ONEforest per salvare i polmoni verdi europei

Un progetto che punta a creare nuovi modelli di gestione delle foreste nell’ambito dell’economia circolare

[12 Aprile 2022]

La Libera Università di Bolzano/Freie Universität Bozen (unibz), che è una dei 19 partner europei del progetto ONEforest (Programma Horizon 2020), evidenzia che «Gestire le foreste in maniera sostenibile è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG). Per farlo, occorre armonizzare prospettive diverse: sia quella ecologica, sia socio-economica, dato che i cambiamenti climatici in atto richiedono un ripensamento di tutte le attività umane». L’obiettivo del progetto Ue ONEforest è quello di creare nuovi modelli di gestione dei 4 tipi di aree boschive europee: mediterranee, continentali, alpine e boreali.

All’unibz ricordano che «Gli ecosistemi forestali coprono il 42% della superficie totale dell’Unione europea. Negli ultimi anni essi sono stati duramente colpiti da condizioni climatiche inaspettate e in rapido cambiamento: siccità di lunga durata, tempeste e precipitazioni più brevi ma più intense, assalto di nuovi parassiti molto aggressivi e incendi boschivi con conseguente cambiamento delle condizioni del suolo e dell’acqua, aumento del deflusso superficiale e del rischio di frane. In Italia, la memoria va subito alla tempesta Vaja che, nel 2018, devastò numerose aree di foresta in Trentino – Alto Adige, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Nel giro di una sola notte diversi milioni di metri cubi di legname vennero abbattuti dalla forza del vento: un danno enorme in termini ecologici, economici e paesaggistici. Risulta evidente che per le sfide che i cambiamenti climatici pongono, la gestione delle foreste, come è stata fatta in passato, deve essere rivista». E ONEforest, un progetto di ricerca interdisciplinare guidato dalla Technische Hochschule Rosenheim, riunisce le competenze di ingegneri, economisti, microbiologi, ecologi e chimici per rispondere in maniera pratica alle problematiche legate alla filiera dell’uso del legno.

Lorenzo Brusetti, responsabile ONEforest per l’unibz, spiega che «L’idea alla base del progetto è la salvaguardia della foresta in quanto catena di valore, un valore che è in primo luogo ambientale, perché serve a fissare la CO2 in eccesso e a mitigare il clima, ma anche economico per tutta la filiera della produzione del legname per i vari usi umani. Non da ultimo, tra i vari servizi sistemici garantiti dai boschi, pensiamo al ruolo svolto dagli alberi per contenere i processi di erosione e dissesto del suolo».

Seguendo le regioni biogeografiche dell’Europa, i ricercatori hanno individuato «Quattro aree in cui analizzare le differenti pratiche necessarie per una gestione selvicolturale efficace che renda le foreste più resistenti ai cambiamenti climatici attraverso nuovi metodi di semina e piantagione e con l’applicazione di una copertura del terreno a base di fibre di legno». Successivamente, «Le operazioni forestali e industriali del legno verranno ripensate e sviluppate sulla base di criteri di sostenibilità sia ambientale, sia socio-economica, grazie anche all’apporto di diversi stakeholder europei (enti pubblici e aziende della trasformazione del legno). Il progetto prevede anche la realizzazione di una piattaforma internet di supporto decisionale multi-criterio che permetta agli stakeholder di confrontare in anticipo gli esiti di diverse tipologie di gestione sostenibile delle foreste».

Tutti i risultati di ONEforest saranno implementati in nuove “Foreste Modello” che diventeranno parte della Rete Internazionale di Foreste Modello per il concetto di gestione forestale regionale adattata.

Unibz, grazie al lavoro scientifico di Brusetti, si occuperà delle analisi microbiologiche in due punti chiave del progetto. Brusetti studierà il possibile miglioramento dell’attività microbica del suolo tramite diverse pratiche di gestione della selvicoltura e spiega ancora: «L’attività microbica nei suoli costituisce una parte ampiamente sottovalutata degli ecosistemi ed è direttamente collegata al ciclo dei nutrienti, alla biodiversità forestale, alla salute delle foreste e allo stoccaggio del carbonio. Useremo la diversità genetica microbica come uno dei parametri della struttura dei popolamenti forestali e la collegheremo alla disponibilità di nutrienti e al potenziale di stoccaggio del carbonio dei diversi popolamenti forestali. Il mio lavoro si concentrerà principalmente sulle foreste alpine in Slovenia. I risultati e le conclusioni saranno però generalizzati, ove possibile, per trasferirli ad altre regioni geografiche».

L’unità di ricerca di Brusetti, che include Silvia Pioli e Atif Aziz Chowdhury, ha anche il compito di valutare, nell’ambito dell’economia circolare, la sostenibilità di biocomposti innovativi derivanti dagli scarti della lavorazione del legno, sviluppati dai partner del progetto, e utilizzati come protettori contro il gelo per le piante in crescita nei vivai forestali. Brusetti  conclude: «Questi biocomposti possono anche favorire la fertilizzazione del suolo, ma per contro anche alterare la diversità e la funzione dei microbi del suolo e noi dobbiamo capire se e come questo accade».