla biodiversità – termine spesso abusato e utilizzato in modo improprio – e di quali siano i fattori che influenzano le scelte di ognuno di noi, ad esempio, nell’acquisto di vestiario, borse o accessori.

Daniele Vergamini, ricercatore del gruppo PAGE, conclude: «L’importanza di questo progetto sta nell’approccio con cui il tema della difesa della biodiversità verrà affrontato. Invece di concertarsi sui processi di produzione e sui prodotti, Planet4B vuole intervenire, infatti, sul piano delle decisioni: quelle politiche e aziendali, ma anche quelle che ciascuno di noi prende, ogni giorno, a livello personale. Questo con l’obiettivo di trovare le leve giuste per innescare un cambiamento nell’impostazione mentale della società, sia sul fronte della produzione che dei consumi, che ci permetta di dar vita, concretamente, a quel nuovo paradigma di sviluppo che da anni viene invocato, ma che ancora non è stato realizzato».